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Diossina, lo sfogo della famiglia Fornaro: “E il risarcimento per gli allevatori?”

TARANTO – Leggendo i giornali abbiamo appreso che la Regione Puglia si dice pronta a risarcire i danni subiti dai mitilicoltori a causa della contaminazione da diossina e PCB. Noi che per primi abbiamo vissuto questo calvario non possiamo non accogliere la notizia con sollievo in quanto, almeno per loro e almeno per ora, si prospetta una soluzione. Vorremmo infatti ricordare ai nostri entusiasti rappresentanti comunali e regionali che a noi allevatori, trovandoci nella stessa situazione, fu concesso un minimo contributo di circa 60 euro a capo di bestiame abbattuto, cifra a malapena equivalente al reale valore del singolo animale e non comprensiva neanche lontanamente del danno subito per l’annientamento di attività lavorative secolari.

Tra l’altro ci fu detto che la Regione non avrebbe competenze reali in casi come questi in quanto risarcirci spetterebbe esclusivamente al responsabile dell’inquinamento una volta individuato. Da allora, inoltre, ci è stato imposto il divieto di pascolo, tuttora vigente, nel raggio di 20 km dalla zona industriale, che per noi vuol dire non poter riprendere l’attività di allevamento che da 4 generazioni è stata fonte di reddito per le nostre famiglie e per quelle dei nostri dipendenti. In pratica, dal 2008 le nostre aziende sono chiuse, i nostri dipendenti licenziati e noi disoccupati.   Il sindaco Stefàno oggi si dice soddisfatto di questa iniziativa regionale tesa a fornire il più immediato sostegno economico per fronteggiare i danni patiti dai mitilicoltori.

Premesso ciò, vorremmo quindi chiedere proprio al nostro sindaco, al suo omonimo assessore regionale alle risorse agroalimentari e infine al nostro governatore Vendola, come mai non si sono trovate le risorse per risarcire anche i danni a noi allevatori? Come mai solo a noi allevatori è stato impedito di allevare ancora? Come mai solo noi allevatori dobbiamo aspettare i tempi lunghi del processo per giungere ad un epilogo che, speriamo, ci renda finalmente giustizia? Perché le forze messe in campo in supporto della mitilicoltura ionica non sono state utilizzate anche per la salvaguardia del comparto zootecnico? Forse perché noi allevatori siamo solo dodici? Forse perché noi non abbiamo bloccato il ponte girevole?

Noi però siamo disperati quanto e più di loro, se non altro perché viviamo in questa situazione di eterna attesa da quasi cinque anni e non possiamo permetterci di andare avanti così ancora per molto, contando esclusivamente sull’aiuto e il sostegno di amici e famigliari. E tutto questo nonostante per anni abbiamo preservato l’ambiente agricolo delle nostre campagne protette da vincoli ambientali per la presenza di stupende gravine e di ulivi secolari, campagne dove l’agricoltura intensiva non è mai stata praticata ed i prodotti sono sempre stati esclusivamente biologici, dove da quest’anno non si potranno lavorare i terreni per impedire all’erba secca di crescere indisturbata ed accumularsi rischiando di trasformare tutto in cenere per la noncuranza del passante di turno, come accade spesso d’estate.

Purtroppo questo succederà, perchè le macchine agricole hanno bisogno di manutenzione e di carburante per lavorare e noi siamo arrivati al punto in cui la nostra buona volontà non basta. Sono passati ormai quasi cinque anni e viviamo confidando nell’esito del processo assolutamente certi della serietà con cui la magistratura sta svolgendo il proprio lavoro, ma la giustizia richiede tempo per fare il suo corso e noi purtroppo non abbiamo più tempo! Siamo stanchi di parole, riunioni, tavoli tecnici che forse danno ai nostri rappresentanti l’illusione di rendersi utili nello svolgimento del loro “ lavoro” ma per noi rappresentano un attentato continuo a quel poco che ci è rimasto: la nostra dignità. Ribadendo che, per quanto ci riguarda, il dialogo rimane la forma di dibattito più civile e che con queste parole non intendiamo alimentare la solita guerra tra poveri troppo spesso strumentalizzata in questa nostra città, attendiamo delle RISPOSTE ai quesiti pocanzi posti perché crediamo che, a questo punto, almeno questo chi di dovere ce lo debba.

Lettera della famiglia Fornaro

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