Il perché è presto detto: il tribunale del Riesame, confermando il sequestro preventivo degli impianti finalizzandolo al risanamento degli stessi e non più al loro spegnimento graduale, aveva ribadito la necessità di garantire “la sicurezza degli impianti”, l’adozione di “tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo” e l’attuazione “di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”. Sin dal primo istante però, non trovando traccia nelle due pagine del provvedimento del divieto di utilizzo degli impianti per continuare la produzione, Ilva, sindacati e istituzioni, si erano detti “soddisfatti”, garantendo di poter effettuare tutti gli interventi richiesti dalla Procura pur continuando a produrre. Un’interpretazione del tutto personale da parte dell’azienda, che ha creato una sorta di terra di mezzo in cui non era più chiaro chi dovesse fare cosa. Difatti il GIP, all’inizio del nuovo decreto, scrive: “letta la relazione depositata in data odierna dall’ing. Barbara Valenzano”, che insieme ad Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Bruno Ferrante, sono i custodi giudiziari.
Dunque, i tre custodi nominati dal GIP, hanno richiesto espressamente lumi alla Todisco sul da farsi e chiarezza sui rispettivi compiti. Il GIP ribadisce innanzitutto come il Riesame abbia confermato “il sequestro preventivo delle aree e degli impianti indicati nel decreto emesso il 25 luglio 2012, misura che – va ribadito – non può che essere funzionale alla tutela delle esigenze preventivo-cautelari indicate dalla legge”. Pertanto, il GIP intima ai custodi di adottare “tutte le misure tecniche necessarie a scongiurarsi il protrarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse, situazioni in ragione delle quali il sequestro preventivo è stato disposto e confermato”. Ribadendo come non sia prevista “alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi”.
Questo perché, spiega sempre il GIP, è “grave e attualissima la situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile alle emissioni inquinanti (convogliate, diffuse e fuggitive)dell’Ilva e segnatamente di quegli impianti e aree sottoposte a vincolo cautelare”. Fine. E a sostegno della tesi che il nuovo decreto sia stato in qualche modo “sollecitato” dagli stessi custodi, viene il fatto che nel testo il GIP Todisco specifica i rispettivi compiti dei commissari. Barbara Valenzano è responsabile delle misure tecniche “necessarie a eliminare le situazioni di pericolo e dell’attuazione dei monitoraggi con potere di spesa (attingendo dalle casse dell’azienda ma previa approvazione dell’autorità giudiziaria) relativamente alle aree sottoposte a sequestro, nonché a quelle tecnicamente connesse”. Bruno Ferrante, invece, è individuato dal GIP come “datore di lavoro” ed è quindi “responsabile dell’attuazione delle prescrizioni e procedure impiantistiche che si renderanno necessarie in attuazione del provvedimento di Aia per gli impianti non interessati in alcun modo del provvedimento di sequestro preventivo”. Ed i quattro custodi avranno l’obbligo di trasmettere con cadenza settimanale relazioni sulle attività svolte.
Il nuovo provvedimento ha però destato molta sorpresa. Anche perché è prassi che certi interventi vengano emessi dalla Procura. Ma alla luce dei fatti, vien chiaro intuire il perché giovedì si era riunito il pool investigativo, diretto dal procuratore Sabastio: al termine del summit era stato infatti adottato un ordine di esecuzione consequenziale alla decisione del Riesame, che altro non è che il nuovo decreto ordinato dal GIP. Immediata la reazione dell’azienda, che ha annunciato ricorso al Riesame contro il nuovo provvedimento, giudicandolo “abnorme” e frutto di “un’interpretazione personale delle decisioni del Riesame”.
Reazione a cui è seguita la convocazione urgente del Cda della società “per le determinazioni conseguenti”. Diplomatica, invece, quella avuta dal Ministro dell’ambiente, Corrado Clini, che ha dichiarato come “la decisione di interrompere le attività di produzione dovrebbe essere guidata dalla tipologia degli interventi da realizzare che in alcuni casi richiedono la fermata di parti degli impianti e in altri casi suggeriscono invece il contrario”, auspicando che prosegua “il percorso di risanamento degli impianti”.
Indignate e unanimi, invece, le reazioni della classe politica e sindacale. Il Pd parla di decisione “preoccupante e irrituale”, il Pdl di “gravità ed illogicità assoluta”, mentre per Confindustria e sindacati è prioritario consentire all’azienda di produrre, altrimenti le ricadute economiche ed occupazionali potrebbero essere gravissime. Ma la Procura ha da tempo deciso il destino dell’Ilva: risanare tutto o chiudere. Non ci sono alternative.
Gianmario Leone (Il Manifesto del 12 agosto 2012)
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