Si svolgerà prima un incontro riservato ai rappresentanti istituzionali; poi gli stessi s’incontreranno con il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante; chiuderà la serie di incontri quello tra i rappresentanti istituzionali, sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL nazionali, regionali e di comparto, di Confindustria e lo stesso Ferrante. Al Tavolo istituzionale sono stati invitati i parlamentari Raffaele Fitto, Nicola Latorre, Pasquale Nessa, Salvatore Ruggeri e Ludovico Vico, il vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella e gli europarlamentari Raffaele Baldassarre, Paolo De Castro, Niccolò Rinaldi, Sergio Silvestris e Salvatore Tatarella. Inoltre sono stati anche invitati gli onorevoli Amalia Sartori, componente dell’Ufficio di Presidenza della Commissione europea e presidente della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (ITRE) e Perech Bores, Presidente della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali (EMPL).
Vero motivo del tavolo istituzionale, provare a trovare il prima possibile una via d’uscita al caso Ilva, prima che sia troppo tardi. Non è un caso infatti la presenza di Tajani e dei rappresenti europei: perché l’ultima idea partorita dai nostri prodi e da Ferrante, è che l’Ilva già oggi potrebbe usufruire dei finanziamenti della BEI (Banca europea per gli investimenti). Un po’ come avvenuto nel caso della Cementir della famiglia Caltagirone, che ha ottenuto un finanziamento di ben 90 milioni di euro per costruire la “Nuova Italia”, che sorgerà sulle ceneri dell’attuale cementificio tarantino. D’altronde, politici e sindacati sanno fin troppo bene che il Gruppo Riva non accetterà mai di investire centinaia di milioni di euro per ammodernare uno stabilimento sotto sequestro, senza facoltà d’uso in termini di produzione e con il concreto rischio di dover comunque ridurre i livelli produttivi per rientrare nei limiti previsti per le emissioni.
Se tutto questo dovesse realizzarsi, infatti, il Gruppo Riva perderebbe la sua competitività sul mercato, oltre a veder diminuite le proprie entrate: insomma, il gioco non vale la candela. Ed allora ecco l’idea che potrebbe rabbonire il patron Emilio: finanziamenti europei per gli interventi da apportare sugli impianti, per ammortizzare le spese. Il ruolo della BEI infatti, è chiaramente espresso dal testo della normativa europea (artt. 198D e 198E che riprendono e modificano gli originali articoli 129 e 130) come rivista a seguito dell’approvazione del Trattato di Maastricht: attinge al mercato dei capitali ed alle proprie risorse, per finanziare attraverso “prestiti e garanzie”, “progetti contemplanti l’ammodernamento o la riconversione d’impresa oppure la creazione di nuove attività richieste dalla graduale realizzazione del mercato comune che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere interamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri; progetti d’interesse comune per più Stati membri che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere completamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri”.
La cosa “divertente”, è che i progetti sostenuti dalla BEI devono contribuire allo sviluppo economico e sociale dei paesi membri dell’UE portandolo ad un medesimo livello: per tale motivo la Banca effettua i propri investimenti principalmente “nelle zone più povere o dove si riscontrano le maggiori carenze strutturali all’interno dell’UE”. Le nostre istituzioni, invece, vogliono “aiutare” uno dei gruppi industriali europei più solidi del Vecchio continente. Sempre nel pomeriggio di domani invece, alle 16, il ministro dell’ambiente sarà a Taranto per incontrare i rappresentanti di alcune associazioni cittadine e ambientaliste. Mentre il comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti” ha organizzato un sit-in in piazza della Vittoria, a partire dalle 10.30. E’ invece slittato a martedì il voto finale della Camera sul decreto legge per il risanamento ambientale di Taranto. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. L’esame degli emendamenti al decreto, si è conclusa nel primo pomeriggio. Poi sarà la volta dell’illustrazione degli ordini del giorno che saranno posti in votazione martedì dalle 15. Il voto finale sul provvedimento, che poi deve passare al Senato, è in programma entro le 20 dello stesso giorno.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 14 settembre 2012)
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