Solo pochi giorni fa (il 17 agosto), il mitilicoltore Luciano Carriero aveva partecipato alla manifestazione organizzata dal comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, in piazza Maria Immacolata, per raccontare l’autentico dramma che sta vivendo insieme a decine di colleghi rimasti inoccupati dal 22 luglio 2011, quanto l’Asl ha emesso il primo divieto di vendita delle cozze allevate nel primo seno.
Ieri pomeriggio, lo stesso Carriero ha confermato la volontà di andare fino in fondo: «Ringraziamo la magistratura per il lavoro che sta compiendo, siamo pronti – tramite i nostri avvocati – a chiedere un risarcimento danni a chi ha distrutto il nostro bene più prezioso: l’acqua. Un danno non solo economico, ma anche di immagine, che ha affossato un settore che era il fiore all’occhiello della città. I responsabili di questo disastro dovranno pagare fino all’ultimo centesimo”.
Sulla notizia di ieri interviene anche l’avvocato Mimmo Lardiello che spiega: «Questa svolta si collega ad un esposto-denuncia presentato da me e dall’avvocato Antonio Raffo nel mese di gennaio (2012). Già da tempo, infatti, ci stavamo occupando della vicenda su incarico di una decina di società cooperative. A gennaio abbiamo presentato un’analisi molto dettagliata formulando anche varie ipotesi sulle possibili fonti di contaminazione, basandoci anche su uno studio effettuato dalla Regione Puglia. Poi è stata avviata un’inchiesta».
Aggiunge l’avvocato: «Se Arpa Puglia dovesse accertare una correlazione tra le diossine e il pcb presenti nelle cozze e l’Ilva, lo scenario allargherà i suoi orizzonti, si potrebbe arrivare ad un procedimento unico. Noi, ovviamente, saremo pronti a costituirci parte civile allo scopo di vedere finalmente riconosciute tutte le tipologie di risarcimento che il comparto della mitilicoltura necessita di avere a fronte del devastante danno subito».
Alessandra Congedo
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