A margine dell’incontro presso il Castello Svevo di Bari per la presentazione della Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico dei rifiuti, il Presidente della Regione Puglia ha dichiarato:
“Noi abbiamo fornito i macchinari all’Arpa e all’Asl per fare per la prima volta quei monitoraggi che hanno consentito anche di portare in un dibattimento penale le evidenze epidemiologiche che oggi rappresentano la catena dei reati che i giudici vogliono bloccare”. Non ci risulta che il Presidente della Regione Puglia abbia mai portato in Procura
evidenze epidemiologiche su Taranto. Non ci risulta che abbia presentato alcun esposto alla Procura della Repubblica per portare l’Ilva in un dibattimento penale.
Le evidenze epidemiologiche di cui parla Vendola sono state invece prodotte dai periti della Procura della Repubblica. Sono i periti della Procura che hanno colmato i gravi vuoti di conoscenza lasciati dalla Regione in campo epidemiologico. Solo grazie ai periti della Procura oggi sappiamo che sono trenta i decessi annui attribuibili alle emissioni industriali. Prima della perizia della Procura si navigava nel buio in quanto nessuno conosceva quanti morti provocava l’inquinamento in città.
E’ stato quindi ordinato non da Vendola ma dalla Procura quel lavoro di indagine epidemiologica che – va detto chiaramente – la Regione non aveva condotto in quelle forme stringenti e mirate, nonostante le pressanti richieste e nonostante fosse oggettivamente necessario.
La Regione ha dialogato con Ilva e non ha portato carte in Procura per processarla. La popolazione di Taranto viene oggi a conoscenza di gravissime situazioni sanitarie che Vendola non ci risulta abbia portato all’attenzione della Procura ed è pertanto profondamente ingiusto che oggi Vendola rivendichi il merito di una cosa che non ha fatto. Vorremmo ristabilire la verità su come è nata l’inchiesta della Procura di Taranto. L’indagine della Procura nasce dopo un esposto di PeaceLink del febbraio 2008 in cui venivano evidenziate concentrazioni altissime di diossine e PCB in un pezzo di pecorino di Taranto.
Tale analisi è stata commissionata da PeaceLink dopo che le analisi della Regione sugli alimenti di Taranto avevano fornito risultati rassicuranti. Dopo l’esposto di PeaceLink è scaturita una vasta campagna di controllo delle masserie che ha confermato l’esistenza di una contaminazione della catena alimentare da diossina. Dopo questa fase di controllo delle masserie, la Procura ha formulato ipotesi di reato contro ignoti. Poi la direzione presa dalle indagini ha puntato direttamente sull’Ilva. In tutto questo Vendola non ha meriti da rivendicare. Vendola ha sempre cercato di “risolvere” il problema Ilva senza denunciare l’azienda ma firmando atti di intesa e anche un’autorizzazione AIA i cui risultati sono all’attenzione della Procura.
Nel maggio del 2011 sul periodico “Il Ponte” Nichi Vendola rilasciava dichiarazioni di questo tipo: “Chiesi ad Emilio Riva, nel mio primo incontro con lui, se fosse credente, perché al centro della nostra conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita. Credo che dalla durezza di quei primi incontri sia nata la stima reciproca che c’è oggi“. E’ davvero arduo credere che – in epoca di “stima reciproca” – sia nata proprio da Vendola un’iniziativa che ha portato agli arresti domiciliari proprio Emilio Riva, oggi indagato per disastro ambientale. Va poi detto che i macchinari che sono stati acquistati per l’analisi della diossina (novembre 2007) erano stati chiesti nel 2006 dalle associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf, PeaceLink, ecc.) dopo che nell’aprile del 2005 PeaceLink aveva denunciato – per la prima volta nell’incredulità generale – che l’8,8% della diossina industriale europea fuoriusciva proprio a Taranto. E anche la legge regionale sulla diossina è stata promulgata in ritardo, dopo una imponente manifestazione di 20 mila persone per l’ambiente e la salute a Taranto (novembre 2008).
In precedenza Vendola non aveva manifestato alcuna disponibilità a varare un provvedimento del genere, nonostante le sollecitazione di PeaceLink e Legambiente che avevano segnalato l’esigenza di adottare la normativa regionale del Friuli Venezia Giulia sulla diossina. A distanza di oltre tre anni e mezzo da quella legge, ottenuta con la mobilitazione della gente, la Regione Puglia non applica ancora un punto qualificante e indispensabile: il campionamento in continuo della diossina, ossia il controllo 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, con un un’apposita strumentazione. E’ un controllo previsto dall’articolo 3 della legge regionale sulla diossina. Così sono andati i fatti.
Nichi Vendola – invece di rivendicare meriti immaginari circa le indagini in corso – dovrebbe chiarire le ragioni per cui varie cose che potevano essere fatte sono rimaste sulla carta. Eppure a chiederle c’era una città che soffriva.
Comunicato stampa di Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink