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Ilva, resta la tensione tra i lavoratori

TARANTO – Dopo la due giorni di scioperi e blocchi stradali, Taranto prova a ritrovare un po’ di serenità e tranquillità in vista dell’inizio di ottobre, mese che potrebbe rivelarsi decisivo per la vicenda Ilva. Al cui interno è sì ripresa la normale attività lavorativa, ma dove prosegue la protesta di alcuni dipendenti che continuano ad occupare il nastro trasportatore dell’altoforno 5 e la torre del camino E312. Sui quali impianti hanno annunciato di voler restare sino a quando il ministero dell’Ambiente non rilascerà la nuova AIA al siderurgico tarantino: la data precisa per la Conferenza dei Servizi ancora non c’è (forse il 16 ottobre), ma per lo stesso giorno Fim Cisl e Uilm Uil hanno programmato una manifestazione nazionale della siderurgia. Bari o Roma, dove è prevista la sede della conferenza, le città prescelte.

Manifestazione nazionale proposta anche dalla Fiom Cgil durante la conferenza dei delegati della siderurgia svoltasi a Taranto venerdì, ma che oramai vive da separata in casa, visto che il sindacato di Landini proverà a lavorare dentro la fabbrica attraverso assemblee che coinvolgano tutti i lavoratori, con lo scopo di mettere pressione al Gruppo Riva sullo scottante tema degli investimenti da attuare nel breve termine, per scongiurare lo spegnimento degli impianti. La cui produzione resta vitale per l’acciaio italiano, come ha ribadito ieri Fincantieri, che per produrre ha bisogno dell’Ilva. “Andando avanti così, anche per noi sarà un problema. E allora saremo costretti a comprare da un’altra parte”, ha minacciato l’amministratore delegato, Giuseppe Bono. Che ha spiegato come “comprando da un’altra parte, ci sarà meno produzione e meno lavoro per tutti”. Il quale, pur non vivendo a Taranto, ha concluso dichiarando che “lì il problema non è tra lavoro e ambiente. Perchè la salute senza i soldi per mangiare non c’è.

Il lavoro allora bisogna farlo, non si può vivere senza: allora cerchiamo di farlo bene”. Che i termini della questione siano però molto più profondi e delicati, lo dimostra anche la risposta a Bono da parte del ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Che per un giorno ha scelto di abbassare i toni e spostare la questione sulla responsabilità dell’azienda. “Rilasciamo l’AIA per l’utilizzo degli impianti stabilendo le prescrizioni più severe previste in Europa. Se l’impresa si adegua a queste prescrizioni potrà continuare a produrre: saranno loro a dover scegliere”. Autorizzazione che però è ancora incompleta, visto che il documento redatto dalla commissione ministeriale riguarda soltanto le emissioni per la qualità dell’aria. E che per questo ha già sollevato le prime polemiche, specie tra le associazioni ambientaliste. Non certo tra le istituzioni locali, incredibilmente silenti in un momento così delicato per la città.

Ieri si è rivisto il sindaco Stefàno, che ha incontrato a Palazzo di Città i cinque lavoratori che avevano occupato il gasometro dell’Ilva. Il primo cittadino ha ribadito l’assoluta vicinanza dell’intera comunità ai lavoratori, sostenendo come “l’AIA tutelerà sia la salute che il lavoro. Se i tecnici dovessero dirmi che è necessario intensificare le prescrizioni per raggiungere quest’obiettivo, io sarò d’accordo”. Si è recato invece dai lavoratori in protesta all’interno del siderurgico, il deputato del Pd Ludovico Vico accompagnato dai sindacalisti di Fim Cisl e Uilm Uil. Il parlamentare ha rassicurato tutti sul fatto che si sta lavorando ad un’AIA “rigorosa, che rispetterà le prescrizioni della magistratura e che l’impegno è concludere entro metà ottobre col rilascio del provvedimento”.

Nessuno però ha sin qui chiarito come sia possibile che il ministero dell’ambiente conceda un’autorizzazione per l’esercizio degli impianti, ad un’azienda sotto inchiesta per disastro ambientale doloso e con l’intera area a caldo sotto sequestro preventivo, gestita da tre custodi giudiziari nominati dal GIP. Anche ieri Clini ha mirabilmente glissato su questo, augurandosi di non dover arrivare ad uno scontro con la magistratura tarantina. Che ieri, tramite il procuratore capo Franco Sebastio, ha ricordato come ad oggi non ci siano “fatti nuovi e sostanziali rispetto all’altro giorno” e che quando ci saranno “li valuteremo”: riferimento chiaro al documento dell’AIA. La Procura, dunque, prosegue per la sua strada. “Per noi va avanti la direttiva affidata ai custodi: applicare il sequestro e bloccare le emissioni nocive. A loro tocca individuare e attuare modi e soluzioni”.

Gianmario Leone (Il Manifesto)

 

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