TARANTO – A preoccupare lavoratori e sindacati, più che l’azione della magistratura, dovrebbe essere l’azienda, che imperterrita continua a divertirsi con il gioco delle tre carte, consapevole del fatto di avere tutti gli amici e i poteri che contano dalla sua parte. Ennesima dimostrazione della protervia del Gruppo Riva, quanto avvenuto ieri in Regione al tavolo tecnico che, in marito all’adozione del famoso “Piano contenente le prime misure per il risanamento della qualità dell’aria del quartiere Tamburi di Taranto per gli inquinanti benzo(a)pirene e Pm10”, ha effettuato nella mattinata di ieri la valutazione di merito sui piani attuativi presentati dalle varie aziende operanti nell’area industriale tarantina, in forza di una Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). I piani dovevano essere la risposta propositiva delle aziende rispetto alla necessità di ricondurre le emissioni entro i limiti come da provvedimento adottato dalla Giunta Regionale nello scorso mese di luglio.

La spinta per muoversi in tale direzione, è arrivata perché anche le nostre istituzioni possono far finta di non vedere sino ad un certo punto: specie dopo il superamento nel triennio 2009/10/11 del valore obiettivo di concentrazione per il benzo(a)pirene (1 ng/m3) e della concomitanza del superamento dei giorni ammissibili di concentrazione massima giornaliera per il PM10 nel quartiere Tamburi (quest’anno già superato per quanto riguarda la centraline di via Machiavelli). Chi il colpevole di tutto ciò? Nel testo del piano, ovviamente, non vengono fatti nomi e cognomi: si legge infatti che lo stato dell’aria viene “influenzato principalmente dalle sorgenti della zona industriale di Taranto e Statte”. Inoltre, sempre per non urtare la suscettibilità di qualcuno, si informa come “l’iter di redazione del piano ha avuto anche delle fasi di confronto con alcuni dei soggetti industriali coinvolti per recepire anche delle proposte tese a ridurre le emissioni”. Questi fantomatici “alcuni soggetti industriali”, altro non sono che Eni e Cementir, visto che l’Ilva abbandonò i tavoli tecnici sull’argomento in tempi non sospetti.

Ma dopo il sequestro preventivo del GIP, molto è cambiato. E il Gruppo Riva è stato “costretto” dagli eventi ad accettare questo fantomatico piano: il 31 agosto scorso, in un incontro con i tecnici dell’Arpa Puglia, l’azienda promise di aumentare da 4 a 6 le centraline per il monitoraggio dell’aria all’esterno dell’Ilva. Del resto, nessuno può più ignorare o negare che la stragrande maggioranza del PM 10 e del benzo(a)pirene presente nell’aria della città, a partire proprio dal quartiere Tamburi, sia prodotto dall’Ilva. Come si ricorderà però, il testo del piano pensato in Regione, aveva dei passaggi davvero spassosi: “Nei giorni di particolare criticità climatica, i cosiddetti ‘Wind Days’, all’attività di cokeria viene prescritto di ridurre le operazioni di caricamento, sforamento e spegnimento di un 10%”: senza però chiarire chi sarebbe dovuto entrare nell’Ilva e controllare che nel reparto cokeria si riduca l’attività del 10%. Così come non è chiaro ancora oggi come si fa a stabilire quando un giorno potrà essere considerato effettivamente un “wind days” e quando invece no: probabilmente, anche in questo caso, si convocherà un tavolo tecnico per decidere il da farsi, nella speranza che il vento non cessi di soffiare prima che la seduta venga sciolta. Sempre nel testo si legge: “a tutte le attività industriali presenti nell’area e soggette ad AIA che presentano materiali polverulenti stoccati in aree esterne, viene prescritto di ridurre la movimentazione dei materiali stoccati all’esterno, filmare o bagnare in maniera doppia rispetto al solito le materie prime, ridurre del 50% la velocità dei mezzi su pista all’interno degli stabilimenti e, infine, di ridurre del 10% il flusso di massa di emissioni in aria per gli inquinanti del Piano”.

