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Ilva, Ferrante e Clini sfidano il gip

TARANTO – Non che avessimo mai nutrito dubbi. Ma le conferme non fanno mai male, specie in un momento come questo dove la chiarezza giova a chiunque: dal primo degli operai all’ultimo dei cittadini. E così, dopo aver lanciato messaggi sinistri dopo il secco no espresso dal GIP Todisco sul piano di interventi proposto dall’Ilva, al quale era allegato un’istanza della società che chiedeva di poter mantenere una minima capacità produttiva, nonostante il sequestro dell’area a caldo, considerandola indispensabile per sostenere finanziariamente il piano da 400 milioni di euro (“Avevamo previsto il fermo dell’altoforno 1 senza ripercussioni sui livelli occupazionali. Naturalmente se ci verrà chiesto di intervenire sull’altoforno 5, lo scenario cambierà completamente, non soltanto per noi”), il buon Ferrante ieri è tornato alla carica.

L’occasione è stato l’incontro con i sindacati metalmeccanici svoltosi nel pomeriggio in azienda: il presidente del Cda dell’Ilva ha annunciato la volontà dell’azienda di presentare ricorso contro l’ultimo provvedimento del GIP (sino a ieri sera non ancora notificato): quasi certamente si tratterà della richiesta di un incidente di esecuzione al Tribunale. Ferrante però, è andato oltre quest’annuncio alquanto prevedibile e scontato: molto oltre. Al Gruppo Riva infatti, in primis al patron Emilio, non sono affatto piaciute le parole utilizzate dal GIP nel provvedimento di mercoledì, nel quale ha definito l’atteggiamento dell’Ilva semplicemente “sconcertante”.

Ferrante, recitando un copione in perfetto stile famiglia Riva, per la prima volta ha messo da parte l’aplomb e la diplomazia che ha sin qui contraddistinto la sua presidenza, usando toni tra il minaccioso e l’avvertimento. Del resto, anche se ex, Ferante è sempre un prefetto: uomo di legge, di Stato e di ordine, sa bene quando arriva il momento di “ristabilire” ordini e ruoli. Che nel nostro paese, spesso e volentieri, vuol dire far rispettare la legge del più forte. Pur restando nel lessico di rito, l’attacco diretto alla magistratura tarantina è forte e chiaro: “Credo che la politica industriale di un Paese non possa essere affidata a dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria”, ma occorrano “provvedimenti dell’autorità politica: io penso che questa sia la strada da seguire”.

Per un “beffardo” scherzo del destino, è la stessa linea di pensiero del ministro dell’Ambiente Corrado Clini che, sempre guarda caso, proprio ieri ha annunciato la conclusione dell’istruttoria dell’Autorizzazione integrata ambientale: “Domani (oggi per chi legge, ndr) avremo il documento, dopodiché avremo le procedure previste dalla legge, la conferenza dei servizi”, ha dichiarato il ministro a margine di una conferenza del Wwf. “Rilasciamo l’AIA che ha come riferimento la lista (Ue) delle migliori tecnologie disponibili per la siderurgia e che include anche gli obiettivi di qualità ambientale che dovrebbero essere applicati in Europa nel 2016. Noi li applichiamo nel 2012”, ha concluso Clini.

Peccato che, in una situazione come quella attuale, sarebbe stato molto meglio imporre all’azienda l’uso delle migliori tecnologie in assoluto, visto che lasciando così le cose, resta sempre e comunque all’azienda la scelta della tecnologia da applicare: il che non è certo esempio di garanzia per il futuro, visti i tanti reati contestati dalla magistratura all’Ilva. Tra i quali quello di aver preso in giro un territorio intero con i famosi atti d’intesa che per anni abbiamo denunciato come mai applicati, né posti sotto il controllo di qualcuno. Ma al di là delle minacce velate o dirette del duo Clini-Ferrante, la procura di Taranto non arretra di un millimetro: “Non so l’Ilva che tipo di ricorsi deciderà di presentare. Se non ci saranno modifiche ai provvedimenti esistenti le procedure andranno avanti e saranno inevitabili”, ha dichiarato ieri il procuratore capo Franco Sebastio, con la classica calma che da sempre lo contraddistingue.

“L’Ilva ha intenzione di impugnare il provvedimento? Benissimo. Quando una questione viene esaminata da più uffici, magistrati, ecc, per noi é molto positivo. Più persone valutano un problema e danno le loro risposte, più tranquilli stiamo, in un senso o nell’altro”. Probabilmente, il ricorso dell’Ilva, sarà un appello al tribunale, non al Riesame. Ciò detto, casomai qualcuno dei su citati signori lo avesse dimenticato, è ancora in corso un’inchiesta che una volta chiusa vedrà i relativi rinvii a giudizio e l’avvio del processo. “C’é un’inchiesta in corso per la quale puntiamo ad arrivare rapidamente alla conclusione e valutare l’opportunità di chiedere i rinvii a giudizio e abbiamo il sequestro preventivo degli impianti a cui bisogna dare esecuzione. Sono gli organi tecnici, ovvero i custodi, che devono indicare modalità e tempi”. Anche perché, conclude Sebastio, “non abbiamo un fine particolare, noi vogliamo solo una cosa: applicare le norme”: che quando si parla di Ilva, inquinamento, economia, acciaio e profitto, magicamente scompaiono. Non da oggi, ma da sempre. Anche a discapito della salute di migliaia di operai e cittadini.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 28 settembre 2012)

 

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