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Ilva, camino E-312 per 6 mesi senza controllo

TARANTO – Il “sensazionale” annuncio dato mercoledì sera dall’Ilva sull’avvenuta scelta della tecnologia “per il campionamento in continuo della diossina emessa dal camino E312 Ilva di Taranto” dal tavolo tecnico convocato a Roma e coordinato dal referente del gruppo istruttore della Commissione IPCC, che ha “confermato l’installazione del sistema di campionamento entro le prossime 15 settimane dando quindi avvio alla fase di sperimentazione”, ci permette di riprendere un tema su cui ponemmo una serie di quesiti lo scorso aprile, rimasti come sempre del tutto inascoltati dagli addetti ai lavori. La domanda era la seguente ed era anche molto semplice: “come mai Arpa Puglia non ha ancora effettuato la prima campagna di monitoraggio emissioni di diossine dal camino E312?”. Eravamo ad aprile, oggi siamo arrivati all’8 giugno e di quelle campagne ancora non v’è traccia.

Di questi tempi, lo scorso anno, l’ARPA aveva effettuato già due campagne  che avevano avuto esiti maggiori rispetto al limite indicato dalla legge regionale anti diossina (0,4 ng ITE/Nmc): 0,685 a febbraio e 0,704 a maggio. Per questo motivo, “preoccupati” per cotanto e prolungato silenzio sulla vicenda, negli scorsi giorni abbiamo contattato ARPA Puglia, che con nostro “grande sollievo” ci ha svelato l’arcano segreto. La storia è molto semplice: l’Ilva dallo scorso luglio è soggetta all’AIA concessa dal Ministero dell’Ambiente, autorizzazione all’interno della quale, tra le varie prescrizioni, è stata recepita anche la legge regionale anti-diossina. Ora: per legge, gli impianti siderurgici, quelli elettrici e termoelettrici, le Raffinerie, sono tutte dotate di AIA “nazionali”, il cui controllo sul rispetto di tutte le prescrizioni spetta unicamente all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Motivo per cui ARPA Puglia non può più operare autonomamente come avvenuto sino allo scorso dicembre, ma solo e soltanto su indicazione o richiesta dell’ISPRA.

Caso diverso, invece, attiene per le discariche, che essendo in possesso di AIA provinciali o regionali, sono sotto il controllo autonomo dell’ARPA. Chiaritoci questo passaggio, il resto è venuto da sé: se l’agenzia regionale non è sino ad oggi entrata in Ilva per monitorare le emissioni del camino E312, è perché dall’ISPRA non è sopraggiunta alcuna richiesta. Da Bari, però, ci hanno assicurato di come l’ARPA abbia sollecitato ISPRA, proponendo un crono programma per le campagne del 2012 che dovrebbe diventare operativo a breve. Estrema sintesi di tutto questo discorso è che, dal mese di gennaio alla prima prossima campagna, i tarantini non sapranno mai quanta diossina è stata “sparata” dal camino E312. Anche se, a ben vedere, per Regione, Provincia, Comune ed ARPA, dallo scorso 1 gennaio dovremmo tutti dormire sonni tranquilli, visto e considerato che le quattro campagne del 2011 certificarono un “eccellente” 0,389 ng ITE/Nmc di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino, che consentirono all’Ilva di rientrare entro il limite dello 0,4 imposto dalla legge regionale.

Il tutto veniva sancito da una nota ufficiale proprio dell’ARPA del 27 dicembre scorso, che così sentenziava: “I valori medi misurati nelle ultime campagne (0.1ngTEQ/Nm3) consentono di considerare risolti i problemi ambientali dovuti alle attuali emissioni della principale sorgente di diossine a Taranto”. Teoria però clamorosamente smentita dalle 500 pagine della relazione dei periti chimici che costituisce la prima parte della maxi perizia sull’Ilva disposta nell’ambito di un incidente probatorio dal GIP della Procura di Taranto, Patrizia Todisco. I periti furono chiamati a rispondere ad una serie di quesiti posti dalla Procura.

Per quanto riguardava il secondo quesito concernente “se i livelli di diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti, appartenenti alle persone offese indicate nell’ordinanza ammissiva dell’incidente probatorio del 27.10.2010, e se i livelli di diossina e Pcb accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto, siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva la risposta è affermativa” rimarcarono gli uomini del pool. Non solo. Perché poche righe dopo, veniva anche spiegato come “la diossina che ha contaminato i terreni circostanti l’area industriale e il bestiame poi abbattuto è simile a quella contenuta nelle emissioni diffuse provenienti dall’impianto di agglomerazione e non  a quella che viene fuori dal camino E-312”. Il che la dice lunga sul senso di andare a monitorare soltanto il camino E312.

Quando gli stessi periti accertarono che “poiché allo stato attuale alle emissioni derivanti da questi impianti non sono installati i sistemi di controllo in continuo né viene verificato il rispetto dei limiti dei parametri inquinanti previsti dal D.M. 5 febbraio 1998 sopra detti, tali emissioni non risultano conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale. Inoltre poiché ai suddetti camini non sono installati i sistemi di controllo in continuo alle emissioni, non c’è alcun elemento che dimostri il rispetto dei limiti”. Il che vuol dire che tutti gli impianti Ilva andrebbero campionati in continuo h24 per 365 giorni l’anno. Ma a vedere i tempi biblici che sono serviti per individuare la tecnica da sperimentare sul solo camino E312 nelle prossime 15 settimane, è matematicamente certo che un controllo in continuo totale sugli impianti non avverrà prima di 50 anni: ad essere buoni.

Già ieri, del resto, abbiamo sottolineato come in realtà di annunci sul campionamento in continuo ne siano stati fatti a bizzeffe, tutti senza alcun riscontro pratico. E fa sorridere oggi, rileggere una nota dell’Ilva datata 21 marzo 2011, nella quale il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, informava noi povere vittime delle apparenze, di come Ministero dell’Ambiente, Regione Puglia, ARPA e Ilva avessero convenuto “sull’attuazione dello studio di fattibilità predisposto da Ilva e l’avvio della prima fase di sperimentazione per un sistema di campionamento in continuo del camino E312 dell’impianto di agglomerazione. Abbiamo già messo al lavoro i nostri ingegneri e tecnici per le necessarie verifiche di fattibilità. L’intesa di oggi prevede, dunque, che si proceda a uno studio di fattibilità comprensivo della fase di sperimentazione che sia poi condiviso con le autorità preposte”.

Era il 21 marzo 2011. L’altro ieri, 6 giugno 2012, ci hanno edotti sul fatto che il tavolo tecnico convocato a Roma e coordinato dal referente del gruppo istruttore della Commissione IPCC, alla presenza di ISPRA, Arpa Puglia, Comune di Taranto, Regione Puglia e della stessa Ilva, ha “confermato l’installazione del sistema di campionamento entro le prossime 15 settimane dando quindi avvio alla fase di sperimentazione”. Con l’ing. Adolfo Buffo, rappresentante della Direzione per Qualità, Ambiente e Sicurezza dell’Ilva, che raggiante sottolineava come “quanto deciso oggi a Roma é un importante risultato che conferma non solo la nostra volontà ed il nostro impegno nel proseguire con il progetto di ambientalizzazione dello stabilimento, ma anche la nostra volontà di rendere trasparenti i risultati raggiunti”. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi dell’8 giugno 2012)

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