A conclusione della nota, non poteva ovviamente mancare il commento dell’onnipresente ing. Adolfo Buffo, rappresentante della Direzione per Qualità, Ambiente e Sicurezza dell’Ilva: “Quanto deciso oggi a Roma é un importante risultato che conferma non solo la nostra volontà ed il nostro impegno nel proseguire con il progetto di ambientalizzazione dello stabilimento, ma anche la nostra volontà di rendere trasparenti i risultati raggiunti”. Il tutto, è ovvio, per evitare di restare vittima delle tante apparenze che vogliono dipingere l’Ilva per ciò che non é. Tutto bene, dunque? Nemmeno per idea. Non fosse altro per questa brutta malattia che affligge il “TarantoOggi”: la memoria storica dei fatti e degli eventi.
Orbene. Punto primo: più di qualcosa non torna con i tempi. Infatti, il 27 e 28 aprile 2011, si svolse a Roma presso la sede dell’ISPRA, una riunione del gruppo istruttore della commissione IPPC responsabile del “Parere istruttorio” nel procedimento relativo al rilascio o diniego dell’AIA per l’Ilva S.p.A. stabilimento di Taranto (concessa poi il 5 luglio 2011). Il 29 aprile poi, il Ministero dell’Ambiente informò Arpa Puglia di come i tecnici del siderurgico avessero individuato in tre mesi lo spazio di tempo necessario per scegliere quale delle tre tecnologie esistenti al mondo avviare in fase di sperimentazione. Dunque, luglio 2011: siamo esattamente in ritardo di ben 11 mesi. Senza contare il fatto che come riporta la stessa nota dell’Ilva, ci vorranno adesso altre 15 settimane (tre mesi e mezzo) per dare via alla fase di sperimentazione. Sempre restando in tema di date, tanto per essere precisi, è bene ricordare come lo scorso 5 luglio in sede di rilascio AIA a Roma, l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro annunciò l’ottenimento della data ufficiale del via al campionamento in continuo (dimenticando la fase di sperimentazione). Data rimasta sino ad oggi del tutto sconosciuta: intendeva giugno 2012? Oppure settembre 2012? O forse ottobre 2012? Chissà.
Punto secondo: se è vero quanto affermato nella nota, vuol dire una cosa soltanto. Che il campionamento in continuo per l’Ilva, non è mai sparito del tutto, come del resto denunciammo oltre un anno fa. La legge regionale anti-diossina del 2008, il cui articolo 3 prevedeva in origine l’obbligo di tale campionamento, nel marzo del 2009 fu “aggiustato”, venendo trasformato in campionamento “manuale” da far svolgere dall’Arpa minimo tre volte l’anno. Ma quel giorno, dimenticarono di “cancellare” quello continuo, che è così rimasto in vigore, prevedendo “l’obbligo per le aziende di presentare un piano per il campionamento in continuo”, senza che nessuno si sia mai preso la briga di sottolinearlo. A voi la scelta di individuare il soggetto più “sbadato” tra l’Ilva, il Ministero dell’Ambiente, la Regione Puglia, l’ISPRA, Arpa Puglia e il Comune di Taranto. Per non parlare del fatto che, ancora oggi, il campionamento in continuo continua a dividere: basti pensare che l’anno scorso, prima il sindaco Stefàno, poi il direttore di Arpa Puglia Assennato, osteggiarono con forza la possibilità di tale campionamento, affermando come “il campionamento in continuo non è possibile. Questo lo dicono studi scientifici che dimostrano quanto controproducente possa risultare qualora utilizzato”. Controproducente? E per chi? E cosa è cambiato in questo anno? Del resto, che i fumi polverosi provengano da un impianto di agglomerazione piuttosto che da una fonderia ad arco elettrico o da una centrale a carbone o da un cementificio, al sistema di campionamento poco importa.
Punto terzo: nella nota non è specificato quale tecnologia sia stata scelta. I metodi per realizzare il campionamento in continuo sono attualmente soltanto tre. Il primo, è il metodo del filtro-condensatore e la tecnologia è prodotta dalla azienda italiana Tecora. Il secondo è il metodo della sonda raffreddata, la cui tecnologia è prodotta da un’azienda franco-tedesca, la Amesa. Il terzo è il metodo della diluizione, con tecnologia prodotta dall’austriaca DMS. Si spera conosceremo prima o poi quale dei tre sceglieremo.
Punto quarto: nel 2013 entrerà in vigore la tanto temuta normativa europea UNI EN 1948, in tema di “misura delle emissioni”, che è divisa in cinque parti: la quinta, dopo una lunga discussione al CEN (Comitato europeo di formazione), ha inserito questi tre metodi per il campionamento continuo. Eppure i nostri prodi si guardano bene dal dire come in tutto questo tempo sprecato, si poteva comunque ottenere una “validazione” (che altro non significa il confermare o meno che il metodo funziona, compiendo ad esempio alcuni prelievi manuali in parallelo a quello in continuo e confrontando i dati). E’ infine importante sottolineare come sullo stesso campione prelevato in continuo per le diossine, sarà possibile determinare anche il livello della presenza di benzo(a)pirene e PCB.
Tutto quanto sopra soltanto per la precisione e per i pignoli. Per chi non crede, come noi, all’eco-compatibilità, resta punto imprescindibile del nostro lavoro, il dovere di informare sino in fondo i cittadini.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 7 giugno 2012)
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