Incendio in Raffineria, l’ennesimo regalo dell’Eni

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TARANTO – Sono le dieci di una mattina qualunque di settembre. Taranto è ancora baciata da un caldo sole estivo, il cielo è come sempre blu, con un po’ di foschia a far da compagnia a nuvole leggere e lontane. Nella zona industriale si lavora come sempre: l’Ilva appare più silente del solito (d’altronde stanno “producendo” al minimo), mentre l’Eni, in attesa di presentare il nuovo progetto per la centrale Enipower e di iniziare i lavori per il progetto Tempa Rossa, lavora “tranquillamente” ai suoi affari. Poi, improvvisamente, qualcosa va storto. Ed una colonna di fumo denso e nero si leva a macchiare ancora una volta l’orizzonte di Mar Grande. L’ennesimo incidente per un’azienda che è bene ricordare essere al 30% di proprietà statale, ma che appare inespugnabile e impenetrabile nemmeno si trattasse di una base segreta della NATO. Che qui a Taranto ha anche i suoi, notevoli e silenti interessi. fortuna vuole che l’incidente non è di grande entità e che i Vigili del Fuoco e del distaccamento interno allo stabilimento sono bravissimi nel circoscrivere l’incendio.

Ma la notizia peggiore, l’ennesimo schiaffo a questo territorio, l’ennesima ferita per la sua popolazione, in quello che si classifica come l’ennesimo incidente nella storia della raffineria, un operaio ha avuto la peggio. Luigi Ancora, 44 anni – è rimasto ustionato ed è stato ricoverato in prognosi riservata nell’ospedale “Perrino” di Brindisi. In un primo momento l’operaio era stato trasportato nell’ospedale “Santissima Annunziata” di Taranto, ma per la gravità delle condizioni, il personale medico ne ha disposto il trasferimento al Centro Grandi Ustionati di Brindisi. Ma l’Eni nella sua nota ufficiale, ha derubricato l’infortunio come il solito tono freddo e distaccato: l’operaio “è stato marginalmente coinvolto dall’evento”.

Sino a tarda sera, le ipotesi sull’incidente sono state diverse. Poi, a “chiarire” il tutto è stata una nota ufficiale dell’azienda. L’incendio avvenuto nello stabilimento Eni Refining & Marketing, “si è verificato – si legge nella nota – in corrispondenza di una tubazione a sud del serbatoio T3148 esternamente al bacino di contenimento”. “Nell’area – aggiunge l’Eni – era in corso l’attività di isolamento della tubazione, finalizzata all’inserimento di valvole controllabili da remoto, in ottemperanza a una specifica prescrizione del Comitato Tecnico Regionale. Durante questa fase, che prevede l’apertura della tubazione, il prodotto (benzina) ha trovato un innesco che ne ha causato la combustione per ragioni ancora in fase di accertamento. La combustione si è protratta per circa 15 minuti e ha causato una colonna di fumo visibile all’esterno”. La quantità di prodotto combusto è stato stimato in circa un metro cubo di benzina. Per fortuna l’incendio non ha coinvolto i serbatoi e gli impianti della Raffineria (altrimenti chissà cosa sarebbe potuto succedere), “la quale è regolarmente in marcia” si rallegrano dall’Eni. Che conclude la sua stringata nota stampa scrivendo che “la società fornirà ulteriori delucidazioni, una volta completati i primi accertamenti”.

Per quanto riguarda le ripercussioni sull’ambiente, dopo l’incidente, la centralina di monitoraggio di via Machiavelli, situata al rione Tamburi di Taranto, ha rilevato un aumento dei valori di benzene in concomitanza con l’incendio. Sono stati i tecnici dell’Arpa Puglia di Taranto ad accertarlo nell’ambito dei controlli avviati per verificare eventuali ripercussioni dal punto di vista ambientale non solo per l’aria, ma anche per il suolo e la falda acquifera. La nube nera si è creata quando ha preso fuoco la benzina. L’Arpa sta compiendo gli accertamenti anche per comprendere se gli interventi di manutenzione in atto abbiano rispettato la corretta procedura per la prevenzione ambientale. Questo è soltanto l’ultimo di una serie di incidenti che si sono verificati negli ultimi anni presso la raffineria di Taranto, situata a poche centinaia di metri dall’Ilva e dalla Cementir: e pensare che ancora oggi c’è chi, e sono tanti e a volte anche insospettabili, parla di eco-compatibilità tra grande industria e territorio ionico.

Che insegue il miraggio di investimenti miliardari da parte dell’Ilva che il Gruppo Riva non effettuerà mai, dell’Eni e della Cementir che sino ad oggi hanno basato i loro interventi soltanto se per un ritorno economico, illudendosi di seguire questa terza via post era industriale, salvando lavoro, ambiente e salute: senza capire che stanno condannando ancora una volta questo territorio ad un futuro di malattie e morte. Il futuro di Taranto deve essere senza la grande industria: e le alternative economiche da inseguire ed immaginare tutti insieme, non si chiamano “Nuova Cementir Italia”, nuova centrale Enipower, “Tempa Rossa” o Ilva che produce acciaio “pulito”.

