Domande che venivano poste proiettando le immagini di un servizio trasmesso lo scorso 9 marzo dal programma Tv7 (Rai Uno). A quanto pare il video sarebbe stato girato nell’impianto di agglomerazione, quello che ospita il camino E-312, tristemente famoso per le emissioni di diossina. In più fotogrammi si notavano sacchi bianchi dal quale fuoriuscivano polveri e una pala meccanica che raccoglieva il materiale per scaricarlo su un camion scoperto. Ma cosa c’era in quei sacchi? Si trattava forse di diossina? Per tale motivo i protagonisti della conferenza stampa avevano deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica. «Se i nostri sospetti relativi al filmato venissero confermati – aveva sostenuto Marescotti – avremmo la prova visiva che nell’area elettrofiltri si verificano emissioni diffuse e fuggitive, pericolose sia per chi lavora nello stabilimento che per l’ambiente circostante, anche a distanza di chilometri. Le uniche emissioni consentite, infatti, sono quelle convogliate dai camini». A distanza di qualche mese, si viene a sapere che quella denuncia è citata nell’ordinanza di sequestro degli impianti dell’area a caldo.
Scrive, infatti, la Todisco: “La dissennata e criminale gestione delle polveri degli elettrofiltri appare in tutta la sua gravità da un video allegato ad un esposto firmato [dall’on. Angelo Bonelli e dai professori Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti] nel quale è riportato un servizio filmato della RAI (TV7 – I FIGLI DELL’ILVA) mandato in onda il 9.03.2012, in cui è evidentissima la dispersione incontrollata di polveri che fuoriescono dai Big-Bag durante la loro movimentazione. Il video appare più eloquente di qualsiasi commento e lascia sconcertati ove si ponga mente alla circostanza che è proprio il contenuto di diossina di quelle polveri che è stato ritrovato nei terreni e negli animali di cui abbiamo detto».
Il gip afferma che “le emissioni convogliate ai camini soffrono della mancanza di controlli in continuo che per i punti emissivi che convogliano anche le lavorazioni che riguardano rifiuti, risulta essere obbligatoria, ciò quindi in violazione delle disposizioni di legge”. E prosegue: “Le emissioni convogliate appaiono chiaramente non in linea con quelle che possono essere attraverso l’adozione delle BAT soprattutto in ordine all’adozione di filtri a tessuto in luogo di quelli esistenti in ILVA. In ultimo assolutamente sconcertante appare la problematica delle emissioni diffuse-fuggitive a bassa quota che insieme a quella di cui sopra (emissioni convogliate) hanno determinato un disastro ambientale che riguarda non solo le aree urbane immediatamente prospicienti l’impianto, ma anche i terreni circostanti lo stabilimento, nonché le aree agricole situate a diversi chilometri dallo stesso”.
C’è poi un passaggio che potrebbe essere recapitato al ministro dell’Ambiente Clini, alla luce delle sue ultime dichiarazioni che attribuiscono solo al passato (remoto) i guai prodotti dallo stabilimento. “Peraltro – si legge nell’ordinanza – appare assolutamente errato ricondurre tale disastro ad una gestione passata risalente a prima del 1995 (anno in cui è subentrato il gruppo Riva) atteso che i campionamenti condotti dai vari enti e soggetti interessati (ARPA – Consulenti del P.M. – Periti del giudice) hanno chiarito in modo inequivocabile come l’inquinamento derivante dallo stabilimento ILVA è assolutamente attuale ed in corso”.
Alessandra Congedo
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