Come conferma lo stesso Nicastro: “Con la convocazione di oggi si è conclusa la fase di ascolto e concertazione con le tre principali aziende che hanno insediamenti produttivi che insistono sulla città di Taranto, adesso i tecnici della Regione predisporranno un piano di risanamento in merito a benzoapirene e PM10 per una sensibile riduzione delle immissioni in atmosfera”.
Il nuovo “allarme” è scattato dopo che, sia nel 2010 che nel 2011, è stato superato il tetto massimo di 1 nanogrammo per m/c: di chi la “colpa” per questi continui sforamenti si sono chiesti in questi incontri i “tecnici” accorsi agli ultimi tavoli? Le illuminanti ipotesi sono andate dalle cause civili legate al traffico, fino a giungere a quelle legate agli insediamenti industriali: per questo motivo i nostri prodi hanno pensato che sia assolutamente necessario un nuovo (l’ennesimo) crono-programma che individui un percorso per la “mitigazione” delle emissioni inquinanti.
Eppure, ancora una volta, non tutto pare essere andato per il verso giusto. “Ci sono sul tavolo alcune proposte concrete ed interessanti da parte delle aziende, anche se, per amore di verità, non da tutte abbiamo ricevuto attenzione e collaborazione come ci saremmo aspettati”. E chi mai sarà quest’azienda che non ha prestato la giusta attenzione e collaborazione per affrontare seriamente il problema, e che già ai precedenti tavoli aveva partecipato solo perché “costretta”? Quale sarà il nome dell’azienda che all’ultimo incontro di ieri ha pensato bene di non presentarsi nemmeno? Bravi, avete indovinato.
E’ proprio quella. Ma davvero alla Regione credevano che l’Ilva avesse tempo e voglia di presentare una sua proposta per mitigare le emissioni di benzo(a)pirene, che la “Relazione Tecnica Preliminare Arpa Puglia” del 4 giugno 2010 la inchiodava responsabile del 99,74% degli Idrocarburi Policlici Aromatici (IPA, di cui il benzo(a)pirene è il più cancerogeno e nocivo per la popolazione) emessi nell’aria del rione Tamburi, di cui il 98,5% dalla cokeria? D’altronde, l’Ilva ha un asso di non poco conto nella manica. Quello che gli ha procurato il Ministero dell’Ambiente con il decreto legislativo n.155 del 13 agosto del 2010, che allungò il limite di tempo entro il quale rispettare la legge (1 nanogrammo per m/c) al 1 gennaio del 2013. In ultimo, ma non per importanza, l’Ilva è attualmente impegnata nel preparare le giornata del 26 e 27 maggio, quando aprirà alla città le porte del siderurgico, durante le quali i visitatori potranno ammirare “gli sterminati paesaggi lunari dei parchi minerari”, “la maestosità degli altiforni” o “l’incedere continuo di lingue incandescenti sui treni nastri”.
Dunque, non c’è tempo per studiare proposte né per presentarsi a tavoli istituzionali: c’è ben altro da fare in questo momento. Del resto, se il presidente del Gruppo Riva, Nicola Riva, ha definito semplicemente “ridicolo” il riesame del procedimento dell’AIA, cosa volete che pensi sulla richiesta della Regione Puglia in merito al benzo(a)pirene? O della riduzione del PM10 per cui al di là del barrieramento dei parchi minerali l’Ilva non ha alcuna intenzione di andare, pur sapendo che tale opera non impedirà la diffusione nell’aria delle polveri più leggere (proprio il PM10 e il PM2,5)? Che poi, è bene che in Regione non tirino nemmeno troppo la corda: il rischio di ritrovarsi sul tavolo qualche bel ricorso al Tar di Lecce, è sempre dietro l’angolo quando di mezzo c’è l’Ilva.
Ciò detto, è bene sottolineare come anche la Cementir non sia stata del tutto collaborativa. Discorso inverso, invece, va fatto per l’Eni: che ha partecipato in maniera attiva a tutti gli incontri, l’unica a presentare diverse proposte in merito, anche andando al di là delle prescrizioni previste all’intero dell’AIA. D’altronde, quando sai di non essere tra i principali responsabili delle emissioni da benzo(a)pirene e PM10, il gioco è molto più semplice. Così come è giusto sottolineare la presenza del Comune di Taranto, che ha messo sul tavolo diverse proposte in merito alla produzione di PM10 da parte del traffico veicolare (meglio di niente é).
“A questo punto abbiamo tutti gli elementi necessari per elaborare un piano di risanamento che, nel breve periodo, permetta la riduzione di almeno il 10% dei carichi emissivi nell’area. Entro la fine di maggio – ha concluso Nicastro – proporrò alla giunta un piano di risanamento che interverrà sulle principali fonti di produzioni degli inquinanti, dal traffico veicolare agli insediamenti produttivi, per rendere conclusivo il lavoro svolto attraverso questo tavolo di confronto”. Dunque, dopo la convenzione firmata dalla Regione Puglia con Arpa, Eni e Cementir il 10 settembre 2010, dopo l’approvazione della delibera di giunta con cui la Regione stanziò 318 mila euro e la legge regionale n. 3/2011, scritta dallo stesso Nicastro in collaborazione con i dirigenti del servizio ecologia e dell’ufficio inquinamento Antonello Antonicelli e Caterina Dibitonto, pensata “con riferimento alla situazione tarantina poiché nella città jonica le centraline dell’Arpa hanno da tempo evidenziato livelli non accettabili di benzo(a)pirene”, a breve avremo un nuovo piano. Un modo come un altro per ignorare il cuore del problema e continuare ad avvelenare l’aria di Taranto.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 15 maggio 2012)
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