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Ilva, ecco il bilancio 2011 in anteprima

TARANTO – Come sempre avviene, le parole a vuoto e le sterili polemiche preferiamo lasciarle agli altri. La settimana scorsa pubblicammo uno studio secondo cui l’eventuale chiusura dell’Ilva di Taranto peserebbe sul PIL del paese Italia dello 0,05%. Maggiore, ovviamente, il peso per la Provincia ed il Comune di Taranto, meno per quello regionale. Oggi, invece, pubblichiamo in anteprima il bilancio 2011 dell’Ilva Spa. Anche perché è bene dire le cose come stanno sempre. Ed in questo caso, economicamente parlando, bisogna avere il coraggio di dire ai tarantini tutti, in primis ai lavoratori del siderurgico, che se di crisi si deve parlare è unicamente in chiave mercato, non certo per quella eventuale che potrebbe avvenire in seguito alle decisioni della magistratura. Che poi, a leggere i numeri in questione, visti anche i tempi che corrono, ci vuole coraggio ad usare il termine “crisi”.

Ciò detto, la prima considerazione da fare è che l’Ilva Spa ha effettivamente chiuso l’esercizio con una perdita netta, nonostante il 2011 sia stato caratterizzato da un aumento delle produzioni rispetto all’esercizio precedente e da un sensibile incremento delle spedizioni di prodotti finiti. Tale risultato negativo, dichiarano fonti economiche che studiano e monitorano costantemente il mercato dell’acciaio, “va inquadrato in un contesto economico generale non favorevole a causa: della particolare e svantaggiosa situazione italiana dei costi di alcuni servizi, che continuano a registrare tariffe superiori rispetto ai principali competitor europei; della stagnazione della domanda interna di acciaio e di  una ripresa economica significativa solo nei mercati dei paesi emergenti e nei cosiddetti paesi BRIC”. Passando ai dettagli tecnici, i ricavi delle vendite per il 2011, si sono attestati a 6.026 milioni di euro, in aumento del 30,4% rispetto all’esercizio precedente, “grazie sia ai maggiori volumi collocati sul mercato che all’aumento dei prezzi medi, soprattutto nella prima parte dell’anno”. Di contro, anche i costi delle materie prime hanno registrato un andamento al rialzo (+36,1%), addirittura superiore a quello dei ricavi di vendita: cosa peraltro denunciata più volte anche dalla stessa Federacciai.

Conseguentemente, il margine operativo lordo della gestione industriale è però peggiorato, “passando da 121 milioni di euro a 36 milioni di euro, nonostante le spese dei servizi esterni siano cresciute soltanto del 14,7%. Tolti ammortamenti e accantonamenti per 397 milioni di euro, è emerso un reddito operativo di -360 milioni di euro contro -261 milioni di euro nel 2010”. Calcolatrice alla mano, “l’esercizio 2011 si è chiuso quindi con una perdita di 35,5 milioni di euro contro un utile di 43,7 milioni di euro dell’anno precedente”. Le note dolenti arrivano dagli indici di redditività e da quelli finanziari e di solidità. Per quanto concerne la redditività del capitale proprio (ROE) da 1,82% si è scesi a -1,50% ; la redditività del capitale investito (ROI) da -7,08% è passata a -10,16% e la redditività delle vendite (ROS) da -6,74% a -7,41%. Per gli indici finanziari e quelli di solidità, il grado di copertura delle immobilizzazioni da 0,64 è sceso a 0,58; l’indice di indebitamento complessivo è salito dal 186,32% al 216,41%, mentre l’indice di indebitamento finanziario è passato dal 109,43% al 121,43%. Le passività di finanziamento ammontano a 2.870 milioni di euro, con un aumento di 244,7 milioni di euro rispetto al 2010. L’indebitamento bancario netto, pari a 705 milioni di euro, è  diminuito di 101 milioni di euro.

Gli oneri finanziari sul fatturato sono saliti dall’1,65% all’1,99%. Infine, gli indici di liquidità  hanno registrato un leggero peggioramento: l’indice di liquidità primaria da 0,41 è  sceso a  0,37, mentre l’indice di liquidità secondaria è diminuito da 0,98 a 0,92. Questo, nel dettaglio, il bilancio dell’Ilva Spa nel solo 2011. Ora, pensare che un’azienda in un solo anno e in piena recessione economica dei mercati europei, riesca ad incassare 6 miliardi di euro e poi decida di spendere appena 8 milioni di euro per un’opera inutile come quella del barrieramento dei parchi minerali, la dice lunga su tante cose. Anche sulla totale incapacità della nostra classe dirigente nel chiedere molto, ma molto di più alla proprietà. Fosse anche solo in termini di “risarcimento danni” che se solo Comune e Provincia avessero davvero voluto, a quest’ora avrebbe risolto tantissimi, se non tutti, problemi economici dei due enti. Questi dati, dunque, parlano molto chiaro: se mai un giorno l’Ilva dovesse decidere di chiudere i battenti a Taranto, sarà solo e soltanto per una mera questione economica, di mercato. A meno che non decidiamo una volta e per tutte di seguire concretamente i consigli dei periti epidemiologi scritti nelle conclusioni della loro perizia: quella è l’unica strada per dimostrare scientificamente, e non a parole o in forma del tutto parziale, non solo il non rispetto delle regole in fatto di emissioni, quanto soprattutto il nesso causale con i veleni e le migliaia di malattie e morti causati da oltre 60 anni di inquinamento dovuto alla grande industria.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 14 luglio 2012)

 

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