Taranto, il silenzio dei morti e quello dei vivi
TARANTO – Una città che non ha memoria, non ha futuro. Ma una comunità che non ricorda uomini e donne decedute sul posto di lavoro mentre svolgevano il loro dovere, la maggior parte dei quali in fabbrica, non ha nemmeno coscienza. E’ per questo che sabato mattina erano in meno di 30 al cimitero San Brunone mentre veniva scoperta una stele in loro memoria da Cosimo Semeraro, presidente del comitato “12 Giugno” e da Patrizia Perduno, moglie di Silvio Murri, deceduto all’Ilva nel 2004. Per l’occasione erano stati portati 33 gigli da deporre in ricordo dei “caduti”: ma non vi erano abbastanza mani. Né cuori per ricordare. Perché non può bastare, né consolare, il fatto che l’iniziativa avesse l’appoggio della Direzione Ambiente e Cimiteri; né il contributo ideale dei sindacati. Ingiustificabile, inaccettabile, vergognosa l’assenza delle Istituzioni, sempre presenti in prima fila quando si tratta di dar lustro alle cerimonia del “potere”.
Intollerabile quella di Cgil, Cisl e Uil: i sindacati che dovrebbero tutelare i diritti dei lavoratori, “dimenticano” di conservare e tramandare la memoria e l’esempio di coloro che per il lavoro sono morti. Da brividi quella degli altri operai, a testimoniare che la classe operaia è da tempo defunta anch’essa. Gravissima quella di associazioni, comitati e semplici cittadini: perché una città è una comunità, non un branco di pecore. Ridicola quella degli ambientalisti, oramai tagliati fuori dalla reale realtà di Taranto. L’esperienza ci ha insegnato che si può guardar succedere qualcosa senza nemmeno vederlo. Sulla stele c’è scritto: “Onore a coloro che sacrificati dal lavoro, perdono la loro vita”. Onore, sì: ma soltanto a loro.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi dell’11 giugno 2012)