Ilva, Taranto Futura ricorre all’Aja per genocidio e crimini contro l’umanità
TARANTO – E’ partita lunedì scorso la denuncia per genocidio e crimini contro l’umanità avanzata da Taranto Futura per fare chiarezza anche sulle responsabilità delle istituzioni (locali e nazionali) in merito all’inquinamento prodotto dall’Ilva nella città ionica. Gravi contestazioni su cui dovrà esprimersi il procuratore del Tribunale penale internazionale dell’Aja (Olanda). La nuova iniziativa del comitato cittadino è stata illustrata ieri mattina dall’avvocato Nicola Russo.
Questa la sua posizione: «Mentre si prospetta un conflitto di attribuzioni tra il ministero dell’Ambiente, pronto a varare una nuova Autorizzazione Integrata Ambientale all’Ilva, e la magistratura che ha posto gli impianti dell’area a caldo sotto sequestro negando la facoltà d’uso, pensiamo che sia giusto rivolgerci direttamente alla Corte penale internazionale, che può agire in maniera autonoma per accertare le responsabilità sui crimini da noi denunciati. Abbiamo chiesto che vengano sentiti il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio, i giudici che si sono occupati delle vicende Ilva e i periti incaricati nei procedimenti».
Nel documento, composto da cinque pagine, vengano citate le varie condanne emesse nei confronti dei dirigenti dell’Ilva per il reato di inquinamento ambientale e al procedimento per disastro ambientale attualmente pendente in sede preliminare. “Nei giudizi penali già conclusi (alcuni dei quali andati in prescrizione) – si legge – la magistratura italiana ha sempre rilevato l’atteggiamento doloso (anche omissivo) ovvero volontario dei responsabili”. L’azione del comitato è tesa ad accertare e punire le responsabilità delle istituzioni nazionali e locali.
Non è un caso che si faccia riferimento alla revoca della costituzione di parte civile nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione da parte di Comune e Provincia. Cosa che secondo l’avvocato Russo è avvenuta “in danno dei cittadini”. Nella denuncia si cita anche la sentenza penale del Tribunale di Taranto n. 408/2010, sostanzialmente confermata dalla Corte d’Appello di Lecce (con reato, però, prescritto): “I dirigenti responsabili dell’Ilva venivano condannati, con lievi pene, perché omettevano di dotare le batterie del reparto cokerie di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione nei luoghi di lavoro e nella aree circostanti, di fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione, onde prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie professionali”.
Nel documento si parla anche di una relazione tecnica prodotta da Arpa Puglia nel 2010 che accertava la correlazione tra le polveri Ipa e Bap generate dallo stabilimento Ilva (in corrispondenza delle cokerie) e quelle presenti nell’abitato del quartiere “Tamburi” con conseguente attribuzione delle polveri, nella misura del 99%, al siderurgico. Taranto Futura non tira in ballo soltanto l’Ilva. Nel passaggio relativo all’inquinamento da pcb nel primo seno di mar Piccolo chiama in causa anche l’Arsenale Militare. “In merito a tale circostanza – è scritto – sembra che non sia stato adottato nessun procedimento penale”.
Alla denuncia sono state allegate le perizie elaborate dagli esperti incaricati dal gip Todisco, che “sembrano aver accertato il nesso causale tra inquinamento Ilva e malattie della popolazione tarantina”, e lo studio “Sentieri”, contenente preoccupanti dati sulla mortalità. Al Procuratore della Corte penale internazionale viene chiesto di perseguire tutti i responsabili dell’inquinamento e le autorità pubbliche, civili e militari che “avevano l’obbligo di controllare e impedire l’inquinamento del mare, dell’aria e del suolo, e hanno omesso palesemente ogni intervento utile e necessario, tanto da mettere in grave pericolo la vita delle persone e determinare il danno alla salute della popolazione e dei lavoratori Ilva, così come accertato dai periti del gip nel giudizio penale attualmente pendente”.
«La Corte penale internazionale potrà riesaminare tutti i procedimenti che negli anni hanno visto coinvolta l’Ilva – ha dichiarato Russo – inoltre, potrà fare indagini anche senza la collaborazione dello Stato italiano. Potrebbero finire sotto processo alte autorità (a livello ministeriale) e amministrazioni locali, ovviamente in base alle loro competenze. Il sindaco – ha continuato l’avvocato – ha poteri autonomi nella tutela della salute. Avrebbe potuto anche disporre la chiusura dello stabilimento». Infine, un cenno alle pene previste a livello internazionale per i crimini contestati: «Sono molto pesanti – ha evidenziato Russo – possono arrivare anche a trent’anni di reclusione e all’ergastolo».
Alessandra Congedo