La vicenda civile ed industriale di Taranto dovrebbe insegnare che quando il profitto tira la corda a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, a volte con la complicità della politica, le conseguenze per i più indifesi possono essere irreparabili. Si tratta di una lezione che non può non riguardare Brindisi dove le caratterizzazioni dell’area industriale hanno evidenziato elevatissimi livelli di inquinamento che attendono da oltre un decennio una non facile bonifica. Veleni dalla tossicità ben nota e grave alcuni dei quali continuano ad essere emessi nell’ambiente.
E’ tutto da verificare che questo inquinamento non costituisca un pericolo per la popolazione, soprattutto quella residente in maggior prossimità dell’area industriale. Al contrario almeno due studi, uno pubblicato nel 2004 ed uno nel 2011, hanno dimostrato che mortalità ed incidenza rispettivamente per alcuni tumori, aumentano avvicinandosi alla zona industriale. Si tratta di evidenze che avrebbero richiesto un approfondimento da parte delle autorità preposte che finora non c’è stato.
Di questi giorni è la notizia che dirigenti della Federico II saranno chiamati a rispondere di alcuni reati ambientali il prossimo dicembre. La polvere nelle case e sulle colture degli abitanti nei pressi della centrale proviene dal carbonile. Attendere che il carbonile sia coperto tra chissà quanti anni non è etico se si tiene davvero alla salute dell’uomo. La polvere di carbone, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, provoca malattie dell’apparato respiratorio come la pneumoconiosi (una fibrosi massiva e progressiva dei polmoni), alterazioni pleuriche, enfisema, bronchite cronica, rapida perdita della funzione polmonare, ma anche tumore al polmone e tumore allo stomaco.
Le malattie respiratorie si generano per esposizione cumulativa, cioè è determanente la dose di polvere nel tempo: più tempo si aspetta e maggiore è il rischio a cui si espongono quei cittadini. Una misura di reale prevenzione per gli esposti può essere solo l’immediata cessazione della dispersione di polvere di carbone. Si tratta di una evidenza già nota che non richiede, per essere confermata, della conta di ulteriori morti e malati. Il 24 luglio scorso è stata presentata una petizione di oltre 10mila cittadini che chiedono indagini epidemiologiche per appurare lo stato di salute della popolazione, soprattutto di quella più esposta ai veleni, dei bambini e dei nascituri.
Nel 2010 la Centrale Brindisi Sud e la Polimeri Europa hanno dichiarato emissioni di benzene, per citare un solo un agente chimico pericoloso emesso, per 3 e ed 11 tonnellate rispettivamente. Il benzene è un cancerogeno certo per il midollo osseo in grado di provocare leucemie e linfomi. Si è fatto di tutto per abbaterlo? Perchè le centraline, soprattutto quella in zona industriale, per molti giorni non riportano il dato del benzene? E’ stato verificato se le diagnosi delle gravi malattie provocate dal benzene hanno una distribuzione geografica che possa ricondurle alle emissioni industriali?
Continuare a lasciare senza risposte questi interrogativi non può che costituire motivo di sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini. Se ancora una volta anche a Brindisi la Magistratura dovrà sostituirsi ai responsabili della salute pubblica, si tratterà di una sconfitta della politica e sarà stato comunque un intervento tardivo sul piano della vera prevenzione, perchè le malattie avranno avuto tutto il tempo di manifestarsi.
Maurizio Portaluri – Associazione Salute Pubblica
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