Mosso da questo principio normativo, art. 3 quater – Principio dello sviluppo sostenibile – ex d.lgs. 152/2006 (Testo Unico sull’Ambiente) ho presentato in regione l’ordine del giorno con cui chiedo alla politica, precisamente al Governo Regionale, già dalla prossima data di consiglio, l’impegno a sviluppare, entro il termine temporale di cinque anni massimo, con tutti i mezzi possibili di economia e partenariato, con l’utilizzo di fondi comunitari diretti ed indiretti, mediante progetti ENPI o quant’altro risulti necessario: ”alternative economiche tali da assorbire la forza lavoro presente nell’area a caldo dell’ILVA, per la quale contestualmente si operi la chiusura definitiva”.
Non si può prescindere dalla tutela del lavoro, che ha portato circa 7mila lavoratori a scendere in piazza lo scorso 30 marzo in concomitanza del deposito delle perizie medico scientifiche vagliate dalla Magistratura di Taranto per l’attribuzione di reati di: “disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico” a carico di ILVA SpA. Infatti, la politica non può restare sorda alle loro dichiarazioni tese ad evidenziare che “non ci sono alternative economiche e lavorative che prescindano dall’ILVA, industria inquinate, e grazie alle quali si possa prefigurare un barlume di futuro”.
“Morire per mangiare “ non potrà mai assurgere a principio valido, ed ugualmente risulta inammissibile pensare che la vocazione del territorio ionico sia ineludibilmente industriale. Non si può prescindere dalla tutela del diritto alla salute, affinchè il lungo appello di nomi e cognomi non continui a rispondere “presente” alla generale ecatombe, l’aumento della mortalità e delle malattie anche genetiche trova fondamento nelle perizie medico scientifiche ordinate dalla Magistratura, che non ammettono repliche o discussioni e dimostrano come l’Ilva nuoce alla salute dei cittadini come degli operai e abbia danneggiato e danneggi ancora oggi l’ambiente.
Ricordo che da uno studio recente del centro studi di Siderweb, il portale della siderurgia italiana, sulla base dei dati di bilancio 2010 estratti dallo studio “Bilanci d’Acciaio”, ha calcolato che “il peso diretto dell’ILVA sull’economia italiana, in termini di valore aggiunto (valore aggiunto Ilva/Pil nazionale), è pari allo 0,05%. Il peso sul Pil della Puglia è di circa l’1,24%, mentre quello sul Pil della provincia di Taranto è pari a circa il 7,7%”. Ora più che mai è il momento giusto per spostare l’attenzione sulle alternative economiche alle industrie inquinanti ed indirizzare la Giunta Regionale ad una nuova politica di progresso, sviluppo sostenibile e ricchezza economica.
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