Ilva, cittadini e lavoratori: “Il Gip applica la legge”
TARANTO – E’ iniziata ieri a Taranto una delle settimane più calde sul fronte Ilva. A dare il primo segnale sono stati i sindacati, che hanno indetto due ore di sciopero con assemblea nei reparti OFE ex PLA1 (officine elettriche) e MUA (officine meccaniche), bloccando la statale 100 per Bari e la statale 7 Appia che collega Taranto a Brindisi, creando disagi alla circolazione rientrati con la fine dello sciopero. Ma la vera novità è la prima spaccatura all’interno dei sindacati, sino a ieri compatti nel difendere l’eco-compatibilità come unica strada possibile da perseguire per difendere il diritto al lavoro e alla salute. A sancire la divisone è stata la Fiom, che non ha aderito allo sciopero e non parteciperà a quello indetto per oggi da Fim-Cisl e Uilm-Uil, che scenderanno in strada (lungo la statale Appia) con i lavoratori dei reparti RIL (riparazione locomezzi), GRF (gruppo recupero ferroso), PZL (piazzali) ed ENE (energia).
La sostanza di tale scissione, è tutta politica: perché Fim e Uilm hanno preso di mira l’operato del GIP Todisco, dopo i provvedimenti del 10 e 11 agosto scorsi. Accogliendo con giubilo l’intervento massivo dello Stato con l’arrivo dei ministri Clini, Passera e Severino, giudicando “inopportuno, incomprensibile, poco chiaro e contrario al percorso intrapreso negli ultimi giorni da azienda e istituzioni” quanto avvenuto negli ultimi giorni: una critica frontale all’operato della magistratura. Che la Fiom non ha per nulla condiviso, ritenendo lo sciopero “inutile e irresponsabile, in quanto lo si utilizza per attaccare le decisioni della Procura”. Sottolineando che “i lavoratori non possono essere strumentalizzati, perché è l’Ilva che deve dare risposte concrete ai problemi causati dall’inquinamento”.
La Fiom sceglie dunque la strada della separazione netta tra vittime e colpevoli: da un lato i lavoratori, che vanno tutelati a cominciare dalla salvaguardia della salute; dall’altra l’azienda oggi chiamata a prendersi le sue responsabilità per l’inquinamento prodotto, agendo di conseguenza e con la massima celerità. Per questo la Fiom ha chiesto per oggi all’azienda due ore di assemblea retribuita per informare i lavoratori “sullo stato reale della situazione”. Intanto, mentre sul fronte sindacale si odono i primi scricchiolii, cresce il seguito del comitato “Cittadini e operai liberi e pensanti”, che ieri pomeriggio ha radunato oltre 600 persone nella centralissima p.zza della Vittoria a Taranto, per una terza assemblea pubblica.
Prima di concedere la parola ai tanti cittadini presenti, la maggior parte dei quali giovanissimi che al mare hanno preferito la condivisione della piazza, e agli esponenti delle associazioni ambientaliste, hanno preso la parola i veri trascinatori del nuovo movimento: gli operai Ilva. O meglio, quei primi tra migliaia di loro, che hanno scelto di non stare più dalla parte dell’azienda e dei sindacati. A turno salgono su una panchina e microfono in mano esprimono totale appoggio al GIP Todisco, alla quale è stato rivolto un lunghissimo applauso, “perché sta applicando semplicemente la legge”. Nel mirino, ovviamente, ci sono politica e sindacati. Ai quali il comitato rivolge domande pesantissime: “Dove eravate quando bisognava lottare affinché l’Ilva si mettesse a norma? Perché non avete supportato e difeso quelle voci che urlavano denunciando le malefatte ed anzi avete contribuito a tacerle?”. Quesiti che resteranno senza risposta.
Ma l’indignazione, negli operai così come nei cittadini “liberi e pensanti”, è tanta. Perché oggi in molti stanno trovando il coraggio di alzare la testa, denunciando quanto, spesso invano, in pochissimi hanno scritto e urlato per anni, in una città accusata di essere troppo da sempre molle, superficiale e poco attenta nel difendere le sue bellezza e i suoi cittadini. La spaccatura con sindacati e istituzioni, poi, diventa insanabile quando si entra nel merito della vicenda, uscendo dai rispettivi slogan. Sono gli stessi operai infatti, ad avvertire che gli impianti sequestrati “non saranno mai eco-compatibili: modifiche sostanziali degli impianti, eventualmente applicate, non consentirebbero più all’azienda i record di produzione fino ad oggi ottenuti. A nostro avviso la strategia aziendale è chiara: spremere le ultime gocce di un limone orami secco, per poi gettarlo via”.
Si fa dunque largo la consapevolezza di un qualcosa che in tanti hanno già intuito: se la politica non salverà il gruppo Riva dalle sabbie mobili della magistratura, l’Ilva chiuderà o cambierà proprietà, diventando comunque qualcosa di molto diverso dalla fabbrica che sino ad oggi tutti hanno conosciuto. Per questo il comitato denuncia come vada “evitato che il Gruppo Riva abbandoni di punto in bianco la fabbrica e lasci a spese della collettività i disastri ambientali e il futuro dei lavoratori e delle loro famiglie”. Intanto per venerdì 17, giorno in cui è arriveranno i tre ministri a Taranto, il comitato sta organizzando una manifestazione a sostegno della magistratura.
Con un segnale molto chiaro per gli uomini di Monti: “avremmo preferito il loro arrivo in tempi non sospetti: per venire a guardare con i loro occhi i bambini intubati in ospedale perché malati di tumore. Non abbiamo più intenzione di barattare il lavoro con la salute dei nostri figli”. Difficile farlo comprendere ad uno Stato che si schiera contro la magistratura quando lede interessi economici da difendere a qualunque costo. Calpestando l’inviolabile diritto alla salute di un’intera città e declassando a mero tornaconto del profitto quello al lavoro di migliaia di operai innocenti.
Gianmario Leone (Il Manifesto del 14 agosto 2012)