“In occasione dell’incontro previsto con le associazioni oggi pomeriggio a Taranto per discutere del futuro della città, Legambiente consegnerà al ministro Corrado Clini un documento con 26 proposte per rendere l’Autorizzazione integrata ambientale da rilasciare all’Ilva uno strumento per abbattere concretamente il rilevante impatto ambientale del polo siderurgico.
Ventisei punti irrinunciabili che riguardano l’attuazione dell’accordo di programma, il contenimento della capacità produttiva, gli interventi da realizzare in diverse parti dell’impianto (cokeria, agglomerato, acciaieria, parchi minerali, la centrale elettrica CET 2), il controllo e il monitoraggio, la bonifica dell’area, gli scarichi idrici, gli adempimenti riguardanti la direttiva Seveso, la tutela dei lavoratori, oltre allo studio di fattibilità di altre modifiche impiantistiche.
“Taranto ha bisogno di voltare pagina rispetto a un passato caratterizzato da un insostenibile inquinamento ambientale e da pesantissime ricadute sanitarie – commenta Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente – ma questo sarà possibile solo se il ministero dell’Ambiente cambierà passo, chiudendo la stagione delle blande autorizzazioni concordate con l’Ilva e delle bonifiche pianificate ma mai concretamente realizzate”.
“Le prossime settimane saranno fondamentali per capire quale sarà il futuro della città di Taranto – aggiunge Ciafani -. Per abbattere drasticamente l’inquinamento dell’Ilva serve archiviare la vergognosa AIA rilasciata dal ministero dell’ambiente nell’estate del 2011 con una nuova rigorosa autorizzazione che sgombri il campo anche da tutte le ombre del passato di commistione tra l’operato del pubblico (membri del ministero e della commissione AIA, a partire dal presidente Ticali) e del privato (Ilva) emerse chiaramente dall’indagine della Procura. Ma a questo si deve aggiungere anche una forte spinta da parte del ministero per far partire concretamente, a ormai 14 anni dall’inserimento di Taranto nel Programma nazionale di bonifica, il risanamento delle aree pubbliche inquinate, dal quartiere Tamburi alle aree a mare, senza sperperare i finanziamenti pubblici previsti dal recente decreto e garantendo che ai soldi dello Stato si aggiungano subito quelli delle aziende che hanno inquinato e che devono pagare per il risanamento di loro competenza. Solo in questo modo si garantirà un futuro diverso alla popolazione tarantina e alle attività produttive pesantemente minacciate dall’inquinamento industriale, come la pesca, gli allevamenti e l’agricoltura”.
“Per diversificare l’economia tarantina – sottolinea Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto – servono investimenti per creare alternative concrete al “monopolio” dell’industria pesante. È indispensabile un accordo di programma che mobiliti investimenti adeguati, oltre a quelli – insufficienti – previsti dal Decreto per Taranto, che garantiscano ad esempio il decollo e il consolidamento dell’attività portuale e di quella retroportuale (con l’urgente rifinanziamento del distripark) in primo luogo, nonché il progetto di Taranto Smart Area, la cui copertura finanziaria è ancora tutta da definire. Parallelamente occorre mettere in atto tutti gli interventi sanitari necessari, come screening, indagini epidemiologiche, presidi di prevenzione e cura, per affrontare l’emergenza sanitaria del territorio, oltre a garantire trasparenza, controlli e monitoraggi costanti sulle decisioni che verranno prese, a partire dalla nuova AIA, sulla loro attuazione, sul mantenimento e miglioramento degli standard ambientali definiti”.
“Per Legambiente – concludono Ciafani e Franco – l’obiettivo prioritario è ridurre, drasticamente e nei tempi più rapidi, l’ammontare annuo e le concentrazioni dei vari inquinanti immessi nell’ambiente dall’Ilva e dagli altri impianti industriali presenti nel territorio, non solo attraverso l’adozione delle migliori tecnologie disponibili, ma anche con il ricorso alle migliori tecnologie in assoluto e con prescrizioni che impongano limiti di emissione molto più rigorosi rispetto a quelli previsti dalle legislazioni nazionale e regionale, mirando a ridurre al minimo l’inquinamento. Solo in questo modo sarà possibile far convivere in modo sano e duraturo l’ambiente e la salute con il lavoro”.
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