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Tumori a Taranto, dati senza appello – Pubblicato lo studio dei periti incaricati dal Gip

TARANTO – Nel momento in cui si va stringendo giorno dopo giorno il cerchio intorno all’Ilva, Taranto si trova costretta a fare i conti per la prima volta nella sua storia, con una diffusione quasi bulimica di dati che attestano il dramma vissuto da un intero territorio negli ultimi 60 anni. Dati che hanno il pregio di essere scientificamente attendibilissimi e che se non dimostrano ancora appieno il famoso nesso di causalità, certamente evidenziano una situazione sanitaria che da sola basterebbe per indurre tutti a scegliere un futuro senza la presenza di anche un solo impianto industriale. Scelta che al di là delle convinzioni di ognuno di noi, quasi certamente si renderà necessaria a breve: visto che il Gruppo Riva, una volta ottenuto il “no” scontato dal GIP Todisco in merito alla richiesta di avere la possibilità di un minimo di produttività come garanzia sul futuro industriale dell’azienda, provvederà a smobilitare 15 anni prima del previsto di quanto preventivato dall’ingegnere dell’acciaio. Torneranno comunque, non temete: ad attenderli c’è un lungo processo.

I dati, dunque. “Epidemiologia & Prevenzione”, rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, ha anticipato online la pubblicazione dello studio condotto Francesca Mataloni, Massimo Stafoggia, Ester Alessandrini e Francesco Forastiere del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale Lazio; Maria Triassi dell’Università degli Studi di Napoli Federico II; Annibale Biggeri del Dipartimento di statistica G. Parenti, Università degli Studi di Firenze – Unità di biostatistica, Ispo, per il GIP del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, nel corso del procedimento riguardante l’Ilva di Taranto (R.G.N.R. N. 938/10 – 4868/10 G.I.P. N. 5488/10 – 5821/10). Lo studio, condotto su una coorte di più di 300.000 persone, mostra un aumento delle ospedalizzazioni e della mortalità nei quartieri più vicini agli impianti, anche dopo aver tenuto conto dei differenziali sociali.

La mortalità per tutte le cause aumenta dell’8-27% (a seconda dei quartieri), i tumori maligni aumentano del 5-42%, le malattie cardiovascolari del 10-28%, e le malattie respiratorie dell’8-64%. Si tratta della parte descrittiva dei dati su cui si basa la perizia epidemiologica svolta per conto della magistratura, che oggi diventa accessibile in un articolo scientifico passato al vaglio della revisione tra pari (metodo usato dalla comunità scientifica per la valutazione degli articoli scientifici). Questi dati sono in possesso della magistratura dal 30 marzo, data in cui si è svolto l’incidente probatorio. Dallo studio sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati, per alcune patologie, per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte. Soprattutto a Tamburi e Paolo VI – i quartieri limitrofi all’Ilva – si registra un eccesso di ricoveri che dal +20% raggiunge anche il +400%.

Una percentuale impressionante, anche se legata a un numero ristretto di ricoveri: 33 per pneumoconiosi, malattia provocata da inalazioni di polveri. L’eccesso del tasso di ospedalizzazione, anche se in percentuali minori, riguarda tutte le patologie: dalle malattie cardiovascolari ai tumori maligni, dalle infezioni delle vie respiratorie alle malattie dell’apparato digerente. Numeri che vanno di pari passo a quelli legati alla mortalità: ad esempio, nella zona Paolo VI si registra, tra i maschi, un eccesso di mortalità per tumori maligni pari al 42%. L’analisi prende in riferimento tre periodi: 1998-2001, 2002-2005, 2006-2010. La coorte è composta da 321.356 persone (157.031 maschi, 164.325 femmine). “L’84,9% dei soggetti – si legge nello studio -era già presente al 1 gennaio 1998 e il 39,1% abitava nella stessa residenza del reclutamento da più di 20 anni. L’indagine ha messo in evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalità/morbilità totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie dell’apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) con eccessi nelle classi più svantaggiate.

Anche dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte”. “L’analisi per quartiere – spiegano i ricercatori – è basata sull’ipotesi che quelli situati vicino all’area industriale siano caratterizzati da un livello di inquinamento atmosferico più elevato”: il famoso nesso di causalità. E i risultati ottenuti, sembrano supportare fortemente questa ipotesi. “Anche dopo aver considerato i determinanti sociali,Tamburi (Tamburi, Isola, PortaNapoli, Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e Statte hanno mostrato una mortalità totale più elevata (in particolare Tamburi e Paolo VI per entrambi i sessi) rispetto al riferimento”. Scendendo più nello specifico, i ricercatori scrivono che “il differenziale maggiore nei maschi è stato osservato a Paolo VI, con eccessi importanti per tumori maligni (+42%), tra cui il pancreas e il polmone, malattie cardiovascolari, respiratorie e del sistema digestivo.

