Ilva, saranno giorni difficili
TARANTO – Inizia oggi quella che potrebbe rivelarsi una settimana decisiva nella vicenda dell’Ilva. Almeno si spera. Tra oggi e domani infatti, l’azienda dovrebbe presentare in Procura l’istanza in cui chiederà il dissequestro degli impianti dell’area a caldo, posti sotto sequestro preventivo dallo scorso 26 luglio, dopo aver ottenuto venerdì il via libera del ministero dell’Ambiente, e della commissione di cui fanno parte Comune, Provincia di Taranto e Regione Puglia, al piano di attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale: al dissequestro infatti, l’Ilva ha legato ogni suo prossimo e ipotetico impegno nell’attuare gli investimenti richiesti nell’AIA. Un ricatto inaccettabile, che raffigura in pieno il vero volto del gruppo Riva. E’ impensabile che gli impianti che hanno portato al sequestro perché tramite la loro attività hanno prodotto un reato penale, ritornino nella disponibilità di chi quel reato ha protratto, per decenni, volutamente e consapevolmente, con la complice assistenza di personalità impiegate a tutti i livelli istituzionali, sindacali e varie ed eventuali.
el resto, lo ribadiamo ancora una volta, il sequestro non prevede che non si possa investire ed operare sugli impianti risanandoli o ricostruendoli a seconda delle criticità riscontrare. Semplicemente, devono farlo non producendo: perché in questo modo si reitererebbe il reato per cui gli impianti sono stati sequestrati e per cui devono essere fermati o spenti. E’ un ragionamento talmente semplice e logico che non capiamo davvero il perché si voglia insistere su questo fronte, tentando di generare un conflitto di idee e intenti in realtà inesistente. E certamente, non basterà e non potrà bastare, presentare alla Procura un’istanza all’interno della quale sia presente un piano “dettagliatissimo” dove siano indicati sia gli interventi di ammodernamento e i tempi di esecuzione, sia i fondi disponibili e i contratti di affidamento dei lavori alle imprese prescelte. La produzione deve cessare, gli impianti si devono fermare. E il gruppo Riva possiede le risorse per investire 3, 4, 5 o 10 miliardi di euro. Il problema, in realtà, è sempre lo stesso: non si vuole rinunciare agli utili e ai ricavi, né si vuole correre il rischio di investire e attuare le varie modifiche, per poi rischiare, una volta finiti i lavori, un’altra bocciatura da parte degli organi di controllo e della magistratura.
E’ oramai chiaro a tutti infatti, anche se noi lo scriviamo da mesi, che soltanto un intervento deciso e autoritario del governo potrà salvare l’Ilva da un vicolo cieco senza uscita. Ma un’azione del genere da parte del governo, è molto più semplice a dirsi che a farsi: staremo a vedere. Intanto, l’autorizzazione dei custodi a scaricare 45 mila tonnellate nella giornata di giovedì, era riferito al carico di una sola nave: il che non esclude affatto che l’Ilva possa comunque decidere di fermare la produzione. Ma anche qui, come sottolineato nella lettera di Ferrante ai Pm, il problema è ancora una volta principalmente economico: la possibilità di arrivare a perdere sino a 12 milioni di dollari – costringendo le navi a sostare in rada più del tempo previsto (visto che trasportano quantitativi di minerale ben superiore alle 15mila tonnellate autorizzate allo sbarco) – è visto con il fumo negli occhi dal gruppo Riva.
Intanto oggi, come annunciato nei giorni scorsi ai sindacati metalmeccanici, l’azienda metterà in ferie forzate i lavoratori del reparto Produzione lamiere 2, a cui si aggiungeranno da mercoledì quelli del Tubificio 2. In tutto si tratta di 500 operai impiegati nei due reparti per i quali l’Ilva ha chiesto la cassa integrazione ordinaria per 1940 lavoratori dell’area a freddo a causa della “crisi di mercato e della mancanza di ordini di lavoro”. Ma sul ricorso agli ammortizzatori sociali, non c’è accordo con i sindacati, con l’azienda che non pare intenzionata a fare passi indietro: per questo domani ci sarà un nuovo incontro tra le parti. Intanto i sindacati provano a giocare d’anticipo: oggi Cgil, Cisl e Uil Taranto, insieme a Fim, Fiom e Uilm Taranto, invieranno una lettera alle rispettive organizzazioni nazionali sollecitandole a chiedere l’intervento della presidenza del Consiglio sulla vicenda Ilva.
I sindacati infatti, avendo intuito che il loro ruolo è oramai marginale e insignificante, e temendo il disimpegno totale del gruppo, sono oramai entrati nell’ordine delle idee che solo un’iniziativa della presidenza sulla proprietà, possa fare chiarezza in merito alla volontà o meno di investire sull’Ilva. Mentre l’USB, l’Unione sindacale di base, è pronta a chiamare alla mobilitazione tutta la città, minacciando di fermare l’Ilva prima del 14 dicembre, “perché non é possibile restare inermi davanti a un atteggiamento di questo tipo da parte dell’azienda”, come dichiarato dal portavoce Usb Ilva, Francesco Rizzo. Il momento è catartico, come si può facilmente intuire. E la settimana che va ad iniziare oggi, potrebbe regalarci molto sorprese.
Gianmario Leone (TarantoOggi del 19 novembre 2012)