“Bisogna bilanciare salute e occupazione perché non solo il cancro, ma anche perdere il posto di lavoro fa male alla salute”. Il che, di principio, potrebbe anche essere vero. Resta il fatto che una frase del genere mette i brividi: perché tra le righe nasconde un messaggio ancora più inquietante. Ovvero che in assenza di reali e immediata alternative economiche, è “giusto” che operai e cittadini di Taranto continuino ad ammalarsi e a morire a causa delle emissioni della grande industria, Ilva in primis. Sarà anche per questo che la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, ha sentito il dovere di intervenire sulla reale situazione sanitaria in riva alla città dei Due Mari, gelando istituzioni e classe dirigente con la seguente denuncia: “Studi epidemiologici noti da anni sui rischi e i danni alla salute a Taranto, così come centinaia di controlli sugli alimenti da parte dell’ASL, sono stati sempre poco considerati”. Una prese di posizione netta, chiara, che non lascia adito a fraintendimenti di sorta.
“Troppo spesso il lavoro degli igienisti nei Dipartimenti di prevenzione delle Asl non viene preso in considerazione né dalle imprese né dai decisori, tanto meno nelle Valutazioni di impatto ambientale o per il rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA), ossia dei permessi che autorizzano l’esercizio di un impianto. Un sistema sbagliato che il caso ILVA deve aiutare a cambiare in quanto é noto che le questioni ambientali rivestono in molte aree industriali un serio rischio per la salute umana e in altri casi semplici misure di prevenzione possono ridurre sensibilmente il rischio di malattie. Il paradosso di oggi è che gli studi sulla salute della popolazione – con i loro limiti legati al tempo ed alle abitudini individuali – vengono usati nelle aule giudiziarie e non nei tavoli istituzionali”.
Come a dire che sino ad oggi l’Ilva da un lato, istituzioni, classe dirigente e sindacati dall’altro, se ne sono beatamente infischiati di tutti gli studi scientifici prodotti negli anni sul caso Taranto. Il sistema di prevenzione sanitario rappresentato dai dipartimenti di prevenzione delle ASL ed ambientale rappresentato dalle ARPA regionali, per la società “deve essere potenziato e deve lavorare in maniera integrata aumentandone l’efficacia e l’efficienza”. Il lavoro svolto dagli igienisti, sottolinea la SItI, deve trovare la giusta attenzione nei decisori politici: per questo, afferma coralmente la Giunta Esecutiva della Siti, “il caso Ilva incoraggerà ancor più la nostra società scientifica a occuparsi dei temi multidisciplinari di ambiente e salute a cominciare dal prossimo 45° Congresso Nazionale che si terrà a Cagliari dal 3 al 6 ottobre (in cui tra l’altro si insedierà come Presidente Nazionale il Dott. Michele Conversano, Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL di Taranto) e a fornire eventuali supporti scientifici e operativi”.
E proprio a Taranto gli Igienisti del Dipartimento di Prevenzione e del Servizio di Epidemiologia hanno pubblicato diversi studi su riviste nazionali ed internazionali (in collaborazione con Istituto Superiore di Sanità, Organizzazione Mondiale della Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Agenzia Regionale Protezione Ambientale, Osservatorio Epidemiologico Regionale e Università di Bari) sugli effetti sanitari potendo così da un lato evidenziare “l’avvenuta contaminazione da diossina degli animali, dei mitili e dei derivati e, dall’altro, garantire la salute dei consumatori ordinando, per esempio, l’abbattimento di circa 3.000 capi di bestiame e la distruzione di diverse tonnellate di mitili contaminati. Tutto ciò nella quasi indifferenza, fino al recente intervento della magistratura”.
Entro fine settembre dovrebbero essere pronte le mappe epidemiologiche. Entro fine anno, saranno pronti i dati del registro tumori per quanto riguarda il triennio 2006-2007-2008. E sicuramente il responso finale non sarà quello azzardato lo scorso dicembre dal direttore dell’ARPA Puglia, Giorgio Assennato, che nei giorni di giubilo per i dati “positivi” delle emissioni di diossina dal camino E-312, si lasciò andare pronunciando la fatidica frase: “Anche dal punto di vista dei tumori, possiamo dire che dal 2007 il trend è migliorato per mortalità ed incidenza”. Peccato che tranne le tre persone che raccolgono quei dati, nessuno può esprimere giudizi di questo tipo. Meno che mai due ministri che di Taranto conoscono poco e niente. Intanto restiamo in attesa del dossier epidemiologico (sulla distribuzione e frequenza di malattie e di eventi di rilevanza sanitaria nella popolazione) del ministero della Salute su Taranto che sarà pronto per la metà di settembre o al più tardi entro il mese successivo, così come ha assicurato il ministro della Salute Balduzzi.
I dati del registro, parleranno: ed anche molto chiaro. Come quelli del registro tumori del 2006. Dove i casi riscontrati furono 2802: 1555 per la popolazione maschile e 1247 per quella femminile. A questi si aggiunsero altri 501 casi di tumori alla cute, per un totale di 3303 ammalati. Perché il nodo della questione, è tutto qui: è ora di iniziare a basarsi sulle analisi dei singoli comuni, e non continuare ad analizzare le situazioni di incidenza di malattie per Provincia o Regione. Solo in questo caso avremo una chiara, onesta e vera visione sul dramma vissuto da decenni in questa città.
Gianmario Leone (TarantOggi – 31 agosto 2012)
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