Nell’Ilva si continua a “respirare” un clima di fortissima tensione in attesa del giorno del temuto sequestro giudiziario da parte della Procura, a conclusione dell’inchiesta sul disastro ambientale che vede indagate cinque persone dei vertici societari e aziendali. In molti, infatti, temevano che la Procura agisse proprio dopo la riunione romana. Ed invece, anche nella giornata di venerdì, non si è mossa foglia alcuna. Forse, per provare a mantenere tutti la bussola un po’ più ferma, potremmo dar credito, almeno per una volta, alle dichiarazioni dell’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, che nei giorni scorsi, durante una riunione tecnica, avrebbe candidamente dichiarato ai presenti che “non è detto che la magistratura agisca adesso”. Frase solamente scaramantica o frutto di notizie certe provenienti dalla città dei Due Mari? Chissà. Fatto sta che, alla resa dei conti, è quello che si augurano un po’ tutti. Dalle istituzioni tutte ai sindacati, passando anche per la dirigenza Ilva che ancora oggi, paradossalmente, è in una posizione di forza e di assoluto vantaggio rispetto agli amici di sempre, che si stanno affannando in tutti i modi possibili pur di tutelare gli interessi dell’azienda e del sistema Italia.
D’altronde, se anche in una situazione di tale drammaticità, un ministro arriva ad affermare un laconico “speriamo che l’Ilva firmi l’intesa raggiunta con istituzioni e sindacati” (il 24 il ministro incontrerà il neo direttore del gruppo Ilva, Ferrante), vuol dire che i ruoli sono più che definiti. Inoltre, sarebbe anche il caso di capire questa intesa raggiunta, cosa comporterà per esempio, per quanto concerne il riesame dell’AIA: sarà ritirata quella della scorsa estate e si ripartirà da zero? Saranno inserite nuove prescrizioni? E se sì, quali? Su tutto questo, c’è un silenzio assoluto. Anche perché la stragrande maggioranza dei politici e dei sindacalisti che hanno parlato sino ad oggi di Taranto e del suo inquinamento, poco o nulla sanno di questioni tecniche e delle conseguenze sull’ambiente e sulla salute: molto semplicemente sono del tutto impreparati ad affrontare il discorso da un punto di vista scientifico e serio.
Aggiungere a ciò ulteriori oggettivi potrebbe farci sconfinare nel turpiloquio, indi per cui preferiamo seppellire il tutto sotto un velo di dignitoso (almeno per noi) silenzio. E così, in attesa di conoscere il futuro, c’è chi, non avendo evidentemente nulla di meglio da fare, decide che è il momento buono per alzare al massimo il livello di tensione e ansia tra gli operai Ilva, specialmente tra coloro che lavorano quotidianamente in quegli impianti finiti nel mirino della Procura e che avvelenano i loro polmoni in primis, per poi contribuire all’avvelenamento di un’intera città e dei terreni circostanti: ovvero la cokeria, l’agglomerato e i parchi minerali. E che il tutto sia una manovra proveniente dall’interno, lo hanno confermato lontano dai microfoni anche i sindacati delle federazioni metalmeccaniche, che hanno parlato di un vero e proprio allarme creato ad hoc e comunicato ai lavoratori, circa il possibile arrivo dei Carabinieri per il sequestro su ordine dalla magistratura.
Addirittura, pare che i lavoratori sarebbero stati invitati a presidiare i posti di lavoro per evitare ai Carabinieri del NOE di apporre i sigilli agli impianti incriminati. Cose dell’altro mondo. Un caos generale che avrebbe diffuso anche la voce di una imminente manifestazione in stile “30 marzo”. Fortuna vuole, almeno in questo caso, che il nuovo direttore dell’Ilva sia un ex Prefetto, che conosce alla perfezione la macchina giudiziaria, nonché tutti i segreti per tenere a bada gli animi dei più turbolenti. Pare infatti che sia dovuto intervenire Ferrante in persona per riportare tutti alla calma. Atteggiamento condiviso in toto dai sindacati, che in questi giorni stanno tentando in tutti i modi di tenere a freno i rappresentanti della misteriosa sigla “I Lavoratori Ilva”, gli organizzatori della marcia degli 8 mila, nonché il misterioso SIL, il “Servizio di Prevenzione e Protezione”, che opera in attuazione di quanto previsto dall’art.31 del Decreto Lgs. 81/2008, ma di cui nulla si sa.
Dunque, mentre da un lato le istituzioni tentano invano di correre ai ripari dopo decenni di totale inoperosità per la salvaguardia dell’ambiente e dalla salute, dando vita a leggi e leggine inutili, e resuscitando nuovi atti d’intesa dopo i precedenti fallimentari siglati in passato, dentro l’Ilva c’è chi si diverte a giocare a guardie e ladri, mostrando involontariamente il vero volto di un’azienda ancora oggi del tutto aliena da una reale volontà di rispetto prima ancora che verso la legge e la magistratura, della dignità di ogni singolo lavoratore che dal ’95 ad oggi hanno permesso alla famiglia Riva di diventare uno dei più influenti ed importanti gruppi economici del mondo. E’ proprio vero, da queste parti non si finisce mai di “imparare”. E di indignarsi.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 21 luglio 2012)
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