Clini-Ilva, incontro romano – Il ministro: «La Procura applichi Aia o faremo ricorso»
TARANTO – All’indomani dell’ultimo provvedimento dei custodi giudiziari, quest’oggi a Roma il ministro dell’Ambiente Corrado Clini riceverà i vertici dell’Ilva, dopo che l’azienda, in una lettera inviata al ministero martedì, si è dichiarata impossibilitata all’applicazione dell’AIA a causa della mancanza di “disponibilità giuridica e materiale degli impianti”. Fattore che per il Gruppo Riva non consentirebbe alcun intervento manutentivo e modificativo, visto che i “poteri e le responsabilità degli impianti” appartengono ai custodi giudiziari. Una posizione ovviamente di comodo da parte del Gruppo Riva, che ha infatti ribadito come si potrà avviare “l’applicazione delle prescrizioni dell’autorizzazione ambientale, soltanto dopo aver ottenuto la piena e completa disponibilità dei beni”: ovvero attraverso il dissequestro degli impianti. Richiesta che il presidente del Cda, Bruno Ferrante, formalizzerà alla magistratura nei prossimi giorni attraverso una nuova istanza: che sarà rispedita al mittente come le precedenti. Sempre nella lettera inviata martedì l’Ilva, con fare più che beffardo, ricorda al ministro che le disposizioni impartite dalla Procura della Repubblica impongono ai custodi come unica misura necessaria alla eliminazione delle emissioni inquinanti, “lo spegnimento di diverse parti degli impianti in sequestro (cokerie, altiforni e acciaierie).
Questa disposizione, che è in via di attuazione, risulta incompatibile e in evidente contrasto con le attività disposte dall’autorizzazione integrata ambientale, e prescinde da qualsiasi volontà o decisione dell’azienda”. Assumendo una posizione quasi di distacco rispetto a quanto sta accadendo, che di solito spetta a chi sa di avere il coltello dalla parte del manico. Ma il buon Clini, che ha commesso il grave errore politico di sottovalutare da un lato l’azione della magistratura e dall’altro di pensare di trovare disponibilità da parte di un gruppo industriale da sempre chiuso nel suo isolazionismo industriale, prova lo stesso a mantenere la calma, ed alla vigilia del vertice dichiara: “Voglio verificare insieme con loro (l’Ilva, ndr) il percorso che intendono seguire per rispettare quello che abbiamo prescritto con l’Autorizzazione integrata ambientale”. Percorso che l’Ilva non ha intenzione alcuna di seguire, a prescindere da quello che accadrà nei prossimi due mesi. Avviare l’applicazione delle prescrizioni dell’autorizzazione ambientale soltanto dopo aver ottenuto la piena e completa disponibilità dei beni, è infatti una posizione che non lascia adito a dubbio alcuno: del resto, il gruppo Riva da sempre è abituato ad “operare” in totale autonomia, senza disturbo alcuno dall’esterno, avendo come unico obiettivo il perseguire quella logica del profitto che la magistratura ha messo a nudo con il sequestro di fine luglio e che in tanti hanno ignorato per anni, consapevolmente e colpevolmente.
Clini, invece, sperava e spera ancora che l’Ilva inizi da subito ad applicare le prescrizioni AIA, perché convinto che esse siano l’unico viatico per abbattere le emissioni nocive da un lato e per dare il via al risanamento ambientale della fabbrica dall’altro: il modo migliore per trovare un punto di convergenza con l’azione della magistratura. Il ministro, dunque, continua a fare orecchie da mercante, fingendo di dimenticare che la Procura persegue un reato penale ed i custodi operano seguendo le direttive del sequestro preventivo degli impianti ordinato dal GIP Todisco e confermato dal tribunale del Riesame. Che non prevedendo alcuna facoltà d’uso per l’attività produttiva oltre che lo spegnimento di alcuni impianti dell’area a caldo, nulla hanno a che vedere con le prescrizioni individuate nell’AIA dalla commissione IPPC. E firmate da tutte le istituzioni locali, oltre che sposate dai sindacati confederali. Non è un caso dunque, se l’ultimo provvedimento dei custodi prevede la drastica riduzione delle tonnellate di materie prime da scaricare e l’utilizzo alternato dei convertitori dell’acciaieria 1. Esempio lampante di ciò che scrivemmo sin dai primi giorni di agosto: ovvero che Procura e ministero procedono su due binari paralleli destinati a non incontrarsi in nessun caso. Evidentemente però, anche Clini deve aver intuito che la situazione gli sta sfuggendo di mano, visto che l’ultima dichiarazione rilasciata prima del vertice, suona come un messaggio d’avvertimento per azienda e magistratura: “Se l’Ilva si illude di poter continuare a produrre senza aggiornare le tecnologie, si sbaglia; ma se altri si illudono di poter vietare all’Ilva di investire nelle tecnologie innovative, si sbagliano pure”. Quindi che si fa?
Gianmario Leone (Tarantoggi, 9 novembre 2012)
IL PRESSING DEL MINISTRO SULLA PROCURA – Il Ministero dell’Ambiente non esclude un ricorso contro la Procura di Taranto in caso di mancata applicazione dell’Aia per l’Ilva. Lo ha annunciato oggi il ministro Corrado Clini parlando con i giornalisti a Firenze. ”L’Ilva – ha detto – deve attuare le prescrizioni che abbiamo dato con l’Autorizzazione integrata ambientale. Questa e’ la strada maestra per la continuazione produttiva dell’Ilva e nello stesso tempo per la protezione dell’ambiente”. Clini ha dichiarato che ”c’e’ una situazione complicata perche’ l’iniziativa della Procura della Repubblica rischia di essere in parte conflittuale con l’Aia, questo conflitto deve essere superato anche perche’ l’obiettivo che noi abbiamo e’ la tutela dell’ambiente e la salvaguardia dell’occupazione. Mi auguro che, seguendo la strada maestra prevista dalla legge, che e’ quella di applicare l’Aia, si superi anche questo rischio di conflitto con la magistratura”. In caso contrario, hanno chiesto i giornalisti, il Ministero potrebbe anche fare ricorso? ”Se viene assunta l’iniziativa di non applicare l’Aia, a mio giudizio si opera contro la legge e siccome la legge va rispettata ci muoveremo di conseguenza”, ha risposto Clini.