Ilva, i sindacati tremano
TARANTO – Forse ci siamo, chissà. Con l’atto notificato ieri dalla procura della Repubblica di Taranto in cui i Pm chiedono ai tre custodi giudiziali ed al presidente Bruno Ferrante nella duplice veste di custode amministrativo e presidente del cda, la consegna nel minor tempo possibile dell’elenco degli interventi necessari per fermare le emissioni inquinanti, con relativi costi e tempi d’esecuzione, prende il via la fase di attuazione del sequestro degli impianti. Non un’ordinanza però, ma una semplice disposizione pratica di quanto deciso nel vertice di sabato in Procura, in cui si chiede di “procedere immediatamente alla adozione delle misure necessarie alla pronta eliminazione delle emissioni nocive ancora in atto”.
Nel mirino degli inquirenti, ci sono le cokerie e i parchi minerali. Per le prime si ipotizza anche la chiusura con il conseguente acquisto del coke da parte dell’Ilva, mentre per i secondi la copertura o comunque, almeno per il momento, il blocco dell’ingresso nello stabilimento delle materie prime. Mentre per quelle giacenti e stoccate bisognerà ridurre l’altezza e la dimensione dei cumuli, oltre a trovare le soluzioni tecniche migliori per evitare la continua diffusione delle polveri all’interno ed all’esterno dello stabilimento. Dunque, finalmente si procede verso la strada indicata in precedenza dalle ordinanze del GIP Todisco, anche se resta ancora in piedi l’enigma sul blocco della produzione, visto che l’Ilva continua con pervicace arroganza a produrre, sostenendo la peregrina tesi che stante gli impianti accesi, viene naturale proseguire nel ciclo produttivo. Molto presto, crediamo, arriverà da parte dei custodi e quindi della Procura, l’obbligo al blocco definitivo.
Ma se da un lato l’azienda continua a fare orecchie da mercante, chi proprio non vuol ancora rendersi conto della reale situazione, sono i sindacati metalmeccanici. Che alla notizia del blocco dell’ingresso delle materie prime, sono subito scattati sull’attenti, chiedendo un nuovo incontro ai custodi giudiziali. Fim, Fiom e Uil infatti, sanno molto bene che impedendo l’arrivo di nuovi minerali, si porta la fabbrica alla chiusura perché quelle stesse materie prime oggi disponibili, inevitabilmente finiranno. “Ecco perché i custodi devono chiarirci che cosa sta accadendo e cosa si intende fare”: incredibile, ma vero. Dopo oltre 600 pagine di motivazioni del GIP Todisco e le 124 del Tribunale del Riesame, i sindacati sono ancor alla ricerca di qualcuno che gli spieghi cosa sta accadendo e cosa accadrà in futuro. Evidentemente gli stessi credono davvero che anche con la magistratura si possa “concertare”.
Possibile che non hanno ancora capito che l’Ilva non può e non deve produrre perché non ha alcuna facoltà d’uso sugli impianti e sulle aree poste sotto sequestro? Possibile che non hanno compreso che il principale obiettivo della magistratura è quello di interrompere quanto prima la diffusione delle emissioni e delle polveri che avvelenano l’ambiente e uccidono i cittadini? Possibile che non hanno letto le carte su citate in cui è chiaramente scritto che gli impianti dell’area a caldo possono essere utilizzati soltanto “ai fini del risanamento e della messa in sicurezza”? Eppure, i sindacati metalmeccanici da sabato dovrebbero essere in un clima di festa, visto che nella riunione di sabato scorso i custodi hanno sottolineato che se l’Ilva decidesse davvero di provare a rendere la fabbrica compatibile con l’ambiente, non solo dovrebbe tenere al lavoro tutto il personale che ha, ma potrebbe assumere altro personale. Dunque altri posti di lavoro, invece degli esuberi di massa che loro stessi temono. La verità è che, così come accade con i nostri politici, i sindacati hanno perfettamente capito qual è la situazione. Hanno letto le carte e i provvedimenti. E sanno molto bene che la Procura ha ragione da vendere.
Ciò che non dicono e ciò che invece più temono: ovvero la reazione del Gruppo Riva che, in attesa del pronunciamento della Cassazione sulla revoca dei domiciliari per Emilio e Nicola Riva, potrebbe decidere di intraprendere uno scontro frontale con la magistratura. Dal quale uscirebbe comunque sconfitto. Infine, sempre per la massima chiarezza e la libera diffusione delle notizie che più interessano i cittadini di Taranto, vogliamo ricordare che gli inquirenti della Procura che hanno la supervisione del lavoro dei custodi, hanno giustificato questa nuova misura nei confronti del siderurgico, riprendendo i punti più significativi delle motivazioni del Riesame, che ivi riportiamo nei passi più salienti. “I tecnici – si legge nel dispositivo – possono valutare e adottare, tra tutte le possibilità operative, quelle concretamente idonee a salvaguardare l’integrità e la sicurezza degli impianti e a consentire, in ipotesi, la ripresa dell’operatività dei predetti, in condizioni di piena compatibilità ambientale, una volta eliminate del tutto quelle emissioni illecite, nocive e dannose per la salute dei lavoratori e della popolazione e, in ogni caso, per l’ambiente circostante e quindi, come già rilevato, con espressa esclusione di ogni qualsiasi facoltà d’uso a fine di produzione”.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 4 settembre 2012)