I legali dell’azienda abbandonano il Tribunale di via Marche alle ore 12 dell’ennesima giornata afosa. La strada continua ad essere transennata e presidiata dalle forze dell’ordine, ma tutta la zona è deserta. Di operai pronti a premere sulla magistratura per ottenere un pronunciamento favorevole alla loro azienda non c’è manco l’ombra. A pochi metri dalle auto dell’avv. Perli e dei suoi colleghi c’è un cartellone 6 per 3 voluto da Taranto Lider e Legamjonici, una scritta nera su sfondo giallo dal contenuto eloquente: “Noi siamo con gli operai e fieri della magistratura”.
All’interno del palazzo di giustizia c’è il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, circondato da microfoni e telecamere provenienti da tutta Italia. La sua difesa a spada tratta dell’azienda appare poco convincente. In alcuni frangenti emerge una presa di distanza in merito alle scelte poco dialoganti fatte dal gruppo Riva nel recentissimo passato, a cominciare dal continuo ricorso al Tar di Lecce per contestare le prescrizioni dell’Aia e addirittura il riesame della stessa voluto dal ministero dell’Ambiente.
«Ho detto che dobbiamo abbassare i toni, essere meno meno litigiosi e conflittuali – ha dichiarato Ferrante ai giornalisti al termine della seconda udienza – perciò rinunciamo formalmente a presentare ricorso contro la riapertura dell’Aia e non impugneremo la sentenza del Tar Puglia che ci ha dato solo parzialmente ragione». In merito alla mancata presentazione di controperizie durante l’incidente probatorio per contestare le conclusioni dei periti chimici ed epidemiologici incaricati dal gip Todisco, Ferrante ha ammesso l’errore dei vertici aziendali: «Non ero presidente di Ilva. Era stata scelta, allora, una strategia processuale da me non condivisa. Io sostengo che bisogna dialogare e comunicare con tutti, in modo particolare con le autorità giudiziarie».
Sui clamorosi contenuti delle intercettazioni, che potrebbero aggravare la posizione dei dirigenti coinvolti nell’inchiesta, Ferrante ha provato a ridimensionarne la portata: «Non sono un elemento secondo me decisivo e importante per lo svolgimento di questa fase del processo». Al di là delle parole rassicuranti di Ferrante, però, le intercettazioni promettono di giocare un ruolo di grande rilievo e aprono scenari estremamente interessanti. C’è da fare estrema chiarezza su presunti rapporti poco limpidi con alcuni giornalisti, ad esempio, e su quella frase che avrebbe pronunciato un dirigente Ilva: “Dobbiamo pagare tutta la stampa”.
E’ arrivato il momento di fare pulizia anche nell’ambiente giornalistico. Per troppe volte è stata praticata da parte di taluni una vera e propria opera di disinformazione che ha danneggiato la città ed un’intera categoria. C’è da sperare che i nomi delle mele marce vengano fuori al più presto. Intanto l’Ordine dei giornalisti della Puglia ha chiesto la documentazione alla Procura per “valutare l’eventuale apertura di procedimenti disciplinari per violazioni deontologiche”. L’opera di bonifica deve cominciare anche da qui, nel rispetto di tutti i giornalisti che hanno sempre lavorato con onestà intellettuale e dignità, anche a costo di pesanti sacrifici.
Alessandra Congedo
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Anche l'Ordine dei Giornalisti nazionale dovrebbe aprire un'inchiesta per capire come sia stato possibile falsare completamente la realta' in ordine alla manifestazione del 2 agosto dove in piazza c'erano le varie componenti sociali della cittadinanza di Taranto e quasi tutte e a gran voce appoggiavano la magistratura nel suo compito di tutela della saluta e dei lavoratori e non come si voleva far passare (ma grazie al cielo c'e' il web) della difesa a oltranza di un'azienda risultata ad oggi per piu versi Fuori-Legge...