PEACELINK – È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, piuttosto che l’Ilva di Taranto possa ottenere l’autorizzazione AIA. L’incipit della famosa frase del Vangelo di San Matteo ben si adatta alla fabbrica più inquinante d’Italia. Se si adotta nella procedura di autorizzazione AIA l’articolo 8 del decreto legislativo 59 del 2005 (è la normativa di riferimento dell’AIA) il cammello Ilva non entra nella cruna della procedura AIA. Tale articolo fissa infatti i limiti emissivi più restrittivi possibili prendendo in considerazione le migliori tecnologie.
Oggi ho potuto esporre questi concetti a tutti i membri della Commissione AIA all’apertura dei lavori in Prefettura, assieme a Daniela Spera di Legamjonici. Quando ho chiesto pubblicamente al referente del gruppo istruttore della Commissione AIA, Antonio Fardelli, se la Commissione intende o no adottare i limiti emissivi più stringenti indicati all’art. 8 del dlgs 59/2005 (quelli per cui sono in vigore le ordinanze della Procura di Taranto) la risposta è stata evasiva e imbarazzata. La domanda è stata da me posta più volte con grande nettezza. Ho chiesto più volte che il referente della Commissione AIA rispondesse con un sì o un no. Ma una risposta chiara non c’è stata. E non a caso.
Questo è un campanello d’allarme.
Se infatti si applicasse nell’area di Taranto l’art. 8 del decreto legislativo 58 del 2005, sarebbero garantite (lo dice la norma) “misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale”.
Ciò in concreto significherebbe che, per le sole polveri, la fase di cokefazione dovrebbe avere valori emissivi 70 volte inferiori (da 70 g/t a 1 g/t), il camino E312 per la sinterizzazione dovrebbe attenersi a emissioni 25 volte inferiori (da 85,5 kg/h a 3,4), l’altoforno in fase di caricamento dovrebbe inquinare 14 volte di meno (da 29,8 g/t a 2,1), il colaggio ghisa e loppa dovrebbe impattare 95 volte di meno sull’ambiente (da 40,1 g/t a 0,4) e l’acciaieria sarebbe obbligata a ridurre le emissioni di 15 volte (da 218 g/t a 14).
Il raffonto è fra le emissioni degli impianti e i rendimento delle migliori tecnologie. Gli impianti Ilva posti sotto sequestro non a caso non hanno i requisiti per ottenere l’AIA se si prendono in considerazione i valori emissivi più restrittivi sopra citati, elencati nelle Bref (BAT Reference), ossia nell’elenco delle migliori tecnologie (1).
Concedere l’AIA all’Ilva, applicando i valori emissivi più restrittivi previsti dalle Bref (e dall’ordinanza del GIP Todisco), sarebbe comeconcedere ad una vecchia Fiat 124 il bollino Euro 5. Sarebbe un’assurdità tecnica. I limiti tecnici non consentirebbero un’autorizzazione del genere anche nel caso la vecchia Fiat 124 venisse portata dal miglior meccanico del mondo. Fuor di metafora, lo stabilimento Ilva di Taranto, per l’area a caldo, ha dei limiti impiantistici strutturali che non consentono di allinerasi con i valori emissivi più rigorosi che la Procura richiede (e che richiederebbe anche una applicazione rigorosa dell’AIA).
Ho specificato ai membri della Commissione AIA che, se adottano i criteri più restrittivi previsti dall’art. 8 del dlgs 59/2005, sarebbe impossibile per loro giustificare tecnicamente il rilascio di una nuova AIA.
Questo principio è talmente chiaro che per tale motivo oggi chi guidava la Commissione AIA non si sbilanciava e non voleva dire né sì né no circa l’applicazione di questa norma restrittiva. Che per noi è la norma fondamentale da applicare.
Con fermezza e chiarezza è stato dato lanciato un chiaro messaggio alla Commissione AIA.
Se non verrà applicato l’articolo 8 della normativa AIA, saremo costretti a fare un esposto alla Procura della Repubblica. In ogni caso l’AIA va discussa a produzione ferma, così come richiede la Procura. Nel frattempo invieremo al Ministero dell’Ambiente la richiesta, nell’ambito dei prossimi passaggi della procedura AIA, di incontrare il Ministro Clini per esporre questi stessi concetti.
Nel frattempo noi vigileremo perché nessun cammello entri dalla cruna dell’ago.
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
(1) Leggete questi numeri e vi sarà chiaro perché http://lists.peacelink.it/news/2012/08/msg00030.html
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