Amianto, verità e giustizia. Maxi risarcimenti per morti Marina Militare e Arsenale

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TARANTO – E’ stato riconosciuto un altro maxi risarcimento ai familiari di due lavoratori della Marina Militare, “vittime del dovere”, assistite dall’associazione “Contramianto e altri rischi onlus”. I casi in questione riguardano la morte da mesotelioma causata dall’esposizione all’amianto sulle navi militari e nelle officine di un militare e di un operaio dell’Arsenale di Taranto. A moglie e figli spetterà una somma una tantum di 200.000 euro ed una rendita vitalizia per ogni erede di 1.300 euro al mese. Questi primi riconoscimenti fanno ben sperare per il futuro e in una soluzione positiva delle tantissime richieste di vittime del dovere promosse da “Contramianto” e che sono ancora in attesa di risposta. Un iter complesso che a fine luglio, come reso noto dal Ministro della Difesa, riguardava ben 141 domande prodotte dai familiari del personale deceduto per mesotelioma con un esito positivo per 65 casi. Morire a causa dell’amianto respirato a bordo delle navi della marina militare e nelle Officine degli Arsenali o dei Cantieri navali, è un destino che ha riguardato tanti, troppi lavoratori: una escalation di decessi che non sembra arrestarsi.

Secondo dati recentissimi ottenuti da “Contramianto”, l’attività di rimozione dell’amianto sinora svolta sulle navi della Marina Militare, ha permesso di bonificare completamente solo il 20% e, parzialmente, il 44% delle 155 unità navali con presenza di materiali contenenti amianto a bordo, attualmente in servizio con equipaggio fisso, nonché di avviare ulteriori attività di bonifica le quali avvengono, principalmente, nell’ambito delle soste manutentive programmate delle navi. Nel solo periodo 1993-2005 nell’Arsenale Marina Militare di Taranto sono state rimosse da Officine e Navi 600 tonnellate di amianto e i dati evidenziano una casistica significativa di mortalità e morbilità per patologie asbesto-correlate. “Contramianto” ha registrato per il solo Arsenale di Taranto e Marina Militare 50 mesotelioma, 70 tumori polmonari ed extra polmonari, 130 casi tra ispessimenti, placche pleuriche e broncopatie: una vera e propria strage di Stato.

Dati ufficiali e non campati in aria, che si incrociano e trovano conferma nel Registro Nazionale Mesotelioma secondo il quale solo a Taranto sono oltre 150 i casi di mesotelioma in attività di cantieristica navale e Marina Militare. Una situazione che a livello nazionale sembra essere molto più evidente con riscontri che indicano in Marina militare complessivamente 530 casi di patologie asbesto correlate di cui 370 mesotelioma. Quindi resta attuale più che mai la questione legata ai danni alla salute causati dalle fibre cancerogene di amianto, che impone una attenta analisi del fenomeno attraverso una costante sorveglianza sanitaria dei soggetti ex esposti. Per questo “Contramianto”, nell’ambito del proprio programma di Rete di Supporto Sociale, avviato ormai da tre anni, “continuerà nei prossimi mesi la capillare attività di informazione per popolazione e lavoratori con la diffusione dell’opuscolo “No Cancer No Asbestos” una guida per la tutela dei diritti degli esposti all’amianto e ai cancerogeni”.

Una crescita di casi che con il passare del tempo non si arresta ed esprime con sempre maggiore chiarezza e sgomento quanto l’amianto sia stato massicciamente usato nel naviglio militare, con conseguenze drammatiche sulla salute dei lavoratori. L’amianto utilizzato dalla Marina Militare non ha risparmiato nessuno, distribuendo senza differenza alcuna, gli effetti sugli esposti alle fibre cancerogene: infatti, la casistica riguarda indistintamente militari, civili e lavoratori indiretti delle ditte. Un diritto di conoscenza portato avanti nel corso di questi anni da ‘Contramianto e altri rischi onlus’, nella consapevolezza che solo una puntuale ricostruzione delle attività lavorative svolte in Marina Militare e dei luoghi contaminati dall’amianto a bordo di navi e sommergibili e nelle officine degli Arsenali avrebbe finalmente chiarito come le esposizioni alle polveri cancerogene di amianto siano state significative nel corso dei decenni.

