Sequestro Ilva, gli ambientalisti: “Colpa della negligenza dell’azienda e delle istituzioni”
TARANTO – «Ciò che si sta verificando a Taranto è il risultato della negligenza dell’azienda e delle istituzioni che non hanno saputo agire nell’interesse pubblico». E’ questo il primo commento di Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, alle notizie diffuse ieri sul sequestro dell’area a caldo dell’Ilva. «Sin dal 2008, quando c’è stata la prima grande manifestazione di Altamarea contro l’inquinamento che ha portato per strada migliaia di tarantini, avevamo avvisato le forze politiche ma non siamo stati ascoltati. Da allora le istituzioni hanno fatto poco o nulla e questi sono i risultati».
Marescotti precisa che in questo momento così critico per l’intera comunità ionica gli ambientalisti devono stare dalla parte degli operai: “Sono loro i più danneggiati da questa situazione ma non per colpa della Magistratura che sta solo facendo il suo dovere. Se l’azienda avesse agito nel rispetto dell’ambiente e della salute, se le istituzioni non fossero state negligenti, le cose sarebbero andate diversamente».
Il presidente di Peacelink tira in ballo anche le responsabilità dei sindacati: “Avrebbero potuto partecipare all’iter per l’Autorizzazione Integrata Ambientale e chiedere, come abbiamo fatto noi, prescrizioni più severe per tutelare anche la salute degli stessi lavoratori. In tanti non hanno voluto vedere ciò che era fin troppo evidente: l’inquinamento è ancora in atto e non tende a diminuire».Marescotti torna su una proposta già illustrata in passato: «Bisogna mettere in sicurezza di emergenza la falda e procedere alla bonifica dei terreni contaminati, a partire da quelli dei Tamburi dove ci sono piombo, antimonio e pcb. I lavoratori del siderurgico possono essere coinvolti in queste attività. Ci sono dei fondi strutturali europei a disposizione della Regione che possono essere utilizzati per i corsi di formazione».
E sul rischio che si faccia flop come accaduto per Bagnoli, Marescotti la pensa così: “Bisogna seguire l’esempio della Germania: l’ex area industriale della Ruhr oggi viene visitata da migliaia di turisti».Di margini di recupero parla Leo Corvace del direttivo di Legambiente Taranto: «Spero che anche dopo il sequestro si possa agire sugli impianti per garantire una drastica riduzione dell’inquinamento con interventi a cui l’Ilva si è sempre opposta. Purtroppo, se siamo arrivati a questo punto è proprio per la rigidità e l’ostruzionismo con cui si è mossa negli ultimi tempi. Basta pensare ai ricorsi al Tar che hanno bloccato la messa in sicurezza della falda ed hanno affossato diverse prescrizioni contenute in un’Aia che era già troppo blanda. Allo stato attuale l’Ilva è senza un effettivo piano di controllo e monitoraggio».
Anche Corvace punta l’indice contro le istituzioni: «La cosa più assurda è che nessun ente, finora, ha chiesto all’Ilva di ritirare il ricorso contro il riesame dell’Aia”. Infine, Corvace ricorda quali sono gli interventi richiesti da Legambiente per rendere la fabbrica meno pericolosa per la salute dei cittadini e per l’ambiente: “Abbiamo già presentato al ministero dell’Ambiente i 26 punti irrinunciabili per la nuova Aia. Tra le priorità la copertura dei parchi minerali, interventi per eliminare le emissioni diffuse di diossina e l’esercizio controllato della cokeria».
Alessandra Congedo