Ilva, il risanamento evita la chiusura ma resta il giallo sulla produzione

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TARANTO – Anticipando i tempi rispetto al limite del 9 agosto, il Tribunale del Riesame di Taranto (il cui collegio era formato dal presidente Antonio Morelli, che è anche presidente del Tribunale di Taranto, e dai giudici a latere Rita Romano e Benedetto Ruberto) ha emesso il suo verdetto sul ricorso presentato dall’Ilva nei confronti delle ordinanze del GIP Patrizia Todisco. Un provvedimento definito dallo stesso Procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, “articolato sul quale non ci possiamo esprimere compiutamente fino a quando, insieme ai miei colleghi, non avremo letto le motivazioni. Da una prima lettura del dispositivo possiamo dire che è sostanzialmente confermata la tesi accusatoria”.

Ecco: proprio nell’avverbio “sostanzialmente” sta il segreto, o il trucco, per definire un provvedimento che lascia spazio a diverse interpretazioni. Perché se da un lato è chiaro quanto deciso in merito alle ordinanze di custodia cautelare, diverso è il discorso in merito al sequestro preventivo degli impianti. Il collegio del Riesame ha infatti revocato gli arresti domiciliari per cinque degli otto dirigenti dell’Ilva arrestati (Marco Andelmi, Angelo Cavallo, Ivan Dimaggio, Salvatore De Felice e Salvatore D’Alò), confermando quelli per Emilio Riva, il figlio Nicola e per l’ex dirigente dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso.

Per quanto concerne il sequestro preventivo delle sei aree a caldo (Area Parchi, Area Cokerie, Area Agglomerato, Area Altiforni, Area Acciaierie ed Area GRF – Gestione RottamiFerrosi) disposto dal gip nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale, nel testo del provvedimento si legge che “in parziale modifica del decreto di sequestro preventivo impugnato, ferma restando la nomina degli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuele Laterza e Claudio Lofrumento, nomina custode e amministratore delle aree e degli impianti in sequestro altresì il dottor Bruno Ferrante nella sua qualità di presidente del cda e di legale rappresentante di Ilva Spa, revocando la nomina del dottor Mario Tagarelli”.

Il Riesame ha quindi nominato come custode e amministratore delle aree e degli impianti sotto sequestro, l’attuale presidente dell’Ilva. In pratica si autorizza il “controllato” ad essere a sua volta il “controllore” di quanto avverrà o meno nella sua azienda. Il che può avere una doppia lettura: perché se da un lato la decisione lascia alquanto perplessi, dall’altro potrebbe essere una mossa molto sottile, con la quale si responsabilizza del tutto la proprietà sulla realizzazione dei lavori di ambientalizzazione degli impianti, senza possibilità alcuna un domani di poter incolpare altri della mancata realizzazione degli stessi.

Inoltre, si legge ancora nel provvedimento del Riesame, si “dispone che i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”. Dunque, il Riesame modifica il senso di base del sequestro: perché mentre il GIP Todisco nella sua ordinanza aveva ordinato il sequestro senza facoltà d’uso, con la nomina degli ingegneri per l’immediato avvio delle procedure tecniche e di sicurezza per il blocco delle specifiche lavorazioni e lo spegnimento degli impianti sopra indicati, il Riesame lascia nel limbo il discorso sulla produzione mantenendo di fatto i sigilli “virtuali” imposti dalla Procura, consentendo all’Ilva di mantenere gli impianti in funzione: sia per evitare qualunque situazione di pericolo, sia per ottemperare alle richieste del GIP, come l’attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni maggiormente inquinanti (quali quelle contenenti diossine e PCB).

E che ci si trovi di fronte ad un provvedimento non del tutto chiaro, lo dimostrano le dichiarazioni del presidente dell’Ilva, Ferrante. Che pur manifestando “grandissima amarezza” per la conferma dei domiciliari di Emilio e Nicola Riva, ravvede nelle decisioni del Riesame uno spiraglio per la salvezza del siderurgico. “Mi pare di capire che alcune questioni contenute nel provvedimento del gip non compaiono oggi in quello del Tribunale del Riesame. Non si parla più di chiusura, di interruzione dell’attività, non mi sembra di cogliere nel provvedimento del Riesame queste parole. Si parla di utilizzo dell’impianto, certamente finalizzato alla messa in sicurezza e ad altri provvedimenti inerenti all’impatto ambientale”. I giudici si sono riservati di depositare le motivazioni dell’ordinanza. I termini non perentori per le motivazioni sono di cinque giorni. Dunque, per capire al meglio quale sarà il reale futuro dell’Ilva di Taranto, non resta che attendere altri pochi giorni.

Gianmario Leone (Il Manifesto)

 

 

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