E’ infatti quanto mai importante ricordare e non dimenticare che i danni provocati dall’amianto erano ben noti ai vertici della Marina Militare, così come gli effetti cancerogeni: nel 1968 infatti, la Marina Militare commissionò una indagine epidemiologica all’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Bari sugli operai dell’Arsenale di Taranto, dalla quale emersero casi di neoplasie polmonari in molti lavoratori esposti ad amianto, ma non vi fu mai, da parte dei vertici militari del periodo, nessuna informazione ai dipendenti del rischio amianto nelle attività in officina e a bordo delle navi. Ma nessuno si prese la briga di informare gli operai e di sospendere i lavori: tutto proseguì come nulla fosse. “Morire d’amianto per aver lavorato negli Arsenali della Marina Militare e a bordo delle navi senza adeguate tutele per la salute” è stato il destino di molti operai tarantini. Addirittura, già a partire dalla fine degli anni ’40, la pericolosità dell’amianto per la salute dei militari era noto e studiato dalle strutture sanitarie della Marina Militare ed in ambito Nato l’esposizione all’amianto fu oggetto di apposito studio pubblicato dalla US Navy nel 1961 sui rischi lavorativi alla salute legato all’esposizione all’amianto nella Marina Militare.

Gli americani sapevano, l’Italia sapeva, ma questo non impedì che subito dopo la guerra mondiale, per via degli accordi tra i due paesi che tra l’altro condizioneranno in negativo la storia e il futuro di questo paese, nel periodo post-bellico “a trasferire dall’America in Italia un consistente numero di navi e sommergibili imbottite d’amianto. Ma l’uso di amianto sul naviglio militare e per il naviglio militare – come evidenziato più volte da Contramianto – ha riguardato anche tutta la cantieristica navale italiana sino a tempi relativamente recenti: sono 700 le tonnellate di amianto rimosso dalle navi nel solo Arsenale di Taranto. Secondo i dati nazionali che emergono, 731 sono i morti di amianto tra personale civile e militare che la stessa Marina Militare ritiene parziali e sottostimati, di questi 370 sono i casi di mesotelioma in militari della marina su un totale di 530 casi di patologie asbesto-correlate. Una vera e propria strage. Una strage annunciata che continua impietosa. Forse sarebbe ora che anche per le morti e per gli ammalati in Marina Militare dell’Arsenale di Taranto”.

E così, oltre ai malati e ai morti per amianto, ci ritroviamo anche un Mar Piccolo inquinato in gran parte sempre dall’arsenale della Marina Militare, anche se in tanti fanno finta di non saperlo o di non ricordarlo: nonostante tutto ciò, ancora oggi, siamo ancora in attesa di conoscere il destino delle migliaia di mitilicoltori che rischiano di perdere per sempre la loro casa nel I seno, con la città che ancora una volta resta inerme di fronte ad uno scempio ambientale ignobile e inaccettabile (con la Marina che nel frattempo si diverte a giocare a battaglia navale con gli amici della Marina russa, che sabato ha anche annerito il panorama di Taranto sbuffando da una nave datata che va ancora a carbone).

Ed il motivo di tanto silenzio, è sempre lo stesso: come l’Ilva, in tanti, troppi, hanno stretto legami lavorativi e interessi economici con la Marina Militare, che tra l’altro continua a tenere in ostaggio interi palazzi vuoti (a fronte dell’emergenza abitativa della nostra città) e intere aree inutilizzate (vedi l’ospedale vecchio che si rifiuta di riconsegnare alla città se Comune e Provincia non provvederanno a costruirne uno nuovo sul versante Chiapparo). Ma queste cose, chissà perché, non ha il coraggio di dirle nessuno: sarà forse perché la Marina Militare gestisce il meraviglioso Castello Aragonese? Chissà. Un paese senza verità e giustizia, è un paese che non avrà mai un futuro. “Chi non conosce la verità é soltanto uno sciocco; ma chi ,conoscendola, la chiama bugia, é un malfattor ( B. Brecht)”.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 13-11-2012)

 

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