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“Non un altro bambino”

TARANTO – “La grave ed attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria, imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive dell’Ilva, impone l’immediata adozione – a doverosa tutela di beni di rango costituzionale che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta quali la salute e la vita umana – del sequestro preventivo dei predetti impianti funzionale alla interruzione delle attività inquinanti. Ciò, affinché – considerate le inequivocabili e cogenti indicazioni affidate alla valutazione dell’Autorità Giudiziaria dalle perizie espletate e dagli ulteriori accertamenti svolti nel corso delle indagini – non un altro bambino, non un altro abitante di questa sfortunata città, non un altro lavoratore dell’ILVA, abbia ancora ad ammalarsi o a morire o ad essere comunque esposto a tali pericoli, a causa delle emissioni tossiche del siderurgico”.

Così scriveva il GIP Patrizia Todisco nell’ordinanza di sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo, lo scorso 25 luglio. Dunque, l’obiettivo finale è chiaro e non lascia alcun fraintendimento di sorta: non un altro bambino, non un altro abitante, non un altro lavoratore. Punto. E se così deve essere, alternative non ce ne sono: specie dopo le dichiarazioni di ieri di Ferrante, che ha detto chiaramente come un minimo di inquinamento deve essere messo comunque nel conto. Ecco perché, al di là di tutto, la vera, unica alternativa per il futuro di questa città, è senza la presenza della grande industria: a cominciare dall’Ilva. Anche perché, che la situazione sia ancora intollerabile e ingiustificabile lo dimostrano, oltre che le perizie dei chimici e degli epidemiologi, i dati sui bambini di Taranto. Città nella quale “si spende il doppio di quanto si faccia altrove per l’acquisto dei farmaci con cui curare i bambini da bronchiti asmatiche. Ad essere maggiormente colpiti da questo sono soprattutto i bambini del quartiere Tamburi. E questo dà la misura di quali siano le condizioni di salute della popolazione in età pediatrica”. A dichiararlo è stato il direttore della struttura complessa di Pediatria del SS. Annunziata, Giuseppe Merico, alla vigilia delle “IV Giornate Joniche di pediatria”, iniziate ieri e che termineranno oggi.

Ma il dramma, quello vero, quello che si respira nelle corsie del Moscati e del SS. Annunziata, è ben altro. “Quest’anno – ha dichiarato Merico – ci sono stati già tre casi di leucemia”. Non è possibile descrivere e quantificare il dolore di un genitore di fronte ad uno scenario del genere. Così come non è accettabile, per nessuna ragione economica o sociale che sia, che ciò continui ad accadere nella nostra città. Ma è possibile altresì sottolineare la grandissima dignità con cui le famiglie tarantine convivono con questi drammi: da decenni. E ieri sera, presso la sala “Italia” del centro congressi dell’Hotel Mercure, era tanta l’attesa per la relazione sul tema dei tumori infantili, del dott. Nicola Santoro, che con la sua equipe di lavoro a Bari, ha fatto un lavoro certosino di ricerca in tutto il territorio italiano. Ed anche se non sono stati presentati dati esaustivi, la conclusione della relazione è stata ancora una volta eloquente: nella provincia di Taranto l’incidenza dei tumori infantili è la più alta della Regione Puglia.

Il dottor Merico, così come Patrizio Mazza, primario di ematologia, da anni denunciano i tanti bambini che ogni anno vengono ricoverati per neoplasie: leucemie o tumori solidi al cervello. D’altronde, lo hanno scritto anche i periti epidemiologi nella loro relazione peritale, ripresa dal GIP nella sua ordinanza: “risulta inoltre significativamente in eccesso la mortalità per tutti i tumori in età pediatrica (0-14 anni)”. Parliamo di decine di bambini a cui abbiano consapevolmente scippato il diritto primario alla salute. Incominciandoli ad avvelenare già nel periodo di gestazione. Per poi relegarli in un letto di un ospedale nella loro città o chissà dove. Con la speranza che in qualche modo si possano salvare e possano provare a vivere una vita “normale”.

Ma nel frattempo li abbiamo privati dell’infanzia. Le gioie, le emozioni, gli istinti degli anni in cui si scopre la vita e il mondo. Ed abbiamo gettato nella disperazione decine di genitori che sono chiamati ogni giorno a lottare con il senso di colpa per non essere andati via prima. Per non averci pensato prima. E’ incredibile pensare che abbiamo tollerato e continuiamo ancora oggi a tollerare tutto ciò. Ma come si fa ad avere ancora dubbi su quale strada prendere? Come facciamo a parlare ancora di PIL, di economia, di dati, cifre, tonnellate di acciaio prodotto, di importazioni, esportazioni, di AIA, di prescrizioni, di parchi, camini, cokerie, forni, polveri e quant’altro? Come facciamo a non renderci conto che stiamo parlando del nulla di fronte ad un qualunque bambino di Taranto che si ammala sin dalla nascita? Con quale coraggio, con quale coscienza continuiamo ad avere paura del futuro pur avendo la consapevolezza che tanti bambini quel futuro non lo vedranno mai? Ma dove sta scritto che un bambino, nel momento magico dell’allattamento, a Taranto deve nutrirsi di latte alla diossina? Perché una madre non può gioire, essere serena mentre svolge l’attività più pura del mondo? Perché deve convivere con l’atroce dubbio?

Al convegno di ieri, erano tante la mamme e le donne presenti. Ma non c’era nessun politico. Nessun sindacalista. Nessun imprenditore della Taranto bene. Nessun ambientalista. Nessuno dei vari movimenti cittadini. Ed è forse questo il dramma peggiore: il non essere ancora in grado, nemmeno di questi tempi, di un sentire comune. Di farci carico del dolore e delle sofferenza altrui come bagaglio ed esperienza collettiva per prendere in mano le redini del nostro futuro. Restiamo ognuno rinchiuso nel proprio recinto di idee, di sogni, di volontà inespresse, di voglia di cambiare, senza riuscire a fare quel passo in più che ci consentirebbe di spazzar via in un sol gesto tutto l’esistente. Senza compromessi. Senza trattative. Senza indugio alcuno.

Non un bambino di più. Se davvero questo è il nostro sogno ed allo stesso tempo il nostro obiettivo, ognuno di noi sa perfettamente quello che deve fare e pensare da oggi in poi. Non si può avere paura di scegliere di fronte agli occhi di un bambino malato. Non si può indugiare di fronte al dolore di un genitore se quel figlio tanto atteso e voluto è volato via. Probabilmente porteremo per sempre la colpa di non aver agito prima. Di aver fatto finta di nulla per tanti anni. Ma abbiamo ancora la possibilità di riscattarci. C’è ancora il tempo per scrivere un futuro diverso. Non per noi, ovvio. Ma per tutti quei bambini che ancora devono venire al mondo. Perché forse noi abbiamo sprecato troppe occasioni. Ma loro hanno ancora il diritto, inalienabile, di vivere. Felici e in salute. E di vivere nella loro bellissima Taranto. Senza veleni, senza fumi, senza più dolore. Se riusciremo a rendere possibile tutto questo, avremmo fatto un favore a loro. Al mondo. Ed anche a noi stessi. “Nella nostra infanzia c’è sempre un momento in cui una porta si apre e lascia entrare l’avvenire”.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 15 settembre 2012)

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