In particolare viene stabilita la chiusura definitiva dell’altoforno 3, la chiusura immediata di AFO 1, AFO 2 e delle Batterie 3/4, 5/6, 9/10, il rifacimento e la gestione condizionata delle cokerie con l’allungamento dei tempi di distillazione del coke e l’installazione del sistema Proven per la decompressione, l’eliminazione del pet-coke, la definizione di limiti quantitativi alle emissioni dei fumi (diminuzione dei flussi di massa) per tutti i settori impiantistici dell’area a caldo, la sensibile diminuzione dei limiti posti alle emissioni che sono in larga misura prossimi ai valori più bassi previsti nelle nuove M.T.D. (migliori tecnologie disponibili), la copertura dei nastri trasportatori e lo scarico automatico dei minerali dalle navi, l’installazione di depolveratori nella Acciaieria 1. Tutte cose che avevamo chiesto in tutte le sedi e in più occasioni.
Mancano ancora, però, prescrizioni in merito ad un sistema di abbattimento delle emissioni della cokeria ed allo spegnimento a secco del coke e si lascia ad uno studio di fattibilità l’eventuale adozione di filtri a tessuto in uno degli impianti più inquinanti, l’Agglomerato. Quelli che rileviamo come i punti più problematici di questo parere sono la non immediata chiusura dell’altoforno 5 che in difformità con le indicazioni della magistratura viene rimandata di 14 mesi, i tempi troppo lunghi (tre anni) concessi per la copertura dei parchi minerali e, soprattutto, la riduzione solo temporanea della produzione a otto milioni di tonnellate (in attesa che vengano fatti gli interventi impiantistici richiesti, per poi attestarsi a 11 milioni e mezzo di tonnellate).
Quest’ultimo punto in particolare ci preoccupa. Legambiente ribadisce ciò che propone da anni e che ha richiesto sia nel precedente che nell’attuale iter di concessione dell’AIA e cioè il ridimensionamento dello stabilimento come condizione di base per operare una drastica riduzione dell’impatto ambientale dei suoi impianti. Per Legambiente si tratta di tornare a livelli simili a quelli di circa un decennio addietro, prima dello sciagurato trasferimento – cui Legambiente si oppose sola e inascoltata – delle quote produttive da Cornigliano a Taranto. Nella siderurgia meno si produce e meno si inquina. Su uno stabilimento ridimensionato è più percorribile la strada del risanamento ambientale.
Legambiente approfondirà nei prossimi giorni l’esame del parere istruttorio conclusivo e presenterà anche in questa occasione le proprie osservazioni nel corso della Conferenza dei Servizi fissata per il prossimo 18 ottobre, augurandosi che quella sia la sede per un ulteriore miglioramento della nuova AIA. Restano fuori dall’attuale AIA tutti gli altri settori dell’ILVA. Entro il 31 gennaio prossimo dovranno essere chiusi i provvedimenti che disciplineranno la gestione di rifiuti, discariche e acque ed entro il 31 maggio quelli relativi all’area a freddo del siderurgico, comprese le centrali elettriche. Per tutti chiediamo misure rigorose entro e non oltre i termini previsti dal Ministero. Ora tocca ad Ilva, e alla famiglia Riva, uscire allo scoperto e presentare un serio piano di investimenti per ottemperare alle prescrizioni che la nuova AIA andrà a fissare. Senza di esso per lo stabilimento di Taranto non c’è futuro.
Comunicato stampa di Legambiente
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