Tra gli interventi che avrebbero potuto comportare una sostanziale efficacia nell’abbattimento delle polveri sottili c’è la copertura dei parchi minerali, proprio quelli che incombono sul quartiere Tamburi. Eppure durante l’iter per l’Aia nessuna istituzione ha posto questa prescrizione come vincolante per il suo rilascio, salvo poi ricredersi nei primi mesi del 2012 quando le uova nel paniere venivano agitate proprio dai risultati delle due perizie (chimica ed epidemiologica) prodotte dagli esperti incaricati dal gip. Ma non è solo la mancata copertura degli attuali parchi a suscitare preoccupazione. C’è anche altro.
Si legge nell’ordinanza: “Non può sottacersi un ulteriore allarmante profilo di criticità evidenziato dai periti chimici, i quali nell’indicare nella copertura dei parchi minerali la soluzione del gravissimo ed annoso problema delle emissioni polverose diffuse provenienti da detti siti di stoccaggio e ripresa di materie prime, si sono soffermati, altresì, sulle pericolose, probabili implicazioni dell’uso del pet-coke nel ciclo produttivo dell’acciaieria tarantina, uso al quale l’Ilva è stata autorizzata (!) dal decreto Aia del 4 agosto 2011”.
Quel punto esclamativo posto tra parentesi pesa più di mille parole. Nell’ordinanza si ricorda che il pet-coke viene definito come la “feccia del petrolio”. Tra i suoi componenti, oltre ad Ipa (in particolare benzoapirene), vi sono ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio. In base ai risultati della perizia chimico-ambientale, si evince “come le modalità di scarico, movimentazione, stoccaggio e manipolazione successiva” del pet-coke “siano soggette a fenomeni emissivi non convogliati“, che quindi sfuggono a qualsiasi controllo. Da sottolineare che il pet-coke presenta svariati microinquinanti e metalli pesanti.
I periti lo dicono chiaramente: “Il futuro stoccaggio di pet-coke autorizzato nell’ambito del recente decreto Aia, per sue caratteristiche e contenuto di microinquinanti particolarmente critici (es. Ipa), costituirà un ulteriore elemento di aggravio dello scenario emissivo relativo al parco stoccaggi”. Pertanto, “la realizzazione di tale nuovo stoccaggio dovrebbe essere subordinata alla copertura dello stesso con valutazione e applicazione di eventuale aspirazione e trattamento delle emissioni generate”.
Le stesse considerazioni vengono espresse in merito al deposito, la movimentazione, il trasferimento di tutti quei materiali che potenzialmente sono tali da generare emissioni in atmosfera contenenti sostanze inquinanti, anche considerato “l’impatto attualmente prodotto da queste pari a 668 tonnellate di polveri per anno immesse in atmosfera e la criticità della posizione periferica del Parco stoccaggi prospiciente il centro abitato (quartiere Tamburi)”.
Una considerazione che dovrebbe essere dettata dal puro buon senso. Eppure in tutti questi anni la copertura dei parchi non è mai stata imposta da alcuna istituzione. L’azienda ha sempre negato la possibilità di effettuare un’opera del genere per i costi elevati previsti e le straordinarie dimensioni dell’area. E così ci si è accontentati di operazioni di facciata come il progetto relativo al barrieramento dei parchi minerali che dovrebbe comportare una riduzione delle polveri pesanti senza produrre alcun miglioramento sul fronte delle polveri sottili, le più pericolose per la salute umana. Come dimenticare la cerimonia inaugurale di avvio lavori risalente a poche settimane fa? Nella foto che immortala l’evento si vedono rappresentanti della istituzioni e della Chiesa che applaudono e danno la loro benedizione. Un’immagine che è bene non dimenticare.
Alessandra Congedo
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