Nel quartiere Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro) si è riscontrato un eccesso di tumori maligni nei maschi (specie la prostata) e di malattie cardiovascolari, in particolare l’infarto del miocardio. Nelle donne residenti a Paolo VI, gli eccessi sono dovuti alle patologie tumorali, in particolare del fegato, e alle malattie cardiovascolari e dell’apparato digerente”. Dati sconvolgenti anche per quanto concerne i ricoveri. I numeri sulla mortalità, come detto, trovano conferma in quelli legati ai ricoveri. “L’analisi – si legge – indica Tamburi (con Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro) e Paolo VI come i quartieri in cui lo stato di salute della popolazione è più compromesso, con eccessi compresi tra 20% e il 400% (pneumoconiosi nel quartiere Paolo VI) rispetto alle altre zone della città”.

“Anche tenendo conto degli effetti della stratificazione sociale – scrivono i ricercatori – la situazione sanitaria in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri non e’ risultata uniforme nella città. In particolare, tassi più elevati sono stati osservati nei quartieri Paolo VI e Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro). Gli eccessi sono dovuti ai tumori, alle malattie cardiovascolari e respiratorie. E’ da sottolineare che una quota dei residenti in studio, specie nel quartiere Paolo VI, è stata occupata nelle aziende dell’area industriale; questa potrebbe essere una possibile spiegazione per alcuni eccessi di mortalità/morbosità riscontrati (per esempio, negli uomini, per pneumoconiosi e tumore della pleura). Per i dubbiosi o gli scettici, i ricercatori spiegano come “il presente studio ha diversi punti di forza (novità dell’indagine epidemiologica rispetto alla letteratura dell’area in studio, rigore nell’arruolamento della coorte e della caratterizzazione anagrafica, buona disponibilità dei dati sulla storia residenziale e di georeferenziazione), ma vi sono alcuni aspetti metodologici che richiedono una discussione approfondita”.

L’accertamento dello stato in vita dei soggetti della coorte al 31 dicembre 2010 è stato effettuato utilizzando gli archivi anagrafici dei comuni in studio. Per i soggetti deceduti dal 1998 al 2008 la causa di morte (classificata secondo la IX revisione ICD) è stata attribuita con una procedura di record linkage con il Registro nominativo delle cause di morte della ASL di Taranto: “Per quanto riguarda la qualità dei dati sanitari è da sottolineare che la validità delle informazioni sul decesso è stata ottimale: è stato recuperato il 98% delle cause di morte grazie al linkage dei dati anagrafici con il database della Asl. I risultati relativi alla mortalità si possono considerare dunque molto affidabili. Il discorso è più articolato per i ricoveri ospedalieri, per i quali manca uno standard italiano di qualità”. Lo studio dei ricercatori, tra i pilastri dell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Taranto contro l’Ilva, ne segue altri in cui la città di Taranto è stata considerata in diversi studi multicentrici sugli effetti a breve termine dell’inquinamento.

Il più recente è lo studio EpiAir, successivo allo studio MISA (Metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico) e allo studio SISTI (Studio italiano suscettibilità temperatura e inquinamento) che hanno valutato l’effetto acuto dell’inquinamento atmosferico sulla salute della popolazione di diverse città italiane. Lo studio EpiAir ha valutato gli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico in 10 città italiane nel periodo 2001-2005: ha stimato che per un aumento di 10 μg/m3 di concentrazione di PM10 il rischio di mortalità per cause naturali aumentava complessivamente dello 0,69%; percentuale che raggiungeva 1,59% considerando la mortalità per malattie dell’apparato respiratorio. Le analisi di ospedalizzazione hanno evidenziato un impatto considerevole del PM10 sui ricoveri per malattie cardiache (0,70%). Questi numeri parlano prima di tutto ai nostri cuori e alle nostre vite. Sono la nostra storia, la nostra memoria. Sono il nostro passato e il nostro presente. Ma rischiano di essere anche il nostro futuro. Di parole ne abbiamo già dette e scritte tante, forse troppe. Ora ci vogliono i fatti. Che si chiamano alternative economiche, risarcimento danni e bonifiche. Da pretendere e ottenere, a qualunque costo. Tutto il resto, acciaio compreso, non conta più niente.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 21 settembre 2012)

 

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