TARANTO – L’annuncio arriva in tarda serata direttamente dal presidente del Cda dell’Ilva, Bruno Ferrante, al termine dell’incontro con il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, avvenuto ieri pomeriggio nella sede del Ministero in Largo Goldoni: “Abbiamo presentato un piano tecnico per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’AIA”. Un incontro che lo stesso Ferrante non ha esitato a definire “utile e proficuo”.

Il piano in questione passerà ora al vaglio dei tecnici del ministero dell’Ambiente, che dovranno verificarne la congruità con le prescrizioni prevista dall’AIA diventata effettiva lo scorso 27 ottobre con la pubblicazione dell’atto amministrativo sulla Gazzetta Ufficiale. Durante l’incontro romano, i vertici dell’Ilva hanno inoltre ribadito al ministro Clini la “volontà di applicare l’AIA”. Grande la soddisfazione del ministro, che si è dichiarato “molto soddisfatto perché il piano è impegnativo per l’azienda, nel senso che non è solo un documento formale tanto per rispettare un obbligo”.

Il documento presentato ieri dall’Ilva, secondo quanto affermato da Clini, “impegna l’azienda ad individuare misure importanti dal punto di vista tecnologico e gestionale” e viene considerato un “grande passo in avanti”. All’arrivo della notizia nella città dei Due Mari, in molti tra politici, sindacalisti ed esponenti della classe dirigente tarantina, hanno tirato un sospiro di sollievo, esprimendo il loro apprezzamento per una svolta definita “epocale” sui profili personali dei vari social network. Ma che si sia di fronte all’ennesimo bluff, diventa certezza dopo aver sentito per intero il discorso di Bruno Ferrante. Che molto serenamente ha tenuto a precisare che nel corso dell’incontro “non si è parlato dei profili finanziari del piano”. Allorché, la domanda sorge spontanea: ma quale piano ha letto il ministro Clini? Perché l’impegno dell’Ilva, ancora una volta, resta soltanto su un foglio di carta in cui sono state riportate soltanto semplici “intenzioni”. Perché la linea adottata dal gruppo Riva, non è di certo cambiata improvvisamente nelle ultime ore.

A confermarlo, lo stesso Ferrante, quando dichiara “aspettiamo i provvedimenti dell’autorità giudiziaria per elaborare un piano industriale in cui saranno previsti i finanziamenti e le ricadute economiche”. Ovviamente, l’Ilva aspetterà che custodi, Procura e GIP (qualora venga chiamato in causa dai Pm come già accaduto nel recente passato) si esprimeranno in merito alle prescrizioni dell’AIA: inutile prevedere quale sarà il responso. Ferrante ha inoltre sottolineato, smentendo del tutto l’entusiasmo del ministro Clini, che “nel corso del vertice con il ministro dell’Ambiente ci si è solamente concentrati sugli aspetti tecnici dell’AIA”.

Dunque, non si capisce il perché Clini dichiari che il passo in avanti “ci farà uscire dall’incertezza rispetto alla possibilità che l’azienda, in qualche modo, si fermasse o riconsiderasse l’impegno a effettuare gli investimenti nell’area di Taranto”. Ma in base a cosa il ministro Clini dichiara ciò, non è dato sapere, visto che poco dopo si smentisce clamorosamente dichiarando di non aver chiesto al presidente del Cda dell’Ilva “la dimensione degli investimenti” che saranno necessari per realizzare il piano perché “a noi interessano gli interventi, il costo riguarda l’impresa e non il ministero”.

Il che è la dimostrazione pratica di ciò che abbiamo da sempre denunciato: l’AIA rilasciata all’Ilva, basandosi sull’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, lascia all’azienda libertà di scelta sulla tecnica e sull’eventuale costo. Ecco perché sarebbe stato utile, tra le tante altre cose, quanto meno riscrivere un’AIA ponendo come base imprescindibile, l’obbligo di utilizzare le migliori tecnologie in assoluto. Ciò detto, l’incontro romano perde di totale credibilità una volta che Ferrante ribadisce ancora una volta come l’Ilva presenterà istanza di dissequestro degli impianti del siderurgico, perché “solo avendo la piena disponibilità degli impianti potremo dare attuazione alle disposizioni del governo”.

Argomento sul quale il ministro Clini si è così espresso: “l’autorizzazione integrata ambientale è l’unico documento legale che autorizza l’impresa all’esercizio degli impianti industriali”. Riprendendo quanto dichiarato in mattinata: “le disposizioni dell’AIA sono vincolanti per l’impresa e immediatamente efficaci. Dunque siamo in presenza di un documento che attua la legge in vigore in Italia che va rispettata”. Poi, l’affondo: “Chi dovesse impedire l’attuazione della legge, se ne assumerà tutta la responsabilità”. Ma in questo caso, il ministro dimostra di avere le idee confuse.

Visto che, sino a prova contraria, chi è indagato per un reato penale è l’Ilva. E chi sta autorizzando un’azienda indagata per il reato di “disastro ambientale doloso” con l’intera area a caldo sotto sequestro preventivo ed i suoi proprietari agli arresti domiciliari, è il ministero da lui presieduto.Difatti, subito dopo, il ministro “abbassa” i toni:“Io credo che in base alla legge, una volta approvato il piano di interventi deve essere realizzato”. Toni che nella mattinata si erano spinti molto al di là del lecito, con l’ipotesi avanzata dallo stesso Clini, di un ricorso contro la procura di Taranto in caso di mancata applicazione dell’AIA per l’Ilva: “a mio giudizio si opera contro la legge e siccome la legge va rispettata ci muoveremo di conseguenza”. Sarà. Intanto però, c’è poco di cui dubitare. Probabilmente, come sosteniamo dal mese di agosto, il caso Ilva finirà alla Corte Costituzionale.

Anche nel caso in cui il governo dovesse tramutare in decreto l’AIA, per farla diventare una legge ad hoc per consentire all’Ilva di continuare la sua attività produttiva. Che a breve subirà un ulteriore ridimensionamento dopo gli ultimi provvedimenti dei custodi giudiziari. Dunque, il quadro è oramai chiaro: da un lato ci sono l’Ilva e il governo che mirano allo scontro frontale con la magistratura, qualora la Procura di Taranto dovesse continuare la sua azione. Dall’altro, ci sono i Pm di Taranto, il GIP Patrizia Todisco e i custodi giudiziari che porteranno avanti l’inchiesta, anche quella su “Ambiente venduto” che pare oramai pronta ad esplodere in tutto il suo fragore, continuando a ridurre i fenomeni emissivi del siderurgico, che procurano fenomeni di malattia e morte da decenni nella popolazione tarantina.

Il tempo delle chiacchiere, è quindi finito. Adesso questa città deve decidere da che parte stare. Non c’è più spazio per i compromessi, le trattative, i buoni propositi, l’eco-compatibilità, l’acciaio pulito e menate del genere. O si sta dalla parte della Procura, o dalla parte dell’Ilva. Il futuro di Taranto passa da questa scelta. E dovrà farla ognuno di noi. Senza se e senza ma. Saranno tante le maschere pronte a cadere. Buon week end.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 10-11-2012)

 

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