Aia Ilva, a Roma la delegazione di Altamarea. Ecco la nota presentata

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TARANTO La delegazione di Altamarea per la Conferenza dei Servizi  in programma  a Roma, relativa al riesame dell’Aia all’Ilva, è composta da Simona Carone, Biagio De Marzo, Giancarlo Girardi e Michele Lazzaro. Riportiamo la nota messa a punto dal gruppo ambientalista che viene presentata oggi nella sede del ministero dell’Ambiente.

L’Autorizzazione Integrata Ambientale di Ilva Taranto è rilasciata il 4 agosto 2011 tra gli applausi generali. Altamarea, invece, la giudica erronea, ingannevole, inidonea e del tutto inadeguata per ridurre l’inquinamento di origine industriale con i suoi effetti disastrosi sull’ambiente e sulla salute dei cittadini e degli stessi lavoratori. Nei circa quattro anni del procedimento ha funzionato solo la “cintura di protezione” di Ilva e del gruppo Riva, eretta al massimo livello politico ministeriale.
A febbraio-marzo 2012 le perizie disposte dal Tribunale di Taranto nell’incidente probatorio per disastro ambientale, fanno esplodere il “caso Ilva di Taranto” a livello nazionale.

Il Procuratore della Repubblica di Taranto con lettera del 2 febbraio 2012 allerta il Ministero e tutti gli organismi di vigilanza e controllo coinvolti nella vicenda Ilva. Nell’audizione in Commissione bicamerale di indagine sul ciclo dei rifiuti presieduta dal sen. Gaetano Pecorella, l’argomentata relazione del Procuratore di Taranto suscita parecchia preoccupazione e tanti interrogativi. In Parlamento viene chiesto al Ministro Clini di verificare criteri e circostanze del rilascio dell’AIA ad uno stabilimento subito dopo trovato nelle pessime condizioni descritte nelle perizie. Sui media circolano notizie sull’indagine giudiziaria “Ambiente svenduto” con 1000 pagine di intercettazioni telefoniche che coinvolgono proprietari, dirigenti, avvocati e consulenti Ilva, membri del Ministero, della Commissione IPPC, della Regione Puglia e di ARPA Puglia, politici ed altri.

Parte una corsa a chiedere, con varie motivazioni, di “riconsiderare” l’AIA di Ilva Taranto. Con la lettera aperta del 13 marzo 2012 indirizzata al Ministro Clini e al Procuratore della Repubblica di Taranto, Altamarea, invece, chiede di ritirare l’AIA “per autotutela”, di mettere in qualche modo in mora l’Ilva e di avviare un’indagine interna a Minambiente sull’intera vicenda.
Il decreto del 15 marzo 2012 avvia formalmente il “riesame dell’AIA”, sul quale Nicola Riva, presidente di Ilva SpA, dichiara: “Ridicolo rivedere l’Aia”.

Il Ministro dell’ambiente sostituisce alcuni componenti della Commissione IPPC; nomina un nuovo gruppo di “esperti”; promuove la nuova composizione del “Comitato di coordinamento” e del “Gruppo istruttore” nell’ambito della Commissione IPPC. Il tutto finalizzato a varare in tempi brevissimi un provvedimento correttivo dell’AIA del 4 agosto 2011 che, è l’auspicio di Governo, Sindacati, Confindustria ed altri, consentirebbe all’Ilva di Taranto di “continuare a produrre”, contro il “sequestro preventivo senza facoltà di uso di sei aree di Ilva” disposto dal G.i.p. di Taranto con atto del 25 luglio 2012 e confermato dal Tribunale del riesame.
La Conferenza dei Servizi del 18 ottobre 2012 è chiamata a valutare le 132 pagine del “Parere Istruttorio Conclusivo” della Commissione IPPC e a dare il via libera all’AIA “riesaminata”.
Nella presente nota, da riportare in atti, è esposto quanto Altamarea ribadirà nella CdS del 18.10.12.

