E così oggi, a fronte dell’ultimatum della Procura per l’avvio delle procedure dello spegnimento degli impianti e della loro messa in sicurezza, a pagare per primi l’inefficienza e l’inettitudine dei sindacati sono ancora una volta loro: gli operai. Che oltre a temere per il loro futuro lavorativo a causa della perdurante latitanza del Gruppo Riva in merito alle reali intenzioni dello stesso di investire sullo stabilimento di Taranto, sono costretti a seguire le nevrosi delle linee guida e di pensiero delle varie sigle a cui sono iscritti. “E’ un momento delicato per i lavoratori diretti e quelli dell’appalto legati a doppio nodo a questo stabilimento: è opportuno che chi rischia due volte, il lavoro e la salute, possa dire la sua avendo ruolo e peso specifico in questa drammatica vicenda”.
Questo l’innovativo pensiero del segretario provinciale della Fiom Cgil di Taranto, Donato Stefanelli, che ieri all’esterno della portineria D dell’Ilva di Taranto, ha illustrato una piattaforma rivendicativa che sarà votata dai lavoratori in un referendum per poi essere proposta all’attenzione dell’azienda. Il documento riguarda il risanamento ambientale e degli impianti, il piano degli investimenti, gli interventi sul piano di gestione del personale e della formazione, i temi della vigilanza e della prevenzione sanitaria e l’Autorizzazione integrata ambientale. Avete letto bene, un referendum per i lavoratori Ilva. Ma la Fiom, evidentemente, dimentica che la Cgil nel 2010 si è alleata con l’Ilva e Confindustria presentando ricorso al Tar di Lecce (vinto, ma poi ribaltato dalla sentenza del Consiglio di Stato nell’ottobre dello scorso anno) per evitare che si svolgesse il referendum consultivo del comitato cittadino Taranto Futura (sulla chiusura totale o parziale del siderurgico tarantino), che aveva anche superato lo scoglio del parere dei Saggi del Comune di Taranto (a tutt’oggi il Sindaco invece di indire la consultazione popolare si è rivolto nuovamente ai saggi perché a suo dire i tempi non sarebbero più maturi per svolgere il referendum, perché superati dall’iniziativa della magistratura).
Referendum consultivo che per legge altro non è che uno strumento democratico per “sentire il parere popolare circa una determinata questione politica (mera richiesta di parere non vincolante)”. Eppure la Cgil, che dovrebbe rispondere a determinati ideali e valori, attraverso il segretario generale Luigi D’Isabella si lanciò in una specie di caccia alle streghe impedendo, di fatto, anche agli stessi operai di esprimere il loro libero pensiero come cittadini di Taranto. Oggi, dimenticando quanto fatto in passato, la stessa Cgil consente alla Fiom di svolgere un referendum al chiuso, riservato ai soli operai, per consentire loro di esprimersi su una piattaforma da proporre all’azienda una volta approvata. Ed allora, ci chiediamo: come funziona il giocattolo della democrazia? Chi o cosa stabilisce quando un referendum si può svolgere e quando no? Intanto i nostri prodi, divisi come sono, si divertono a copiare ed allo stesso tempo a sbugiardare la sigla avversaria un giorno sì e l’altro pure.
La scorsa settimana, mentre Fim e Uilm davano vita all’ennesimo sciopero con tanto di blocchi stradali, la Fiom indiceva assemblee con gli operai all’interno della fabbrica. Questa settimana invece, mentre Fim e Cisl danno vita alle assemblee con i loro iscritti, la Fiom raccoglie le firme per l’iniziativa referendaria. Per non parlare delle prossime ed imminenti manifestazioni nazionali: mentre Fim e Cisl ne hanno programmata una per il 17 ottobre a Roma in concomitanza con la Conferenza dei Servizi per il rilascio della nuova AIA all’Ilva, la Fiom Cgil ha indetto una manifestazione nazionale il prossimo 20 ottobre a Piazza San Giovanni, a cui parteciperanno tutti i lavoratori delle grandi aziende italiane, metalmeccaniche e non, in crisi. Com’è brutto, vero, quando il terreno frana sotto i piedi e non s’intravede alcuna possibilità di salvezza. Dovevate pensarci e iniziare a lottare molti, ma molti anni fa.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 10 ottobre 2012)
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