In pratica, più o meno quanto avvenne nelle giornate del 7-8 agosto, dove furono registrati picchi anomali di benzene e di acido solfidrico nell’aria. Anche se in quel caso il fenomeno fu attribuito a quando accadde all’interno della raffineria, dove si registrò la presenza di uno sversamento di idrocarburi all’interno del bacino di un serbatoio, che aveva interessato anche il terreno ed a cui corrispondeva un forte odore di idrocarburi nel luogo e nelle vicinanze.
Ricordiamo che l’odore nauseabondo del 3 e 6 ottobre fu avvertito in diversi quartieri della città, soprattutto nelle prime ore del mattino. Da un’analisi della situazione meteo climatica, è stato rilevato che durante l’intera settimana si è avuto una situazione di alta pressione, con la circolazione dei venti che ha registrato venti deboli o moderati che nei giorni interessati dalle segnalazioni, 3-6 ottobre, hanno visto una provenienza dai settori di Ovest e di Nord-Ovest nelle prime ore del mattino.
Questa situazione climatica, da sempre, favorisce lo spostamento di masse d’aria provenienti dalla zona industriale verso la città, proprio nelle prime ore del mattino, “durante le quali l’instaurarsi di venti moderati sposta masse d’aria che durante la notte sono stanziali, data la stabilità dell’atmosfera durante le ore notturne”: fenomeno che poi si affievolisce con il passare delle ore ed il rimescolamento dell’aria. Per fortuna, almeno in questo caso, l’analisi dei dati delle centraline di qualità dell’aria, con particolare riferimento ai parametri previsti dalla legge vigente, nella prima settimana di ottobre 2012 ha registrato una situazione generale da “buona a discreta”, con assenza di superamenti dei limiti.
“I valori registrati di PM10 e PM2.5 sono risultati al di sotto dei limiti e al di sotto della media – si legge nella relazione dell’ARPA – inoltre non si sono registrati valori anomali né superamenti per i parametri gassosi (SO2, NO2, CO, O3, benzene)”. Tutti i dati sono visibili sul sito di ARPA Puglia, da cui è anche possibile visualizzare l’ubicazione di tutte le centraline su Taranto e provincia. I valori di PM10 registrati in zona Tamburi (via Machiavelli), in zona Italia (Via Alto Adige) e in Talsano (presso scuola U. Foscolo), confrontati con il valore limite di 50 microgrammi/m3, hanno dato esito negativo.
Ma non bisogna dimenticare come proprio la centralina di via Machiavelli, a fine agosto, abbia fatto registrare il 36esimo giorno di sforamento dei valori, quando la legge in vigore ne prevede un massimo di 35 (siamo al quarto anno di fila di superamento dei limiti di legge). Per quanto riguarda i dati di benzo(a)pirene invece, sarà necessario attendere i risultati mensili delle analisi di laboratorio una volta che saranno raccolti i filtri per il mese di ottobre (così come previsto dal normale protocollo di campionamento per tale inquinante).
Tornando al problema degli odori sgradevoli avvertiti in quei giorni di ottobre, l’ARPA sottolinea che sulla rete di qualità dell’aria disegnata per rilevare i macroinquinanti previsti per legge, sono presenti alcuni strumenti per il rilievo dell’H2S (idrogeno solforato) e dei idrocarburi non metanici che possono essere utilizzati come traccianti di fenomeni odorigeni.
In particolare per l’H2S, composto delle zolfo molto odoroso anche a basse concentrazioni, pur non esistendo limiti di legge per la concentrazione in aria ambiente e quindi la possibilità di determinare dei superamenti giuridici, si possono comunque trarre delle informazioni e fare dei confronti utilizzando come valore di riferimento la soglia olfattiva per questo composto, pari a 7 microgrammi/m3. L’analizzatore di H2S è presente presso una centralina nel quartiere Tamburi (via Archimede) e nel laboratorio mobile installato presso l’Ospedale Testa, quindi molto vicino alla zona industriale, a pochi metri dai serbatoi della raffineria (e pensare che quei fenomeni della Regione hanno deciso di far nascere il centro “Ambiente e Salute” proprio all’interno dell’ex ospedale).
