«La mia pratica è ancora sul tavolo del dirigente comunale alle Attività Produttive Michele Matichecchia – è lo sfogo di Luciano Carriero, presidente della cooperativa Cielo Azzurro – eppure ho presentato le istanze richieste per ottenere la concessione ed effettuato tutti i versamenti, compreso il canone del 2012. Cos’altro devo attendere?». L’attività di Carriero e di decine di suoi colleghi è ferma dal 22 luglio 2011, quando è stata emessa l’ordinanza della Asl che vietava il prelievo e la vendita dei molluschi adulti coltivati nel primo seno. Avendo i propri allevamenti solo in quella porzione di mare, risulta tra gli operatori più danneggiati.
«I mitilicoltori che hanno le aree anche nel secondo seno possono continuare a lavorare – sottolinea Carriero – per me ed altri colleghi, invece, la situazione è disperata: il nostro futuro dipende dal trasferimento in mar Grande. Ho già ordinato tutte le attrezzature e il materiale necessario per i nuovi impianti versando 30mila euro di acconto. L’investimento totale potrebbe arrivare a 80mila euro, ma come faccio a sostenere questi costi se non mi vengono date certezze?».
A destare preoccupazione è soprattutto l’atteggiamento dell’Amministrazione comunale. «Quest’anno la produzione è andata persa perché il Comune e il Centro Ittico non ci hanno fatto trasferire in tempo nelle nuove aree – attacca Carriero – io avevo già diffidato i due enti nel mese di gennaio, ma sono rimasto inascoltato. Ora spero che il sindaco si dia da fare per evitare un altro dramma». Com’è noto, la seconda condanna a morte per le cozze del primo seno è arrivata ai primi di giugno, quando l’Asl ha ufficializzato l’esito delle analisi condotte tra il 21 e il 23 maggio: i valori relativi a pcb e diossine si erano attestati su una media di 7,4 picogrammi al grammo superando il limite di legge di 6,5. Una tegola devastante per l’intero settore mitilicolo che ha dovuto fare i conti con l’ennesimo danno all’immagine della cozza tarantina.
Carriero è stato tra i pochi operatori che hanno potuto beneficiare dei finanziamenti previsti dal Fep Puglia (Fondo Europeo per la Pesca). «Abbiamo avuto solo briciole rispetto al danno subìto – è il suo commento – inoltre le cooperative che si sono costituite di recente sono rimaste completamente escluse. Il Comune ha promesso dei contributi alle famiglie dei lavoratori rimasti inoccupati ma si tratta di briciole. Anche le associazione di categoria, compresa l’Ascom, hanno fatto ben poco per farci uscire dal tunnel. A questo punto non ci resta che confidare nell’azione della Magistratura. Gli inquinatori non possono passarla liscia, devono risarcirci fino all’ultimo centesimo».
Anche i mitilicoltori intendono seguire la strada percorsa dall’allevatore Vincenzo Fornaro, i cui capi di bestiame sono stati abbattuti perché contaminati da diossina. «Sappiamo che la Procura sta indagando anche sull’inquinamento del primo seno di mar Piccolo e ha chiesto ad Arpa Puglia di accertare il profilo delle diossine e del pcb contenuti nelle cozze – prosegue Carriero – nel caso delle pecore, secondo i periti incaricati dal gip Todisco, la fonte contaminante è l’impianto di agglomerazione dell’Ilva. Siamo pronti a rivolgerci ad un esperto come il professor Stefano Raccanelli, direttore del Laboratorio Microinquinanti Inca di Venezia, per fare luce su questa vicenda e presentare una nostra perizia. Ciò che vogliamo è soltanto giustizia».
Alessandra Congedo
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