Mitili, addio Mar Piccolo – Ieri la riunione del tavolo tecnico regionale

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TARANTO – Mentre nella mattinata di ieri alcune decine di mitilicoltori erano in presidio all’esterno della Prefettura di Taranto, negli stessi momenti a Bari, presso l’Assessorato alle politiche della Salute, si riuniva il Tavolo tecnico istituito per la valutazione e gestione del rischio per la presenza di PCB e Diossine negli allevamenti e negli alimenti nella provincia di Taranto. Attorno al tavolo, i rappresentanti della Regione Puglia, della ASL/TA, di ARPA Puglia, della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli studi di Bari, del CNR – Istituto Talassografico di Taranto e del  Comune ionico: al centro, l’annosa questione sull’ordinanza n.1989 dell’Asl di Taranto dello scorso 22.07.2011, con la quale si ordinava il blocco del prelievo e della movimentazione di tutti i molluschi bivalvi vivi del primo seno di Mar Piccolo.

A distanza di quasi un anno però, quasi nulla è cambiato. Se non fosse che le analisi sui campioni prelevati dallo scorso agosto sino alle ultime risalenti al mese di marzo, tranne per quelle di novembre ed in attesa che dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo arrivino quelle di aprile, hanno sempre dato esito negativo in merito al superamento del limite di contaminazione da diossina e Pcb (dal 1 gennaio 2012 il nuovo limite stabilito dalla UE è sceso dagli 8 ai 6,5 picogrammi in base alla variazione del Regolamento (CE) N. 1881/2006). E così, a fronte dei risultati negativi degli esami, i mitilicoltori hanno pressato la Asl locale e le istituzioni affinché fosse revocata l’ordinanza, ritenuta oramai inutile. Giudicando allo stesso modo anche la decisione di spostare gli allevamenti da Mar Piccolo a Mar Grande nelle specchio delle acque prospicienti il lungomare, individuate dopo un lungo iter istituzionale.

Dopo oltre tre ore di riunione, il tavolo tecnico ha preso una serie di decisioni non proprio chiarissime, che difficilmente risolveranno l’annoso problema. Innanzitutto, si è deciso di proseguire sulle indicazioni fornite nel tavolo tecnico del 17-11-2011: ovvero permanenza dell’Ordinanza n. 1989/2011 emessa dal Servizio Veterinario della ASL TA, ma con la possibilità di movimentazione del prodotto del I seno, entro il 30 giugno 2012 sotto vincolo sanitario e previa deroga della succitata ordinanza, nelle aree già classificate del II seno e di Mar grande per il successivo finissaggio; inoltre, tale prodotto potrà essere commercializzato previa verifica dei parametri di sicurezza alimentare previsti per i molluschi bivalvi vivi espletati dalla ASL.

Dunque, si è deciso di spostare la produzione 2012 in altre aree (oramai il mollusco ha superato i 5 cm di crescita, oltre i quali non viene più considerato seme), che sono quelle classificate nelle procedure previste dall’intesa Stato-Regioni del 08/07/2010. L’area di Mar Grande che invece sarà utilizzata per il suddetto trasferimento, verrà temporaneamente classificata di tipo B (visto che normalmente ha una classificazione di tipo A), ed è stata individuata nella zona della “Secca della Tarantola”, acque giudicate idonee alla mitilicoltura e dove diverse cooperative hanno concessione di operare. Un momento, però. Perché alla nostra mente torna un documento redatto dall’ISPRA nell’agosto del 2010, dall’eloquente titolo “Elaborazione e valutazione dei risultati della caratterizzazione ai fini della individuazione degli opportuni interventi di messa in sicurezza e bonifica del Sito di Interesse Nazionale di Taranto: Mar Grande II Lotto e Mar Piccolo”. Relazione che mirava all’individuazione degli opportuni interventi di messa in sicurezza e bonifica del SIN di Taranto, trasmesso alle istituzioni nel gennaio 2011, dunque molti mesi prima che scoppiasse il “caso dell’estate”, tempo trascorso senza che nessuno muovesse un dito. Un documento di 190 pagine di cui rendemmo conto nello scorso autunno, nel quale risultava evidente una volta di più il gravissimo stato del primo seno di Mar Piccolo e quello del secondo lotto di Mar Grande (il primo lotto è quello prospiciente l’area portuale industriale). Riprendiamo ora un passaggio di quella relazione, che forse le nostre istituzioni hanno dimenticato: “Dall’osservazione dei risultati analitici relativi all’area indagata, si evidenzia una contaminazione che interessa l’area adibita a mitilicoltura, l’area compresa tra la Secca della Tarantola ed il Ponte Girevole e l’area sottocosta antistante la città di Taranto. Tale contaminazione coinvolge i sedimenti almeno sino al primo metro di profondità, con qualche limitata presenza di superamenti dei valori di intervento anche nei livelli più profondi. Prevalentemente essa è dovuta a metalli ed elementi in tracce, in particolare Mercurio (Hg) e Zinco (Zn), e, in misura minore, Rame (Cu), Piombo (Pb) ed Arsenico (As)”. Dunque, la zona ideale dove portare la produzione 2012.

Dopo aver preso questa brillante decisione, il tavolo ha stabilito la possibilità di trasferimento del seme presente nel I Seno nelle aree individuate dal Comune di Taranto in Mar Grande “nelle more della necessaria classificazione”. Dunque, i mitilicoltori saranno costretti a spostarsi una seconda volta nel giro di pochi mesi, per allevare il seme che porterà alla produzione del 2013. Anche perché, la decisione forse più importante, ma anche la più drammatica presa nel corso del tavolo tecnico di ieri, è la rimozione totale degli allevamenti del I seno al fine di consentire le attività di risanamento ambientale dell’area (leggasi mega bonifica del Mar Piccolo: lunedì il sindaco Stefàno tornerà a chiedere al governo Monti di stanziare i soldi necessari come risarcimento per i danni prodotti dall’Arsenale della Marina Militare in decenni di inquinamento selvaggio).

Dunque, una città è prossima al veder naufragare per chissà quanti anni, una delle peculiarità per cui è famosa in tutta il mondo. Una risorsa naturale coltivata con passione e amore per secoli, distrutta da un inquinamento di Stato (ma non solo, visto che in molti dimenticano troppo facilmente le responsabilità dei privati della grande industria) che non dovrà restare impunito. Ma a vedere il generale silenzio che avvolge il destino dei mitilicoltori tarantini, un settore vitale per oltre tremila persone, c’è poco di cui stare allegri. Un silenzio che riguarda la gran parte delle istituzioni, la totalità dei sindacati, degli ambientalisti locali, della così detta “società civile” e della Taranto “bene”: un’omertà vigliacca, intollerabile e insostenibile per chi ama davvero questa città. Un silenzio che non ha nulla da invidiare a quello di uno stile tipicamente mafioso, da tutti osteggiato. Ma soltanto a parole.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 26 maggio 2012)

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