Gianmario Leone (TarantoOggi dell’11 settembre 2012)

ALTRO CHE “RIPARTI CON ENI”. SONO ALMENO 400 I MILIONI REGALATI DAGLI ITALIANI, E DAI TARANTINI, AL COLOSSO PETROLIFERO “STATALE”

Sempre per restare in tema Eni, facendoci aiutare dagli amici del sito “altreconomia.it”, ci divertiamo a fare un semplice esercizio estivo: provare a stabilire chi, tra l’Eni e gli italiani, sia alla fine davvero “ripartito”. Per farlo però, bisogna compiere un piccolo passo indietro in questa afosa estate del 2012: esattamente al video della conferenza stampa di lancio dell’iniziativa di marketing “Riparti con Eni”, dello scorso 14 giugno 2012. L’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, dopo aver dipinto la sua azione come un ripercorrere il solco tracciato dal fondatore dell’azienda del cane a sei zampe, Enrico Mattei, in quell’occasione annunciava che l’azienda avrebbe distribuito, per un numero prestabilito di fine settimana (saranno 12 in tutto) carburante a prezzo scontato (“circa l’11%”) e che il Gruppo di Piazza Mattei, pur di “dare un passaggio agli italiani”, ci avrebbe addirittura rimesso economicamente: “ogni litro che mettiamo in più”, recitava il promo, “perdiamo di più”, calcolando che il presunto mancato guadagno sarebbe stato di 180 milioni di euro.

Terminata la reclame oltre che i week end inseriti nella promozione, è tempo di provare a fare i conti, anche se “altreconomia.it” ricorda come il colosso petrolifero italiano non abbia ancora oggi fornito i dati finali dell’iniziativa. Allora i calcoli li hanno i ragazzi di “altreconomia.it”. Partendo dal bilancio del 2011, in cui viene certificato come l’Eni, lo scorso anno, abbia venduto – nelle 4.700 stazioni sparse sul territorio italiano – poco più di 10,2 miliardi di litri di benzina e gasolio. Stando ai comunicati successivi all’iniziativa “Riparti con Eni” pare, perché esattezza non è possibile ottenere, che l’azienda guidata da Paolo Scaroni abbia venduto, nei 24 giorni in questione, presso le 3.300 stazioni aderenti (erano escluse quelle presenti sulla rete autostradale), 1 miliardo di litri, quindi “quintuplicando” – per quanto dichiarato dalla compagnia – le vendite relative agli stessi periodi delle settimane precedenti. Grazie al contributo di Martino Landi, presidente della Federazione Autonoma Benzinai Italiani (Faib) nonché distributore della stessa Eni, “altreconomia.it” è stata in grado di calcolare il fatturato complessivo registrato, al netto delle accise, dell’Iva e dell’esigua percentuale da riconoscere all’operatore.

Circa 856 milioni di euro. Se Eni non avesse applicato i prezzi scontati, moltiplicando i litri medi giornalieri al 2011 per 3.300 stazioni, supponendo che il prezzo del carburante fosse 1,8€ (cifra indicativa) avrebbe incassato – come detto al netto delle accise, dell’Iva e della percentuale da riconoscere al distributore – poco meno di 470 milioni di euro. Come si vede dunque, il sacrificio annunciato da Scaroni non si è affatto realizzato. In attesa del bilancio del 2012, bisogna senz’altro fare i complimenti all’Eni per la trovata pubblicitaria. Ed anche ai tantissimi tarantini che quest’estate hanno letteralmente preso d’assalto tutti i distributori Eni presenti in città e sulla rete stradale circostante (moltiplicatisi dopo aver acquistato tutte le stazioni di servizio della Basile Petroli), ignorando che in cambio di pochi centesimi, stessero facendo un favore economico ad un’azienda che, è bene ricordarlo sempre, sul territorio ionico non ha sin qui investito un solo euro. Incrementando, e non di poco, l’inquinamento generale grazie alle sue lavorazioni. Restando distante anni luce dalla città e dai suoi problemi. Pretendendo anche un raddoppio che per fortuna sino ad oggi ancora non si è realizzato.

Probabilmente, siamo ancora lontani, lontanissimi, dall’essere in grado di osservare la realtà con mente critica. Probabilmente, decenni di inquinamento regalato da un sistema economico che sta lentamente scomparendo, ha onnubilato definitivamente le menti di tutti noi. E mentre come tante pecorelle smarrite abbiamo passato l’estate intera ad affermare che “anche se inquinano almeno ci fanno pagare di meno la benzina”, il vero “passaggio” all’Eni lo hanno dato gli italiani: che continuano a soffrire maledettamente la crisi economica. Le nostre auto saranno senz’altro ripartite. Forse nelle nostre tasche sono rimasti qualche decina di euro. All’Eni invece, nella peggiore delle ipotesi, le abbiamo regalato ben 400 milioni di euro. Chapeau.

G. Leone  (TarantoOggi dell’11 settembre 2012)


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