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Riva e i soldi che non spenderà – Intervista a Gianni Dragoni, giornalista de “Il Sole 24 Ore”

TARANTO – «Emilio Riva? Un imprenditore riservato, ma sicuramente non uno sprovveduto». Gianni Dragoni, inviato de “Il Sole 24 Ore” e autore dell’e-book “Ilva. Il padrone delle ferriere”, definisce così il patron del colosso siderurgico. Attenzione, però, all’interpretazione da dare al termine “sprovveduto”.  «Intendo dire che è sempre stato molto abile nel tutelare i propri interessi – spiega Dragoni – lo ha dimostrato anche quando si è inserito nella cordata che ha salvato Alitalia. E’ stato l’imprenditore che ha messo più soldi (120 milioni di euro), anche di più di Banca Intesa. Il tutto con un obiettivo ben preciso: ricevere dal governo Berlusconi l’Autorizzazione integrata ambientale per continuare a produrre in un periodo problematico».

Dal suo e-book emerge la capacità dei Riva di tessere rapporti con alcuni uomini-chiave, a cominciare dall’attuale ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera.

«Sì, ai tempi della cordata per Alitalia, Corrado Passera (allora amministratore delegato di Banca Intesa) volle il coinvolgimento di Riva, il quale – per la prima volta – si impegnava in un investimento al di fuori della siderurgia, con la finalità di ottenere il vantaggio citato prima. Riva, tra l’altro, ha partecipato anche a cene pre-elettorali con Silvio Berlusconi, leader del Pdl, e un gruppo ristretto di imprenditori. Anche se è sempre apparsa una persona riservata, distante dalla mondanità, non è mai stato fuori dai giri che contano».

In merito ai suoi rapporti col mondo politico, possiamo dire che Riva è stato “trasversale”.

«Sicuramente lo è stato nei finanziamenti, anche se le somme dichiarate appaiono piuttosto esigue rispetto alle sue capacità economiche. A Pierluigi Bersani, attuale segretario del Pd, ha dato 98 mila euro. In base a quanto trapela dalle inchieste della magistratura ionica, però, Riva si sarebbe mosso anche a livello locale e in più direzioni.  Basta citare il denaro che sarebbe stato destinato ad un perito della Procura e le intercettazioni sulla stampa da pagare».

Un’altra figura chiave è quella del ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Che idea si è fatto di lui?

«Clini è sempre stato nell’ombra. Bisogna ricordare, però, che ha un passato da socialista. Non è personaggio asettico, venuto da Marte. In merito alla vicenda Ilva, da fine luglio in poi, quando c’è stato il sequestro dell’area  caldo, si è sbilanciato in maniera esagerata per essere uno che dovrebbe difendere l’interesse generale. L’ambiente non sembra la sua prima preoccupazione. Senza dimenticare il contenuto di una intercettazione, ovviamente da verificare, nella quale un dirigente dell’Ilva parla di un Corrado “uomo nostro”. Sta di fatto che nelle sue dichiarazioni Clini ha sempre dimostrato di essere a favore dell’Ilva facendo intendere che l’azione della magistratura è mirata alla chiusura dello stabilimento. In realtà, la magistratura vuole che si facciano investimenti mirati a rendere gli impianti pienamente compatibili con le norme sulla tutela dell’ambiente e della salute».

Ora che l’Aia è stata riesaminata, come si evolverà questa storia?

«Credo che lo stabilimento continuerà a produrre. Ha il Governo dalla sua parte. Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, in questi giorni ha denunciato la presenza nel Ddl Semplificazioni di una norma “salva Ilva” che garantirebbe il mantenimento della produzione».

Secondo lei Riva ha la volontà di investire ancora su Taranto? O sta cercando solo un pretesto per mollare tutto e produrre dove gli risulta più conveniente?

«Dubito che Riva voglia sostenere gli elevati costi necessari per risanare lo stabilimento, pur avendone la possibilità. Stiamo parlando di miliardi di euro, non dei 400 milioni finora messi sul piatto dall’azienda. Io penso che se non avrà aiuti dallo Stato se ne andrà. Ciò non significa automaticamente che lo stabilimento chiuderà. Potrebbe passare di mano, anche allo stesso Stato e Riva potrebbe, ancora una volta, trarne vantaggio. A Genova, in seguito alla chiusura dell’area a caldo, grazie all’Accordo di Programma firmato con le istituzioni ha ottenuto un prolungamento di quarant’anni per l’utilizzo di un’area portuale al centro della città. Lui non paga nulla ma chiede soldi alle aziende che necessitano di quella banchina. Si tratta di cifre elevatissime che spingono diverse aziende a migrare in altri porti. Pare che trattare con lui sia come partecipare ad una battaglia sanguinaria».

In esclusiva per InchiostroVerde

Alessandra Congedo

Per acquistare l’e-book: http://www.chiarelettere.it/libro/original/ilva.php

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