Poi, per consentire “la progressiva e definitiva diminuzione delle concentrazioni di PM10 in aria ambiente”, il piano prevede qualcosa di ancora più indefinito: ovvero che le aziende (quali?) “provvedano alla completa copertura degli stoccaggi esistenti all’aperto. In attesa che ciò avvenga, gli accumuli di materiale dovranno essere delocalizzati in zona sufficientemente lontana dal centro abitato e dalla strada che separa il rione tamburi dallo stabilimento Ilva o ridotti del 19% rispetto alla giacenza media del 2011 allo scopo di limitare l’altezza massima dei cumuli e la conseguente asportazione di polveri per l’azione del vento”.

Probabilmente la Regione, in primis l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, ha creduto davvero al cambio di rotta operato dall’Ilva con l’ingresso di Bruno Ferrante a capo del Cda dell’azienda. Ed invece, nonostante tutto quello che sta avvenendo in questi giorni, l’azienda continua ad essere latitante per quanto concerne gli impegni presi e quelli ancora da prendere.   “Devo dire che molte aziende hanno risposto in termini collaborativi presentando relazioni tecniche dettagliate e compatibili con le finalità del piano”, ha commentato Nicastro al termine della riunione del tavolo tecnico a cui hanno partecipato i tecnici dell’assessorato, di Arpa Puglia, di Asl territoriali ed enti locali interessati. Ma come detto, non tutto è andato per il verso giusto. “Dobbiamo tuttavia rilevare – ha dichiarato Nicastro – le carenza della documentazione presentata da Ilva che ha inteso procrastinare ulteriormente persino interventi relativamente semplici come la riduzione dei cumuli dei parchi minerali oltre che, ovviamente, guardarsi bene dal definire un pur necessario crono programma per la copertura dei parchi minerali.

Dal punto di vista dei provvedimenti amministrativi le valutazioni tecniche effettuate dal tavolo quest’oggi verranno trasmesse immediatamente al Ministero anche in previsione della convocazione della commissione AIA di domani. E’ ovvio che diventa complicato parlare di ambientalizzazione e di tutela dei livelli occupazionali senza segnali concreti, senza formali assunzioni di impegni rispetto a precise prescrizioni sulla riduzione delle emissioni convogliate, sulla riduzione dei cumuli, sulla copertura dei parchi, sul contenimento degli inquinanti provenienti dalle cokerie”. Ma davvero la Regione credeva possibile che l’Ilva avrebbe presentato un progetto di copertura dei parchi minerali o di riduzione dei cumuli al tavolo tecnico di ieri? Ma dove vivono, sulla Luna? L’Ilva non ha presentato un progetto di copertura dei parchi e di riduzione dei cumuli né ai custodi giudiziari né alla Procura, e doveva presentarlo ad ARPA e Regione Puglia?

“Mentre gli altri attori, le altre aziende presenti nell’area, gli enti locali e l’Autorità portuale si mostrano sensibili al problema e propongono soluzioni, in un proficuo contraddittorio tecnico mirante a contenere la pressione ambientale e limitare gli sforamenti, da Ilva, purtroppo, abbiamo ricevuto differimenti negli impegni al 2014 nella migliore delle ipotesi quando non laconici ‘non si può fare’. La valutazione effettuata dal tavolo tecnico e comunicatami in mattinata – ha concluso Nicastro – mi spinge a chiedere all’azienda atti concreti. L’ambientalizzazione si deve fare con investimenti e tempi certi non con proclami o buone intenzioni. La sensazione che abbiamo è che pur con un cambio di stile che va riconosciuto nella sostanza l’atteggiamento dell’azienda sia tutto sommato lo stesso di prima!”. Ancora non abbiamo capito se parlano sul serio o se recitano in maniera mirabile: a voi l’ardua scelta.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 25 settembre 2012)

 

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