TARANTO – Solo in questo paese può accadere quello che sta avvenendo in queste ore a Taranto. Dove sono bastate le dimissioni, nel giro di appena sei giorni, del direttore dello stabilimento Ilva Luigi Capogrosso e del presidente del gruppo Riva, per dare vita ad un circo mediatico di bassissimo livello. E’ bastato un semplice atto dovuto, visto che entrambi sono tra gli indagati dalla Procura di Taranto nell’ambito di una maxi inchiesta che va avanti da due anni, per far sì che si iniziassero a descrivere scenari apocalittici di chiusura dell’azienda con migliaia di disoccupati abbandonati al loro destino. Il tutto per colpa di un’inchiesta che ha vissuto il suo momento decisivo con le due perizie (chimiche ed epidemiologiche) presentate a gennaio e marzo scorsi da esperti nominati dal tribunale di Taranto in sede di incidente probatorio.

Documenti che ora sono tornati al procuratore capo Franco Sebastio, all’aggiunto Pietro Argentino, ai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Lafranco Marazia, che da mesi stanno valutando il da farsi: in molti ipotizzano provvedimenti restrittivi per l’impianto siderurgico oppure la chiusura delle indagini preliminari (ma non è escluso che possano accadere entrambe le cose). Le due perizie (che è bene ricordare non sono di parte, perché fatte per nome e per conto del giudice) hanno per la prima volta messo nero su bianco le responsabilità dell’Ilva in termini di inquinamento, malattie e morti (tra cittadini e operai). Ricordiamo che l’ing. Capogrosso, Emilio Riva, Nicola Riva ed Angelo Cavallo, responsabile del reparto Agglomerato 2, sono indagati per disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, inquinamento atmosferico: dunque, non proprio quisquiglie.

Ovviamente, nel mirino degli eventuali provvedimenti della magistratura, quasi certamente finiranno l’area a caldo (la cokeria e l’agglomerato) e i parchi minerali. Ovvero il cuore del siderurgico: visto che l’area a caldo rappresenta il nucleo dell’intero processo produttivo. Tra cokeria, agglomerato e parchi minerali, sono impiegati oltre cinquemila operai che più di qualcuno ha pensato bene di impaurire in questi ultimi giorni, dimostrando ancora una volta di non avere rispetto nemmeno per chi ogni giorno rischia la propria vita e mette a repentaglio la salute per mantenere una famiglia e far crescere i profitti del padrone. Ma quello che è ancora più inaccettabile, è vedere come il Potere abbia iniziato a muoversi in anticipo, serrando le fila, per farsi trovare compatto nel momento in cui la magistratura comunicherà le sue decisioni. Che certamente non saranno morbide. Ma nemmeno assassine. Perché è chiaro come il sole che molto probabilmente questa inchiesta è l’ultima possibilità di cambiare il corso della storia di questa città. E del più grande siderurgico europeo. Soltanto provvedimenti “duri” infatti, potrebbero indurre la famiglia Riva, i sindacati, i politici locali e le istituzioni tutte, a sedersi attorno ad un tavolo per dare vita ad un nuovo corso, fatto di serietà e non di chiacchiere o slogan.

E’ anche e soprattutto per questo (almeno si spera), infatti, se questa mattina a Roma si svolgerà una riunione tra i tecnici del ministero dell’Ambiente, dello Sviluppo Economico e della Coesione territoriale che avrà per oggetto l’autorizzazione integrata ambientale concessa all’Ilva di Taranto. In una nota stampa, il ministro Corrado Clini ha spiegato che la riunione servirà a preparare il vertice del 19 luglio (a cui prenderanno parte anche i ministri interessati, oltre al goverantore della Puglia Nichi Vendola e al sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno) per esaminare “lo stato delle iniziative in corso in relazione all’autorizzazione integrata  ambientale degli impianti ed alla bonifica del sito industriale”.

“Nessuno vuole che l’Ilva chiuda ma nessuno può accettare che continui ad inquinare”, si legge in un lancio dell’agenzia Reuters che riporta le parole di una fonte  ministeriale, secondo cui è improbabile che venga revocata l’autorizzazione concessa nel 2011 all’impianto siderurgico, ma ci sarà “un accordo politico su quello che l’Ilva può e deve fare per ridurre le emissioni inquinanti”. Sempre questo pomeriggio, invece, a Bari presso la sede della Presidenza, Vendola incontrerà i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL e i sindacati di categoria FIOM, UILM e FIM “sulle questioni legate all’ILVA di Taranto”. Sempre i sindacati insieme ad una delegazione di lavoratori, il 17 e il 18 luglio, si recheranno a Milano per incontrare direttamente l’intera famiglia Riva. Staremo a vedere dunque cosa realmente accadrà.

Ciò detto, resta assolutamente scandaloso la continua, strisciante, sussurrata e vigliacca pressione alla magistratura ad opera di sindacati, politici, mass media e quant’altri che ha preso il via già da tempo, prima ancora di conoscere gli eventuali provvedimenti. Come un continuo voler “avvisare” affinché tutti “sappiano bene quello che fanno”. Il bello o il ridicolo, fate voi, è che alla fine tutti si dicono “fiduciosi e rispettosi” del lavoro della magistratura. Ma a quanto pare, il circo mediatico è già finito: con il ritorno di tutti al loro ruolo da comprimari e, si spera, con le boccucce chiuse. Nella tarda serata di ieri, Bruno Ferrante, nuovo presidente dell’Ilva, ha infatti candidamente dichiarato che “nessun disimpegno e nessun abbandono dell’Ilva rispetto a Taranto.

L’azienda é qui, ci vuole restare, considera Taranto uno stabilimento strategicamente importante nel quale continuare ad investire, a produrre e a mantenere i posti di lavoro”. Ferrante, ex prefetto di Milano dal 2000 al 2005, dimostra di essere, almeno a parole, uomo di altro spessore rispetto ai suoi predecessori. Come quando dichiara che “non posso dire ora che cosa farà l’azienda da qui a qualche giorno se prima non vediamo che provvedimento la magistratura assume. Se ci saranno provvedimenti della magistratura, li leggeremo, li valuteremo e decideremo il da farsi. Per ora, ogni valutazione su quello che farà l’azienda è prematuro”. Prepariamoci ad un’estate bollente, ne vedremo delle belle.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 13 luglio 2012)

 

Lascia un commento