Mar Piccolo, le cozze del primo seno andranno distrutte

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TARANTO – Come ampiamente prevedibile, non ha riservato sorprese il tavolo tecnico istituito per la “valutazione e gestione del rischio per la presenza di PCB e Diossine negli allevamenti e negli alimenti nella provincia di Taranto”, tornato a riunirsi nella mattinata di ieri a Bari negli uffici dell’assessorato regionale alla Sanità. Alla riunione hanno preso parte il Dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia, il Preside della facoltà di Medicina dell’Università di Bari, il Direttore dell’Arpa Puglia, il Direttore IZS di Foggia, i direttori dei dipartimenti Prevenzione e Servizi veterinari Asl di Taranto e rappresentati dell’Istituto per l’Ambiente marino Costiero per il CNR. Per il Comune, oltre al dirigente alle Attività Produttive Michele Matichecchia, presente anche il sindaco Stefàno, che ha potuto assistere in qualità di semplice uditore.

Assente la delegazione dei mitilicoltori, che dopo l’incontro di giovedì pomeriggio con il vice Prefetto Di Stano, in cui hanno ribadito la necessità di spostare il tavolo a Taranto, hanno scelto di attendere il ritorno di Stefàno da Bari all’esterno di Palazzo di Città. Motivo per cui hanno svolto un presidio a partire dalle 8.30 di ieri mattina, che si è concluso soltanto nel tardo pomeriggio.
Come detto, dunque, nessuna novità. Soltanto una serie di drammatiche conferme. La prima, la più scontata e inevitabile, è stata la decisione di distruggere entro fine luglio le cozze allevate nel I seno del Mar Piccolo di Taranto.

D’altronde, dopo i risultati delle analisi effettuate sui quattro campioni del I seno di Mar Piccolo prelevati dalla ASL tra il 21 e il 23 maggio, che hanno superato i limiti di legge (6,5 picogrammi al grammo) attestandosi su una media di 7,5, altro non si poteva fare. Dopo la metà della produzione del 2011, anche la produzione 2012 degli allevamenti del I seno, andrà a finire nel forno dell’inceneritore dell’AMIU. Si parla di 20 mila tonnellate per un danno economico vicino ai quattro milioni di euro. E quasi certamente, sarà il Comune (si spera non i mitilicoltori) ad accollarsi i costi delle operazioni per il recupero dei mitili ed il trasferimento di essi presso l’inceneritore.

Ma oltre alla conferma dell’ordinanza n.1989 dello scorso luglio emessa dal Servizio Veterinario della ASL TA, con la quale si ordinava il blocco del prelievo e della movimentazione di tutti i molluschi bivalvi vivi del I seno di Mar Piccolo, è stato deciso che il novellame attualmente in allevamento nel primo seno del mar Piccolo, dovrà essere trasferito entro il prossimo 28 febbraio in Mar Grande o nel secondo seno, ovviamente solo per chi è in regola con le concessioni. A proposito delle aree di Mar Grande, il dirigente alle Attività Produttive del Comune di Taranto, Michele Matichecchia, ha annunciato la proroga di altri 15 giorni per le 28 cooperative che hanno ottenuto gli spazi, dopo che giovedì è scaduto il termine previsto per ritirare le coordinate delle aree da occupare.

Nessun rappresentante delle cooperative si è presentato entro il termine previsto, segnale inequivocabile del fatto che i mitilicoltori speravano in un miracolo del tavolo tecnico; ma anche un gesto che conferma la grande riluttanza nello spostarsi in Mar Grande. Matichecchia ha anche confermato come a breve inizierà la posa in opera delle boe di segnalazione delimitanti le aree del Mar Grande, destinate ai nuovi temporanei insediamenti mitilicoli.

Ma non bisogna dimenticare che l’approdo degli allevamenti in Mar Grande necessita, inevitabilmente, della presenza dei famosi “corpi morti”, ovvero enormi basi di cemento armato del peso anche di 3,5 quintali, che dovranno sostenere i galleggianti e che dovranno essere trasportati dagli stessi mitilicoltori con delle grandi imbarcazioni. Inoltre, il tavolo tecnico di ieri ha anche confermato che le aree individuate a Mar Grande, dovranno essere sottoposte a classificazione sanitaria dalla ASL, periodo di sperimentazione della durata di sei mesi, necessario per testare la zona e la reale possibilità di attecchimento del seme in Mar Grande: perché tutti oramai sanno che il mitile prodotto nel 1° seno del Mar Piccolo ha una sua specificità, che perderà una volta spostato nelle acque di Mar Grande.

Il mare aperto, come da sempre dichiarato dai mitilicoltori e confermato anche dalla ASL, non è adatto a tale uso. O meglio, potrebbe anche esserlo, ma la qualità del prodotto ne risentirebbe e non poco: le condizioni delle acque di Mar Grande non sono tali per favorire il futuro della mitilicoltura tarantina. Il mare aperto ha una qualità e una salinità completamente diversa rispetto a quella che si viene a creare in un “seno” come quello del Mar Piccolo (che ricordiamo possiede i famosi citri, sorgenti di acqua dolce che sboccano dalla crosta sottomarina), oltre ad avere un processo di riscaldamento delle acque molto diverso e decisamente più lento.

Questo, dunque, quanto deciso ieri. Si è solo accennato, invece, alla questione della bonifica del Mar Piccolo. Il sindaco Stefàno ha assicurato che eserciterà pressioni sul Governo e il Ministero dell’Ambiente affinché si adoperino per trovare le risorse necessarie all’opera di bonifica del Mar Piccolo. Che rumors istituzionali e non danno tra i 100 e i 200 milioni di euro. Si è anche parlato di due opzioni perseguibili: da un lato i dragaggi (ma al sol pensiero ci vengono i brividi). Dall’altro l’ipotesi avanza dal CNR, ovvero la copertura dei fondali con uno strato d’argilla (che a noi appare un palliativo, oltre che un tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto).

Silenzio tombale, è proprio il caso di dirlo, invece sui responsabili dell’inquinamento. I cui indiziati principali, del tutto incuranti dei danni da loro prodotti, in questi giorni sono alle prese con le celebrazioni per il 151/mo anniversario della Marina Militare, prevista il 10 giugno.Data scelta in memoria dell’impresa di Premuda del 1918, nella quale due MAS affondarono la corazzata austriaca Szent István durante la Prima Guerra Mondiale. 94 anni dopo potranno vantarsi di un altro “grande” risultato: aver affondato la mitilicoltura a Taranto. Questo sì che resterà per sempre impresso nella storia. Oltre al silenzio della politica, dei sindacati, della società civile, di una città intera. E di quei simpaticoni degli ambientalisti che si ricordano di intervenire soltanto dopo che il peggio è oramai accaduto. Chapeau.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 9 giugno 2012)

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