Nelle giornate interessate si sono registrati alcuni valori superiori alla soglia olfattiva nel sito Testa, ma non nel sito di Tamburi. L’analizzatore di idrocarburi non metanici è invece installato presso la centralina di via Machiavelli a Tamburi. Nei giorni interessati, si sono registrati picchi di questi composti, proprio in corrispondenza delle prime ore del mattino; i picchi maggiori si sono registrati nei giorni 5 e 6 in corrispondenza di venti molto deboli e tendenti alla calma con direzione prevalente dai quadranti di Nord-Ovest e di Nord. “Da quanto esposto – conclude l’ARPA – si può concludere che gli episodi di impatto odorigeno rilevati sono da attribuire, vista la situazione meteorologica nel periodo in oggetto, alla diffusione e il trasporto di masse d’aria contenenti idrocarburi e H2S dalla zona industriale di Taranto verso le aree urbanizzate che non ha comportato, comunque, superamenti dei limiti per i parametri previsti dalla legge”.
Dunque, tutto tranquillo? Non proprio. Perché se è vero che in quei giorni non sono stati superati i limiti di alcuni inquinanti, è altrettanto inconfutabile come la popolazione di Taranto venga continuamente esposta ad eventi di questo genere, che sono diventati una triste quanto drammatica consuetudine. Qualcuno infatti dovrebbe spiegarci per quale motivo i cittadini di Taranto devono subire anche danni di questo tipo. Senza dimenticare che stiamo parlando di un’azienda, l’Eni, ancora priva del Piano di emergenza esterno, e che negli ultimi anni è stata protagonista di diversi incidenti, alcuni dei quali hanno anche coinvolto operai con infortuni più o meno seri. Un’azienda che si comporta come se vivesse e operasse in pieno deserto, pur essendo al 30% ancora di proprietà dello Stato.
Ciò detto, appare ancora più grave il totale silenzio delle istituzioni e dei sindacati quando si verificano eventi come quelli avvenuti nelle mattinate di ottobre. Inoltre, non si capisce perché non si informano i cittadini sui reali rischi a cui vanno incontro quando si verificano episodi del genere. Del resto, chi sa cos’è realmente e cosa comporta l’essere esposti all’H2S? Ve lo diciamo noi, perché è giusto che la popolazione sappia e venga informata. Per farlo, ci siamo andati a documentare. L’acido solfidrico (o idrogeno solforato, nome IUPAC solfuro di idrogeno) è un idracido debole, diprotico, gas incolore a temperatura ambiente, contraddistinto dal caratteristico odore di uova marce. L’acido solfidrico è estremamente velenoso. Una prolungata esposizione può essere mortale.
In natura l’acido solfidrico si forma per decomposizione delle proteine contenenti zolfo da parte dei batteri, si trova pertanto nei gas di palude, nel petrolio greggio e nel gas naturale. E’ anche il sottoprodotto di alcune attività industriali quali l’industria alimentare, la depurazione delle acque tramite fanghi, laproduzione di coke, la concia dei pellami e la raffinazione del petrolio. E’ considerato un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi sistemi del corpo. Ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell’arco di pochi minuti. Agisce come l’acido cianidrico inibendo la respirazione mitocondriale.
Un’esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi e alla gola, tosse, accelerazione del respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare affaticamento, perdita dell’appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione. E come scritto anche nella relazione dell’ARPA, il dato che maggiormente preoccupa, è che non esistono limiti di legge per la concentrazione in aria ambiente. Il che è tutto dire. Ma in effetti, un modo per poterci “consolare”, c’é: proprio ieri l’Eni ha tagliato ancora il prezzo dei carburanti: -2 centesimi su benzina ( a 1,8 €/lt) e diesel (a 1,75 €/lt). Buona corsa ai distributori.
Gianmario Leone (TarantoOggi del 6 novembre 2012)
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