Risposte alle osservazioni di Altamarea
Nella nota protocollata DVA – 2012 – 0021814 del 12/9/2012 Altamarea ha riproposto 23 “osservazioni” di cui 12 su aspetti amministrativo-politici, preliminari rispetto al riesame dell’AIA, e 11 su aspetti prettamente tecnici. Il quadro generale delle risposte è desolante.
– Alle prime 10 osservazioni “preliminari” il Ministero non ha dato alcuna risposta.
Tra tutte, la più emblematica è la mancata risposta sulla fideiussione bancaria, proposta proprio per verificare l’effettiva volontà e capacità del Gestore e del Governo di affrontare l’enorme problema dell’Ilva. Abbiamo proposto di inserire nell’AIA la clausola di garanzia finanziaria con la consegna all’Amministrazione Pubblica, prima del rilascio dell’AIA, di una fideiussione bancaria per un importo non inferiore al costo stimato di tutti gli investimenti necessari per rispettare le prescrizioni inserite nell’AIA “riesaminata”. Tale fideiussione va aggiornata in virtù delle altre prescrizioni che deriveranno dal completamento del “riesame”, per ora limitato alle emissioni in aria. In più, il Gestore va obbligato a costituire un adeguato Fondo di garanzia per danni da grandi rischi, per risarcimento dei danni prodotti dalla mancanza delle misure riconosciute indispensabili per salvaguardare la salute umana.
– Sulla massima capacità produttiva dello stabilimento (11^ osservazione “preliminare”) non ha risposto il Ministero ma la Commissione IPPC che, pur parzialmente modificata, ha operato con “impronta” poco dissimile da quella della Commissione originaria. Nell’AIA del 4 agosto 2011, la massima capacità produttiva di Ilva Taranto è fissata non ai “vecchi” 10,3 milioni di t/anno ma a 15 mln di t/anno senza motivazioni ragionevoli. I “vecchi” 10,3 mln di t/anno sono quelli fissati nella delibera n. 40 del 1970 – Programma IRI 1971, con la quale il CIPE “approva il programma dell’IRI relativo all’ampliamento del Centro Siderurgico di Taranto fino a 10,3 milioni t/a”. L’assetto impiantistico che determina la massima capacità produttiva dello stabilimento di Taranto è rimasto quello approvato dal CIPE nel 1970, livello peraltro mai raggiunto fino ad oggi. Non c’era quindi e non c’è ancora alcuna ragione per “regalare” ad Ilva 4,7 mln di t/anno di capacità produttiva. Per questo, scontando la dismissione definitiva dell’altoforno 3 e le riduzioni conseguenti le prescrizioni introdotte nel PIC, la nuova capacità produttiva dello stabilimento va fissata a circa 5 mln di t/anno anziché 8 com’è detto nel PIC.
– La risposta di conferma di 6 anni anziché 5 della durata dell’AIA (12^ osservazione “preliminare”) denota superficialità e mancanza di ogni senso comune. L’AIA rilasciata il 4 agosto 2011 ne fissa la durata in 6 anni anziché 5, come “premio” allo stabilimento per avere adottato il Sistema di Gestione Ambientale. La durata dell’AIA, vecchia o “riesaminata” che sia, deve essere di soli 5 anni, senza “premio”, perché il Sistema di Gestione Ambientale realizzato nello stabilimento copre l’area di laminazione e dei tubifici ma non l’area a caldo dove, peraltro, si localizza il 95 % dell’inquinamento industriale che SGA dovrebbe controllare.
– Sulle prime 5 osservazioni “tecniche” ci sono risposte “scriteriate” come nei seguenti esempi:
· sulla richiesta di inserimento puntuale delle prescrizioni del G.i.p. confermate dal Tribunale del Riesame, la Commissione scrive: “Non di competenza della Commissione nell’ambito del riesame dell’AIA”. A pag. 5/47 del PIC la stessa Commissione scrive: “Il termine per la conclusione delle attività del gruppo di lavoro è stato fissato al 30 settembre 2012, data entro la quale veniva altresì richiesto, oltre a quanto disposto dal decreto 15 marzo 2012, di concludere il parere tecnico per i profili concernenti: a) l’integrazione nella documentazione istruttoria dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Taranto, nella parte riguardante la disposizione per il risanamento ambientale degli impianti”. In più, la Commissione dimostra di non avere mai letto o sentito che il Ministro Clini ha dichiarato che le prescrizioni del G.i.p. di Taranto devono entrare tutte nell’AIA “riesaminata”;· alla luce delle norme, in vigore da decenni, che impongono la Valutazione di Impatto Ambientale per prelievi di acqua superiori a 3.500 mc/h, noi abbiamo chiesto di far fare la VIA per il noto prelievo da Mar Piccolo di circa 150.000 mc/h effettuato dalle gigantesche idrovore Ilva. La Commissione risponde: “In ottemperanza alle prescrizioni della precedente AIA è in corso l’installazione di contatori su ogni fonte di approvvigionamento idrico per lo stabilimento”.Ø Le altre 6 osservazioni “tecniche” hanno avuto risposte variegate, alcune accettate, altre modificate o respinte con motivazioni incomprensibili (ad es. si vieta l’uso del pet coke ma se ne consente l’utilizzazione fino ad esaurimento delle scorte; in cokeria non si prescrivono frequenti rilevazioni congiunte con ARPA Puglia; mancano definizioni impiantistiche e tempistica sui provvedimenti da adottare in AGL, AFO e ACC/1 e ACC/2, ecc..
Ai cittadini di Taranto facciamo rilevare, con amarezza e disappunto, che quelle risposte e non risposte sono state approvate anche dai rappresentanti di Regione, Provincia e Comuni.

