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Per l’Ilva un’Aia a metà

TARANTO – Nella giornata di ieri, attraverso una nota apparsa sul sito del ministero dell’Ambiente, il ministro Corrado Clini ha annunciato trionfalmente che “il riesame dell’AIA all’Ilva disporrà una drastica riduzione del carico di inquinanti rispetto all’autorizzazione precedente, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di benzo(a)pirene sia diffuse che convogliate”. Si sono dunque concluse le procedure del gruppo di lavoro della Commissione ministeriale, la cui documentazione però, fa riferimento soltanto alle aree a caldo ed ai parchi minerali. La prima cosa da dire infatti, è che come ampiamente previsto, era impossibile in appena un mese riesaminare per intero l’autorizzazione precedente. Il documento messo a punto dalla commissione riguarda soltanto la qualità dell’aria, in particolare le emissioni. Manca, invece, l’esame su discariche, rifiuti e acque, per cui il ministro ha dovuto ammettere come “servirà un provvedimento successivo, a tutt’oggi ancora in fase istruttoria, con il quale verrà aggiornata l’AIA del 4 agosto 2011”, in riferimento alle misure ulteriori da adottare per il risanamento delle discariche interne allo stabilimento, la gestione dei rifiuti e la protezione della qualità ambientale delle acque.

Siamo dunque di fronte ad un’AIA a metà: bel risultato, non c’è che dire. Inoltre, il parere tecnico sul documento sarà sottoposto ad un secondo parere da parte di un gruppo istruttore il prossimo 9 ottobre (documento che dovrebbe arrivare massimo entro l’11 ottobre). La Conferenza dei Servizi per la conclusione del procedimento, a cui parteciperanno la Regione Puglia, gli Enti Locali e forse le associazioni, si dovrebbe svolgere entro il 16 ottobre 2012 (il 15, termine precedentemente fissato dal ministro, è già superato). Ricordiamo che il riesame dell’AIA si era reso “obbligatorio”, anche per il ministero dell’ambiente, dopo le perizie chimico-fisica ed epidemiologica trasmesse al ministero dalla Procura della Repubblica di Taranto nel febbraio scorso, dopo la decisione della commissione Europea del 28 febbraio 2012 che ha stabilito le migliori tecnologie disponibili (BAT) per le produzioni siderurgiche in Europa, i dati trasmessi nel febbraio 2012 al ministero dalla Regione Puglia in merito al monitoraggio ambientale del benzo(a)pirene nell’area di Taranto e le decisioni del Tar di Lecce, che accolse il ricorso dell’Ilva contro alcune delle prescrizioni previste nell’Autorizzazione del 4 agosto 2011.

Perché è sempre bene tenere a mente come l’Ilva ricorse contro le prescrizioni più stringenti della precedente autorizzazione: nulla vieta dunque, che l’azienda possa assumere la stessa strategia anche per questa nuova edizione dell’AIA. Il ministro Clini ha anche ricordato gli obiettivi e le modalità previste nel documento: “Adeguare da subito lo stabilimento alle decisioni della commissione Europea del 28 febbraio 2012” per le migliori tecnologie disponibili, “in anticipo rispetto alla scadenza del 2016”; applicare “in modo puntuale le misure previste dal Piano di risanamento della qualità dell’aria della Regione, con particolare riferimento all’inquinamento nel quartiere Tamburi”. Questo, però, resta nel mondo delle semplici intenzioni del ministro Clini. Perché la realtà é ben diversa. L’ordinanza del GIP Todisco confermata dal tribunale del Riesame, impone che sin da subito cessino le emissioni inquinanti che “provocano fenomeni di malattia e morte” nella popolazione tarantina: l’AIA, invece, prevede che l’Ilva soltanto nell’arco dei prossimi 5-6 anni riduca le emissioni inquinanti applicando le migliori tecnologie disponibili.

E qui vi è un altro snodo fondamentale dell’intera vicenda: sulle migliori tecnologie disponibili, la scelta finale spetta all’azienda, specie da un punto di vista economico. Il che vuol dire che l’Ilva, ovviamente, sceglierà le tecnologie meno costose e impegnative dal punto di vista tecnico. Inoltre, la perizia dei chimici ha posto come parametro di valutazione di base le migliori tecnologie in assoluto, previste dall’articolo 8 della normativa sull’AIA (d. lgs. 59/2005), che recita testualmente: “Se, a seguito di una valutazione dell’autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l’autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale”.

Detto ciò, ribadiamo ancora una volta come una nuova AIA sia del tutto inutile allo stato attuale delle cose. Appare infatti quanto meno anacronistico che il ministero dell’Ambiente abbia deciso di rilasciare ad un’azienda un’autorizzazione per l’esercizio i cui impianti e le cui aree sono poste sotto sequestro preventivo dallo scorso 26 luglio: solo in questo paese può accadere che si rilasci un’AIA ad un’azienda sotto inchiesta per disastro ambientale doloso, i cui proprietari sono agli arresti domiciliari con gli impianti sotto sequestro preventivo. Inoltre, al di là delle assicurazioni del ministro (“Sono stati affrontate in modo trasparente e con competenza tutte le complesse questioni tecniche aperte, senza lasciare margini alle molte sollecitazioni per il rinvio e per i cosiddetti ulteriori approfondimenti”), nessuno sa come si è svolto il lavoro della commissione ministeriale. Appare dunque evidente come il rilascio di un’AIA a metà sia il frutto di una scelta consapevole e mirata da parte del Governo: lanciare l’ennesimo salvagente ad un’azienda che si vuol tenere in vita a tutti i costi. Anche a scapito di quelli umani. Ci auguriamo che il ministro Clini sappia con assoluta certezza ciò sta facendo.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 29 settembre 2012)

 

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