Sequestro Ilva, Sebastio ricorda la denuncia fatta dal sindaco Stefàno

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TARANTO – Per la Magistratura l’antipatico bivio  “tutela della salute o tutela del lavoro”  non è mai esistito. Il suo compito è sempre stato quello di reprimere i reati e di punire i responsabili. Così, davanti alle conclusioni terrificanti a cui è giunto il gip Patrizia Todisco, c’era ben poco da scegliere: ignorare la gravità di quanto emerso o emettere gli unici provvedimenti possibili, anche se estremamente sofferti. Lo ha detto chiaramente Giuseppe Vignola, procuratore generale di Lecce, arrivato a Taranto per affiancare il procuratore capo Franco Sebastio in una conferenza stampa affollata e piuttosto impegnativa.

Un incontro segnato dalla consapevolezza di vivere una fase di grande tensione e dall’urgenza di fare chiarezza per stemperare quel clima rovente alimentato all’interno e all’esterno della fabbrica da chi ha messo in giro la voce di un sequestro degli impianti che in realtà non è stato ancora eseguito. Le parole di Vignola sono di conforto per tanti cittadini ionici sensibili ai temi ambientali e sanitari: “Tutti i morti meritano rispetto, quelli di Taranto non sono di serie B. I cittadini  di questa città hanno lo stesso diritto ad essere tutelati dei cittadini di Genova e di Porto Marghera”.

Su un punto ha insistito poi il procuratore capo Sebastio: al sequestro preventivo non si è arrivati all’improvviso, ma dopo una serie di passaggi che avrebbero dovuto spingere le istituzioni e l’azienda a correre ai ripari per evitare sviluppi così eclatanti e dolorosi. Sebastio ricorda le sue segnalazioni (cita in particolare quelle del 1998 e del 2012) al ministero dell’Ambiente, alla Regione, alla Provincia e al Comune, rimaste sostanzialmente inascoltate.

E ricorda anche che è stato lo stesso sindaco Stefàno a presentare una “circostanziata denuncia che non è stata determinante per l’apertura del procedimento (stoccatina al primo cittadino che si è sempre vantato di questo, ndr),  in cui diceva alla Procura “signori, qua muoiono le persone, vi dovete muovere, dovete contestare reati di disastro ambientale ed omicidio colposo plurimo”. Parole che nella memoria del procuratore capo sono rimaste impresse, anche se il tempo sembra aver condizionato la rotta del primo cittadino.

Come dimenticare poi le 150 parti lese che in diverse occasioni hanno presentato denuncia per danneggiamento di edifici del quartiere Tamburi? E la drammatica vicenda dei capi di bestiame abbattuti per colpa della diossina e le cozze mandate al macero per la contaminazione da pcb? E gli allarmanti dati sull’incidenza di tumori e malattie di vario genere nei quartieri più vicini al siderurgico, che vedono come vittime anche i bambini? Un quadro così chiaro che solo un (finto) cieco può fingere di non vedere.

Alessandra Congedo

 

 

 

 

 

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