Prescrizioni nel PIC
Nel PIC per il riesame sono indicate prescrizioni severe e importanti quali: copertura dei parchi primari, rifacimenti parziali di batterie, inserimento del SOPRECO/PROVEN su tutte le batterie, impianti di depolverazione, sistemi di controllo e monitoraggio sulle macchine operatrici, copertura del parco Nord coke, copertura dell’OMO, filtri a tessuto in AGL, coperture ed impianti di abbattimento al GRF e ACC, rifacimento impianti di depolverazione in AFO, scaricatori in continuo al porto, monitoraggi vari.
Mancano molte prescrizioni e la tempistica per gli interventi ipotizzati è comunque inadeguata.
L’obiezione ancora più importante è che non è accettabile che il “riesame” sia limitato alle emissioni in aria, oltretutto senza che ci sia nessun impegno né sui tempi né sui contenuti relativi alle altre enormi tematiche.

Aspetti sanitari
Gli aspetti sanitari della vicenda sono quelli che hanno fatto diventare nazionale il caso Taranto. Al di là di quello che ha dichiarato in più occasioni il Ministro Clini, proprio il “riesame” dell’AIA del 4 agosto 2011 è “figlio” dell’incidente probatorio durante le indagini su disastro ambientale a carico di Ilva. Durante il procedimento per il primo rilascio dell’AIA di Ilva, le Istituzioni sono state omissive sugli aspetti sanitari. Altamarea ha contestato invano che nei documenti non si trovava un solo rigo dedicato alle conseguenze sanitarie innescate dall’inquinamento mentre l’AIA è nata proprio per “la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attività industriali”, inquinamento definito come “l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua e nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente”.
I provvedimenti del G.i.p. e del Tribunale del Riesame hanno colmato quella grave omissione rilevando che il diritto alla salute è prevalente su tutti gli altri. Secondo autorevoli commentatori, i magistrati hanno involontariamente supplito alla “ignavia e alla latitanza dei sistemi cui le società democratiche affidano di solito il governo delle complessità”. Diciamolo in chiaro: con il nuovo provvedimento sull’AIA il Governo punta implicitamente a far modificare le attuali disposizioni giudiziarie. E’ dovere di tutti attendere gli esiti della vicenda giudiziaria e rispettarne le decisioni.
Non possiamo, però, esimerci dal prendere posizione. Il contesto economico, politico e sociale ha molta influenza sugli esseri umani. C’è stato qualcuno che, con spregiudicatezza, ha detto quello che pensano in tanti: l’Ilva di Taranto è strategica per l’Italia, assicura tante migliaia di posti di lavoro per cui è bene che continui a produrre, i tarantini hanno subito l’avvelenamento per 40 anni, che male c’è se lo subiscono per altri mesi? Non per mesi, ma per anni dovrebbero continuare a subire, stando alle indicazioni del PIC per la “nuova” AIA, indicazioni comunque non idonee a far cessare completamente l’inquinamento e le sue terribili conseguenze. Il G.i.p.  e il Tribunale del riesame hanno preso una decisione precisa, giusta e rigorosa: sequestro preventivo senza facoltà d’uso degli impianti che con le loro emissioni inquinanti provocano morti e malattie. Per la Magistratura, se persistono emissioni inquinanti non può esserci facoltà d’uso, non si scappa. Tocca ad altri, soprattutto al Gestore e al Governo, trovare la risposta alla domanda su cosa fare del personale e dello stabilimento incompatibile con la città per ragioni sanitarie e “non ambientalizzabile” per questioni tecniche o economiche che siano.

