Incidente all’Eni, i dubbi di Legambiente sui certificati antincendio
TARANTO – “L’incidente ad una tubazione della raffineria con relativo incendio e sprigionamento di una lunga cortina di fumo è l’ultimo di una lunga serie che ha coinvolto lo stabilimento ENI negli ultimi anni. Si ricordano l’incendio al nuovo impianto di idrocracking (aprile 2010) ed altri di diversa portata (1° Maggio 2006, 12 Ottobre 2007/ ecc ) a cui si associano quelli accaduti a navi attraccate al porto ed allo stabilimento Ilva. Questo contesto di rischio permanente per cittadini e lavoratori è sempre più insostenibile.
In questo contesto intollerabili sono i forti ritardi istituzionali nell’applicazione della direttiva “Seveso” sul territorio. La popolazione non è informata sulle norme da seguire in caso di incidente rilevante. Il piano di emergenza esterno non è stato ancora adeguato da parte della Prefettura. Nel merito vistose sono le responsabilità della stessa ENI. Forti sono i suoi ritardi accumulati nell’adempimento degli obblighi previsti dalla stessa direttiva “Seveso” e dalle norme in materia di prevenzione antincendio. Il rapporto di sicurezza presentato dall’ENI nel 2005 è stato infatti bocciato dal Comitato Tecnico Regionale.
Ne è seguita un’istruttoria trascinatasi sino al marzo scorso (7 anni!) quando si è conclusa con una serie di prescrizioni in merito al cui assolvimento occorre siano fornite alla popolazione le necessarie informazioni. Non solo. Secondo quanto riportato in una nota del Comando provinciale dei vigili del fuoco del 1° giugno scorso in risposta a una formale richiesta di informativa di Legambiente, l’azienda non sarebbe ancora in possesso dei certificati di prevenzione antincendio, addirittura scaduti il 27 Dicembre 1988 per la raffineria ed il 30 Giugno 1997 per l’annesso deposito GPL.
E’ del tutto intollerabile che un’azienda di questa portata, anche in possesso delle certificazioni EMAS ed ISO 14001, possa operare sul territorio senza essere in perfetta regola con le normative vigenti in materia di rischio. Allo stesso tempo Comune e Prefettura devono a loro volta mettersi in regola con gli adempimenti previsti dalla stessa direttiva “Seveso” per quanto di loro competenza (informazione e consultazione della popolazione, variante urbanistica, ecc). Rispetto all’ultimo incidente accaduto occorre che siano accertate eventuali responsabilità penali e civili dell’azienda anche in riferimento ai gravi danni causati ad un lavoratore (cui ovviamente va tuta la solidarietà di Legambiente) ed alla popolazione”.
Lunetta Franco (presidente del Circolo Legambiente di Taranto)
Leo Corvace (direttivo Legambiente Taranto)