Nelle 600 pagine che compongono i due provvedimenti cautelari la Todisco scrive, tra l’altro, che la gestione dell’Ilva è ”sempre caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni provocati”, ha un impatto ”devastante” sull’ambiente e sui cittadini e ha prodotto un inquinamento che ”ancora oggi” provoca disastri nelle aree piu’ vicine allo stabilimento.
Secondo il gip, gli accertamenti e le risultanze emersi nel corso del procedimento, infatti, hanno ”denunciato a chiare lettere l’esistenza, nella zona del tarantino, di una grave e attualissima emergenza ambientale e sanitaria, imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive, dallo stabilimento Ilva”. E siccome ”la salute e la vita umana sono beni primari dell’individuo, la cui salvaguardia va assicurata in tutti i modi possibili”, sostiene il giudice riportando un passaggio della richiesta dei pm, l’impianto va fermato.
Duro l’affondo nei confronti dei vertici aziendali: ”L’attuale gruppo dirigente si è insediato nel (maggio) 1995, periodo in cui erano assolutamente noti non solo il tipo di emissioni nocive che scaturivano dagli impianti ma anche gli impatti devastanti che tali emissioni avevano sull’ambiente e sulla popolazione”. Cosi’ come ”chiarissimi” erano gli effetti subiti dalle aziende agricole. Ma non solo: ”già nel 1997 e poi a seguire fino ad oggi gli accertamenti dell’Arpa evidenziavano i problemi per la salute che determinavano le emissioni del siderurgico”.
Non manca il riferimento agli ”atti d’intesa volti a migliorare le prestazioni ambientali dell’impianto” (il Gip cita il primo del gennaio 2003 seguito da uno del febbraio e uno del dicembre 2004 e l’ultimo dell’ottobre 2006) che vengono definiti come ”la piu’ grossolana presa in giro compiuta dai vertici dell’Ilva”.
Il gip cita anche ”eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali, per singoli tumori e per importanti patologie non tumorali, quali le malattie del sistema circolatorio, del sistema respiratorio e dell’apparato digerente, prefigurando quindi un quadro di mortalita’ molto critico”. Da 1995 al 2002 è stata inoltre registrata ”significativamente in eccesso la mortalita’ per tutti i tumori in eta’ pediatrica (0-14 anni)”.
Dall’altra parte c’è il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante che in una nota stampa dichiara: “Voglio esprimere la grande amarezza, mia e di tutto lo stabilimento, per le persone che oggi si sono viste notificare gli arresti domiciliari, in particolare per i 6 dirigenti dell’Ilva di Taranto, tecnici stimati a livello mondiale e che rappresentano l’eccellenza lavorativa del Sud Italia. Siamo vicini a loro e alle loro famiglie”.
Aggiunge l’ex prefetto: “Sono momenti davvero drammatici e carichi di emozioni. Ho visto persone in stabilimento commosse e in lacrime, il cui stato d’animo comprendo e condivido. Non posso esprimermi ancora sul sequestro degli impianti – conclude Ferrante – in quanto leggerò con attenzione quanto ci prescrive la magistratura e farò le valutazioni del caso. Voglio però dire che non mancherà l’impegno, come non è mai mancato in questi anni, per tutelare in tutte le sedi opportune l’occupazione e il futuro dell’Ilva, che è patrimonio dell’intero Paese”.
E mentre gli operai esprimono tutto il loro disagio davanti al rischio di perdere il posto di lavoro, viene da pensare alle gravi responsabilità della classe politica, incapace di avvertire l’entità di un’emergenza sanitaria e ambientale senza paragoni nel resto d’Italia. Dal Comune al Governo, dalla Regione alla Provincia: tutti avrebbero potuto e dovuto fare molto di più e a tempo debito. I recenti e goffi tentativi di evitare il sequestro degli impianti dell’area a caldo hanno soltanto reso più evidente la loro colpevole inadeguatezza.
Alessandra Congedo
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