Considerazioni finali
Sono pochi i miglioramenti nel PIC per il riesame rispetto al “misfatto” dell’AIA originaria.Sono tante le risposte negative o le mancate risposte sulle nostre “osservazioni”: la più emblematica e dirimente è la mancata risposta sulle garanzie finanziarie.C’è la dichiarata incompletezza del riesame su argomenti importantissimi e pesantissimi dal punto di vista tecnico ed economico quali acque, scarichi a mare, inquinamento delle falde, bonifiche collegate e rifiuti. A memoria futura, sottolineiamo che dovrà essere stabilito che i rifiuti rivenienti dalle bonifiche non siano trasferiti nelle discariche del tarantino sia per non appesantire la situazione già grave sia per la mancanza totale di controlli specifici sui materiali in arrivo.Si intravede l’enormità dell’impegno tecnico, economico e finanziario per uno stabilimento comunque datato e ineluttabilmente condannato a subire la concorrenza cinese, indiana, brasiliana. I segnali finora pervenuti indicano che proprietà e management Ilva sono in difficoltà a gestire una situazione così complessa che richiede investimenti concentrati in breve tempo ed anche uno straordinario impegno manutentivo e gestionale. Tutto questo senza la certezza di riuscire a centrare gli obiettivi, soprattutto quelli sanitari.E’ veramente grave l’ assenza di mediazione o di confronto su un progetto di lungo termine in un settore di vitale importanza come quello dell’acciaio. Il gruppo Riva non sembra essere più in grado di esprimere nuove progettualità.Al di sopra di qualunque considerazione strategica, economica, tecnica, di opportunità noi gridiamo che è disumano esercitare pressioni di qualunque tipo o comunque camuffate per indurre la Magistratura a “ammorbidire” il provvedimento.Tutto questo ribadisce il nostro convincimento che non deve essere rilasciata alcuna AIA “riesaminata” e che necessita, invece, il ritiro in autotutela dell’AIA del 4 agosto 2011 per il ripensamento totale dello stabilimento rispetto alla sua attuale configurazione. L’inquinamento prodotto soprattutto nell’area a caldo non è abbattibile come sarebbe necessario per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori e senza l’area a caldo un ciclo siderurgico integrale delle dimensioni di quello di Taranto non può sopravvivere.
C’è un piano B? Noi abbiamo azzardato, a grandi linee, una risposta a questa domanda e l’abbiamo inserita nel promemoria inviato il 17 agosto 2012 al Presidente Monti e ai Ministri Clini e Passera: “A nostro parere per i Riva c’è un’alternativa alla fuga: se è vero che vogliono restare a Taranto, devono mettere mano ad un piano industriale di riconversione, ristrutturazione e diversificazione, cioè con produzione di acciaio non da ghisa di altoforno, ridimensionamento della laminazione, logistica integrata portuale (Ilva ha in concessione sia enormi aree in zona porto sia un pontile attrezzabile subito per l’attracco di portacontainer di ultima generazione), business della rottamazione in campo navale, aereo e automobilistico con riutilizzo dei rottami ferrosi nello stabilimento convertito”.

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