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Diossina Ilva, l’ordinanza del gip e i limiti della legge regionale

TARANTO – Per anni è stato detto che con la legge regionale n. 44 del 19 dicembre 2008  il problema della diossina nei cieli di Taranto era in via di risoluzione. Il camino E-312, temibile drago sputa-veleni, sarebbe stato definitivamente domato. In realtà, però, c’era ben altro da domare per rendere più salubre l’aria della città. E’ quanto emerge chiaramente dall’ordinanza con cui il gip Patrizia Todisco ha disposto il sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva. Si legge infatti che “nella Relazione sui dati ambientali di Taranto inviata al Sindaco con nota dell’08.09.2009, l’ARPA Puglia chiariva: “La presenza di diossine nelle deposizioni del quartiere Taranto-Tamburi non è dovuta alle emissioni convogliate del camino E312, ma piuttosto alle emissioni diffuse/fuggitive provenienti dall’impianto AGL/2 dello stabilimento ILVA”. Affermazioni che precedono quelle dei periti incaricati dal gip Todisco recentemente giunti alla stessa conclusione.

Così, mentre in questi ultimi anni le istituzioni si sono affidate ai risultati dei monitoraggi svolti al camino E-312 per poi brindare ad un successo senza precedenti, era già ben chiaro agli organi di controllo che il vero problema era rappresentato dalle emissioni diffuse e fuggitive. Ma di quelle il presidente della Regione Vendola, il presidente della Provincia Florido e il sindaco Stefàno non hanno mai parlato. In compenso ne parla oggi, in maniera dettagliata, il gip: “Importante appare l’analisi condotta dai periti chimici sulle diverse matrici analizzate volta a verificare il profilo dei congeneri PCDD/PCDF e PCB emessi dal reparto sinterizzazione. Tale analisi ha portato i periti a chiarire come la tipologia di diossine rinvenuta nelle matrici biologiche (terreni, carni di animali abbattuti) sia da ricondurre proprio a quelle emesse dalla fase di sinterizzazione esistente all’interno del siderurgico tarantino”.

Prosegue il giudice: “I profili riscontrati appaiono chiaramente derivare dalle emissioni diffuse-fuggitive provenienti dalle fase di agglomerazione ed in particolare dalle polveri degli elettrofiltri. In sostanza si rileva una gestione sciagurata di tali inquinanti che si disperdono non solo all’interno dello stesso stabilimento con gravi danni per la salute dei lavoratori, ma anche nei terreni esterni allo stabilimento cagionando il gravissimo inquinamento di un’area molto vasta di territorio ricomprendente, quanto meno, tutte le aziende agricole che hanno subito l’abbattimento dei capi di bestiame contaminati da diossina”.

Dall’ordinanza del gip emerge anche altro. La Todisco fa notare quanto accaduto il 20 marzo 2009, quando è stata approvata una modifica alla legge regionale sulla diossina approvata soltanto tre mesi prima: “Si è passati dalla previsione di un sistema di controllo (efficace) fondato sul campionamento in continuo di diossine e furani, ad una stima basata sulla media aritmetica, di dati acquisiti con monitoraggi discontinui nel corso dell’anno”.

Scrive la Todisco: “Ciò, nonostante appaia manifesta – a fronte della elevatissima tossicità degli inquinanti in questione, particolarmente insidiosi in quanto bioaccumulabili e persistenti, della portata emissiva dell’impianto di sinterizzazione dell’ILVA di Taranto (la più grande acciaieria d’Europa) e della sua ubicazione geografica, trattandosi di stabilimento industriale insediato a ridosso della città, a brevissima distanza dal (preesistente) abitato cittadino – la assoluta indispensabilità di un monitoraggio in continuo delle emissioni di PCDD/PCDF, per valutare l’effettivo rilascio di queste sostanze nell’ambiente in termini di quantità immessa e adottare le migliori tecnologie disponibili (BAT) per eliminarle o ridurle al massimo“.

Per ora ci fermiamo qui. Anche se qualcuno spera di poter archiviare (o cestinare) questa ordinanza in tempi brevi, noi continueremo a sviscerarne i contenuti, convinti che questa condivisione di informazioni sia un bene per tutti.

Alessandra Congedo

 

 

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