Ilva, i sindacati temono il blocco della produzione
TARANTO – Dopo il summit in Procura di sabato scorso, l’Ilva si è chiusa in un lungo silenzio. Del resto, le ultime parole pronunciate dal presidente Ferrante al termine del vertice del 1 settembre, non lasciavano spazio a molti fraintendimenti per il futuro del siderurgico: “I magistrati inquirenti hanno dato indicazioni precise e operative, soprattutto sul contenimento delle emissioni. I provvedimenti parlano del sequestro degli impianti ai fini del risanamento e della messa in sicurezza. Nessuno ha mai pensato alla facoltà d’uso. Non è un termine che compare ma si parla di utilizzo a quei fini”. Eppure l’Ilva, ancora oggi, continua il suo ciclo produttivo seppur al 70% delle sue potenzialità.
Anche per questo, dopo la notifica avvenuta ieri in azienda dell’atto in merito al vertice di sabato scorso, gli ingegneri e custodi giudiziari Valenzano, Laterza e Lofrumento, hanno accelerato i tempi per redigere il crono-programma che darà immediata esecuzione alle indicazioni del procuratore capo Sebastio, per eliminare del tutto le emissioni inquinanti del siderurgico. I custodi dovranno valutare, impianto per impianto, le soluzioni migliori per non compromettere la funzionalità degli impianti e per “consentire, in ipotesi, la ripresa dell’operatività dei predetti, in condizioni di piena compatibilità ambientale”. Né più né meno di quanto ordinato dal GIP Patrizia Todisco e ribadito dal Tribunale del Riesame.
Ma se il Gruppo Riva tace, in attesa che la Cassazione si pronunci sulla richiesta di revoca dei domiciliari per Emilio e Nicola Riva, gli altri soggetti interessati hanno iniziato a sentire puzza di bruciato dopo il vertice di sabato. Nel quale è stato ipotizzato il blocco dell’ingresso di minerali nei parchi del siderurgico, onde evitare il continuo accumulo negli oltre 70 ettari dell’area, dalla quale proviene la polvere che investe quotidianamente la città di Taranto e il rione Tamburi, distante poche centinaia di metri. I primi ad intervenire sono stati i sindacati metalmeccanici FIM, FIOM e UILM, che hanno chiesto un incontro ai custodi per capire come interverranno sui parchi. I custodi nel vertice di sabato hanno definito insufficiente il progetto di barrieramento dell’area che l’azienda, con il placet di Comune, Provincia, Regione e sindacati, ha avviato nel mese di luglio e che dovrebbe completarsi nel 2013.
I custodi pensano infatti alla copertura dei parchi come unica soluzione per risolvere in via definitiva un problema che dura da decenni. Quest’operazione comporterebbe però un investimento a nove zeri per il Gruppo Riva, da sempre contrario a tale soluzione. Inoltre, i sindacati sostengono come la giacenza del minerale attualmente presente nei parchi, permetterebbe all’azienda un’autonomia produttiva di appena 20 giorni: dopo di che il
siderurgico sarebbe costretto a concludere il suo ciclo produttivo. Il blocco dell’arrivo del minerale, avrebbe ripercussioni anche per le attività del porto di Taranto, che attualmente stima in 65-70% il traffico annuale di navi che approvvigionano di materia prima l’Ilva.
Anche per questo il presidente dell’Autorità Portuale, Sergio Prete, è alla ricerca di soluzioni alternative per diversificare le attività dello scalo ionico. Intanto proprio oggi la commissione IPPC-AIA analizzerà la situazione dei parchi. Che sono il nucleo centrale dell’intera vicenda: perché questo comporterebbe anche un’altra conseguenza, non di poco conto per il Gruppo Riva. Ovvero acquistare il coke invece di produrlo: dunque ulteriori pesanti investimenti per l’azienda. Oggi più che mai con le spalle al muro dall’azione dei custodi che hanno concluso il
vertice di sabato con una proposta affascinante: “Ove la società ritenesse di procedere ai lavori nei reparti sequestrati servirebbe un indotto di personale di diverse migliaia di operatori”. Dunque, ulteriore lavoro, invece che i licenziamenti temuti dai sindacati.
Gianmario Leone (Il Manifesto)