Inoltre, le parti hanno convenuto su un punto di rilevante importanza: ovvero quello di effettuare analisi e campionamenti una volta alla settimana, per tenere sotto stretto controllo l’evolversi della contaminazione del I Seno del Mar Piccolo. In sostanza, questo si sono detti gli interlocutori dell’incontro di ieri, che ha visto intorno al tavolo i tecnici di ASL, CNR, Centro Ittico Taranto e una delegazione di mitilicoltori. I quali, dopo l’incontro avvenuto nella sede del CNR, si sono recati a Palazzo di Città per re-incontrare il Sindaco, il quale, sotto richiesta degli stessi operatori del settore, ha preso carta e penna per scrivere all’Istituto per l’Abruzzo e il Mosile, chiedendo “di imprimere alle verifiche di laboratorio delle campionature dei mitili del 1° seno del Mar Piccolo di Taranto, una particolare accelerazione”.
A tal proposito, una domanda sorge spontanea: se è vero che le analisi sui campioni del 23 maggio arriveranno domani, venerdì 1 giugno quindi appena otto giorni dopo il prelievo, ci piacerebbe sapere perché tanta celerità non vi è stata per i mesi a partire dallo scorso agosto. Basti pensare, ad esempio, che le analisi del 13 aprile, sono arrivate appena venerdì scorso, 25 maggio: dunque oltre un mese dopo. Ed è bene ricordare che tra i tanti motivi per cui la questione della mitilicoltura è andata così a rilento, vi è proprio il ritardo con cui giungono da Teramo i risultati delle analisi: cosa che ha obbligato la ASL a non fidarsi mai completamente del responso negativo dei mesi antecedenti l’ultimo prelievo.
Ciò detto, cosa accadrebbe nel caso in cui le analisi sui campioni del 23 maggio dessero esito positivo, risultando dunque contaminati oltre la soglia fatidica dei 6,5 picogrammi? Qualora dovese verificarsi tale ipotesi, gli interlocutori dell’incontro di ieri, hanno deciso che la palla tornerebbe alla Regione Puglia. Dalla quale si attende da tempo lo sblocco dei fondi FEP, di oltre un milione di euro, a cui avrebbero dovuto accedere i mitilicoltori dotati di licenza regolare. Non solo. Perché la Regione dovrebbe anche accelerare l’iter per lo stanziamento di fondi promessi lunedì a Stefàno da Vendola, utili per aiutare i mitilicoltori a spostare gli impianti e gli allevamenti in Mar Grande. Proprio in queste ore dovrebbero essere al lavoro alcuni tecnici per valutare i termini della fattibilità di una tale operazione e nel caso quali capitoli di spesa riservare a tale iniziativa.
Perché da qui non si sfugge: o le analisi danno esito negativo e si procede con la vendita del prodotto, o lo stesso dovrà essere trasferito entro e non oltre il 30 giugno 2012, nelle aree già classificate del II seno e di Mar Grande (presso la “Secca della Tarantola”, sito però giudicato altamente inquinato dall’ISPRA in un documento ufficiale dell’agosto del 2010) per il successivo finissaggio; inoltre, il prodotto potrà essere commercializzato previa verifica dei parametri di sicurezza alimentare previsti per i molluschi bivalvi vivi espletati dalla ASL (perché dal 1 luglio il prodotto dovrà essere movimentato e venduto anche in altre zone d’Italia, altrimenti anche la produzione 2012 finirà direttamente nel forno dell’inceneritore dell’AMIU, con una perdita di almeno 2 milioni di euro da parte delle cooperative).
Ma i mitilicoltori anche ieri hanno ribadito come non abbiano alcuna intenzione di spostare il prodotto in altre aree: vuoi per una questione di ulteriori costi che un’azione del genere comporterebbe, vuoi perché in contemporanea dovrebbero spostare i loro impianti nello specchio d’acqua di Mar Grande, in un’area di 369.000 metri quadrati, prospiciente il lungomare, individuate dal Comune e dal Centro Ittico, dove sostenere la coltivazione del seme per la produzione del 2013. Il tavolo tecnico del 25 maggio, ha infatti rinnovato la decisione di trasferimento del seme presente nel I Seno nelle aree individuate dal Comune di Taranto in Mar Grande “nelle more della necessaria classificazione”, che ricordiamo durerà la bellezza di sei mesi, il tempo necessario per capire se Mar Grande è idoneo o meno ad ospitare gli allevamenti: il bello è che nessuno ha sin qui dichiarato cosa accadrà qualora la classificazione non andasse a buon fine. Ma i mitilicoltori non vogliono spostare i loro impianti dal I seno del Mar Piccolo anche per un altro motivo: perché non si fidano delle non meglio precisate “attività di risanamento ambientale dell’area del I seno del Mar Piccolo” di cui si legge nel verbale del su citato tavolo. Insomma, tutto dipende da Teramo. Nella speranza che, almeno per una volta, le cose vadano per il verso giusto.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 31 maggio 2012)
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